L'acqua bene comune e le prerogative dell'Autonomia

La Giunta provinciale interviene sulla privatizzazione dell'acqua. Ma si può fare di più!
Michele Nardelli, 28 agosto 2010

C'è stato un momento in cui la logica del mercato e del suo potere di autoregolazione hanno annebbiato la vista di molti. Un sorta di furore ideologico dove si è fatto a gara nel mettere in discussione il carattere "pubblico" di ogni forma di servizio e, fra questi, anche di un bene primario come l'acqua.


Privatizzare l'acqua? Inimmaginabile, tanto che le carte del diritto internazionale si sono rivelate su questo piano inappropriate. Eppure l'acqua è da sempre fonte di ricchezza, e per ciò stesso di conflitto e anche di guerra. Logico che prima o poi qualcuno potesse farne motivo di business.

Così, sull'onda di piena del liberismo, si è arrivati al decreto 135 poi convertito in legge dal Parlamento Italiano il 20 novembre scorso, che impone la privatizzazione della gestione dell'acqua.

In quelle stesse ore,  ho presentato un ordine del giorno (n.89/2009) in Consiglio Provinciale - poi approvato in sede di dibattito sulla Finanziaria 2010 - che dichiarava l'acqua come bene comune, non assoggettabile ai meccanismi di mercato, e la sua gestione come servizio pubblico essenziale e di interesse generale.

Il ministro Tremonti ha tuonato ai quattro venti che no, non c'è alcuna intenzione di privatizzare l'acqua, ma solo la sua distribuzione. Ma che cos'è l'acqua se non l'uso che ne facciamo? L'acqua è di tutti, si afferma, ma se poi la sua distribuzione viene piegata alla logica del profitto, questo bene essenziale per la vita delle persone diventa di proprietà di qualcuno, come il gas, l'energia, o altri servizi che dobbiamo pagare secondo logiche di mercato.

Alla presa di posizione del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento sono seguiti due fatti di grande rilievo.

In primo luogo una straordinaria mobilitazione della società civile italiana concretizzatasi nella raccolta di un milione e mezzo di firme per sottoporre a referendum abrogativo gli articoli della legge nazionale che impongono agli enti locali la privatizzazione del servizio idrico. Erano anni che non si vedevano tante persone in fila ai banchetti di raccolta, a testimonianza che l'acqua tocca corde vitali di ogni comunità e persona.

In secondo luogo l'avvio di un confronto in Trentino sull'uso virtuoso delle prerogative della nostra autonomia, per rivendicare in questa terra una scelta diversa, in grado di salvaguardare la natura pubblica del servizio idrico e di coordinarne la gestione su scala provinciale.

Se quella referendaria costituisce la via maestra per fermare il disegno di privatizzazione sul piano nazionale, credo sia bene che il Trentino utilizzi la propria autonomia per indicare una soluzione che mantenga in capo alle comunità locali la gestione dell'acqua.

In questa direzione va la proposta della Giunta provinciale che garantisce ai Comuni (o a Consorzi degli stessi) la possibilità di gestire in house il servizio quale modalità in grado di offrire maggiori garanzie tanto sul piano dell'efficienza, quanto su quello dell'economicità.

E' però mia convinzione che l'attivazione degli articoli 8 e 9 dello Statuto di autonomia possa spingersi oltre la semplice facoltà data ai Comuni nella proposta di legge della Giunta. In primo luogo per indicare un disegno complessivo nella gestione pubblica delle acque da parte della comunità provinciale.

Nel testo della Giunta non si parla della parte di gestione del servizio idrico provinciale oggi in capo a "Dolomiti Energia" e che coinvolge alcuni dei maggiori Comuni del Trentino, Trento e Rovereto in primis. Ritengo essenziale che in un provvedimento di legge che si pone la tutela della gestione pubblica dell'acqua in Trentino anche il segmento del servizio oggi appannaggio di Dolomiti Energia rientri in una nuova programmazione di tipo consortile provinciale che, ferma restando la titolarità dei Comuni, sappia fare sistema, valorizzi l'esperienza e le professionalità maturate (molte delle quali sono confluite in DE), senza dimenticare che la maggior parte degli investimenti  sulla rete sono coperti attraverso finanziamenti provinciali.

In questa direzione, nell'iter consiliare della proposta di legge, avremo modo di sviluppare il confronto e di migliorare il testo presentato.

Come in altri passaggi delicati dell'autonomia trentina quando si è trattato di rivendicare il pieno autogoverno delle nostre risorse (penso alla questione energetica, ad esempio), il Trentino è  chiamato anche sul tema dell'acqua a dare prova di sé, della sua identità materiale, del suo senso di responsabilità (abbiamo in prestito risorse che dobbiamo riconsegnare a chi verrà dopo di noi) e della sua diversità.