
Nelle slide di presentazione della manovra di bilancio, così come nella relazione in Aula, il presidente Fugatti ha descritto un Trentino sfavillante, dove la questione salariale e quelle della perdita di potere di acquisto delle famiglie nonché delle liste di attesa, della rinuncia alle cure e delle difficoltà di garantire una sanità pubblica sono state completamente eclissate e accantonate.
Paolo Zanella e Francesca Parolari, 22 dicembre 2025
Ecco che quanto, invece, noi abbiamo sempre denunciato trova conferma nei dati dell'Osservatorio epidemiologico della stessa APSS. Non solo, quindi, sono comprovati i dati Gimbe, che in Trentino attestano come dal 2023 al 2024 la rinuncia alle cure sia salita dal 5,4% al 7,4% nella popolazione generale (fino a un 9% tra le donne). Ora anche i dati locali attestano un aumento drammatico dall'8% al 14% di rinuncia alle cure tra gli over 65, persone con maggiori bisogni sanitari. In oltre la metà dei casi sono le liste di attesa troppo lunghe a determinare la rinuncia unitamente a evidenti difficoltà economiche.
Di tutto questo la Giunta non parla. Nega pure la privatizzazione della sanità, quando ormai solo poco più della metà degli utenti riesce ad accedere alle prestazioni esclusivamente attraverso il sistema pubblico, con evidenti problemi di iniquità per chi non può permettersi di pagare.
Serve riprendere in mano il governo della sanità, lavorando non solo sull'appropriatezza della domanda (cosa certamente necessaria), ma soprattutto sull'offerta, evitando che sempre più personale - e di conseguenza prestazioni - vadano nel privato. Se oltre a proporre ad ogni occasione la prevenzione come panacea di tutti i mali (anche questa necessaria sul lungo periodo per la sostenibilità del sistema, non vi è dubbio), l'assessore Tonina pensasse anche alla popolazione che è invecchiata e che invecchierà sempre di più e che i problemi di salute ormai già li affronta, forse lavorerebbe seriamente a un reale potenziamento e riorganizzazione dei servizi territoriali, non limitandosi a ristrutturare edifici e a mettere nuove targhette "Casa di comunità" a servizi già esistenti che hanno solo cambiato collocazione. Senza investimenti di risorse ma anche, soprattutto, di pensiero saranno sempre più le persone che rinunceranno a curarsi con danni enormi per la salute e con l'esplosione dei costi sociali.