Alla prossima assemblea, probabilmente lunedì 19, il segretario del Pd si presenterà con la proposta di avviare il percorso congressuale e di farlo coincidere con quello nazionale. Così si è espresso ieri sera il coordinamento. Non è scontato che così si pronuncerà anche l’assemblea. Intanto, si discute della proposta di Alberto Pacher: andare oltre il simbolo del Pd (Corriere del Trentino di domenica, ndr).
"Corriere del Trentino", 13 novembre 2018
Il segretario, Giuliano Muzio, è cauto, ma su diversi punti concorda con l’ex sindaco di Trento. «Pacher ha evidenziato la necessità di una svolta in tempi rapidi. È quello che sostengo anch’io, credo che noi non si possa rispondere alla fine del centrosinistra autonomista e alla conseguente sconfitta elettorale prendendo tempo, traccheggiando. Abbiamo bisogno di un segnale di discontinuità, di nuove proposte e di un nuovo schema di gioco. Poi — continua Muzio — dobbiamo certo anche decidere se orientarci verso un soggetto esclusivamente territoriale, o espressione del territorio ma anche inserito in un contesto politico nazionale ed europeo. Io sono per questa seconda opzione, mi vengono in mente i Verdi degli esordi, ma so che anche a livello nazionale nel Pd si sta ragionando di trasformare il partito in un soggetto federale». Solo alla fine di questo ragionamento, per Muzio si dovrà decidere se mantenere il simbolo del Pd o meno. «Dipende se nascerà un nuovo Pd, o un’altra cosa. Il simbolo non mi pare l’elemento più importante».
Una condivisione totale è, invece, quella che arriva dall’ex capogruppo, Alessio Manica. «La penso esattamente come Pacher. Dobbiamo dirci la verità: il Pd è nato per riuscire ad unire mondi diversi, ma non funziona. A questo aggiungiamo che il simbolo nazionale appare decisamente ammalorato. Più che rappresentare un elemento di fiducia, rappresenta ormai qualcosa di cui diffidare». Insomma per Manica è meglio voltare completamente pagina. «Credo che il Pd debba far tornare persone che si sono allontanate e non solo quelle, penso agli elettori di soggetti politici ormai ridotti al lumicino (Upt, ndr). Perché questo possa verificarsi — continua il consigliere — non possiamo partire da un’invarianza. Non possiamo dire “noi siamo il Pd, chi vuole ci segua” perché non ci seguirà nessuno». Manica, che da sempre sostiene la necessità di un soggetto politico autonomo da Roma, insiste anche sulla necessità di celebrare un congresso diverso da quello nazionale. «Se l’obiettivo è far nascere un soggetto nuovo, come possiamo farlo inserendoci nel dibattito nazionale? Non avrebbe senso». Di segno opposto l’opinione di Muzio. «Il nostro congresso si può celebrare nelle stesse date del nazionale senza che il dibattito ne venga appiattito. Il problema è anche molto pratico: con un congresso separato si va a settembre e, a parte la mia indisponibilità a restare fino a settembre, che non è un problema, verrebbe meno il senso dell’urgenza che ritengo imprescindibile».
Intanto, tra i dem si discute anche dell’opportunità che potrebbe offrirsi se, come sembra ancora possibile, alle europee si rivoterà non solo per il collegio di Maurizio Fugatti in Valsugana, ma anche per quello di Giulia Zanotelli a Trento. «Mi rendo conto che le nostre divisioni sono ancora fresche — osserva Manica — ma credo che dovremmo fare tutto il possibile per presentarci uniti. A marzo, Panizza perse per poco». Al momento, le ipotesi che circolano a tempo perso sono le solite: Ugo Rossi? Alessandro Olivi?