Bruno Dorigatti, 29 giugno 2010
Le cifre che appaiono in questi giorni sugli organi di stampa, riferite ai contributi provinciali per bande, cori e gruppi folkloristici, temo provochino un moto di irritazione tra i cittadini trentini.
Ed in effetti è strano rendersi conto che, in una fase di contenimento delle risorse, vi sia ancora la possibilità di mantenere inalterate delle voci di spesa non certamente prioritarie. Forse non è il caso di invocare l’austerità, ma credo non ci si possa esimere dal pretendere maggiore sobrietà nella spesa pubblica. Sono dell’idea che non sia corretto pensare alla cultura come una spesa accessoria, la prima da tagliare in momenti di crisi. Ma sono altrettanto convinto che un conto sia investire risorse per attività ed eventi culturali, altra cosa sia spendere per il rinnovo delle divise o l’acquisto di maglioncini. Senza volontà castiganti, senza creare sciocche gerarchie tra cultura alta e cultura popolare, è necessario chiedere a tutti i soggetti che agiscono in questo ambito –ed in generale a tutti le realtà che lavorano nel volontariato sociale- uno sforzo di sobrietà, moderando la richiesta di contributi ai soli investimenti strettamente necessari per il proseguimento delle attività.
Sono convinto che i trentini sapranno dimostrare questo senso di responsabilità, a patto che dalla Provincia arrivino segnali chiari e non contraddittori: la politica deve dimostrare autorevolezza, prima di chiedere sacrifici, per dare un esempio di serietà ai tanti lavoratori e pensionati che, in questa fase di crisi economica, faticano ad arrivare alla fine del mese e vivono una situazione di precarietà e incertezza.
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