
Riforma dell’Icef: lo stato dell’arte, ad oggi, è piuttosto preoccupante. Le famiglie sono spaventate perché non capiscono come mai, pur non essendo cambiata la loro condizione economico-patrimoniale, vedono mutare sensibilmente al rialzo gli indicatori delle politiche a cui accedono.
Francesca Parolari - Paolo Zanella, 22 ottobre 2025
La Giunta, pur sapendo di aver messo mano in modo pesante ad uno strumento fondamentale del welfare familiare, non si è affatto preoccupata di evitare, attraverso un'adeguata informazione, il diffondersi del panico.
I Comuni, che sono i primi interlocutori di queste famiglie soprattutto per i servizi di nido, non hanno elementi a sufficienza per rispondere alle tante domande sollevate dai loro cittadini. Il peso stesso della riforma, relativamente all’indicatore Famiglia, grava sostanzialmente tutto su di loro perché saranno proprio i Comuni, adesso, che dovranno rivedere le soglie minime e massime delle rette del nido e dovranno anche intervenire sui criteri di accesso che determinano il diritto di fruire del servizio di nido. E lo dovranno fare in tempi strettissimi visto che, in particolare, le delibere sulle tariffe devono essere approvate prima dell’adozione dei bilanci di previsione. Con il rischio di disparità di trattamento ingiustificate!
Una riforma di cui in sostanza bisogna fidarsi, come ben è stato detto oggi, con non poca amarezza, al Consiglio delle Autonomie.
Peccato che l’atto di fiducia debba essere dato, dai Comuni, ad occhi chiusi perché non ci sarà il tempo materiale per effettuare simulazioni serie, fondate su dati aggiornati, testate su platee adeguate.
“Monitoreremo - afferma l’Assessore- e introdurremo le modifiche che si renderanno necessarie.”
Si, ma intanto i cittadini pagheranno e gli amministratori locali dovranno fare da parafulmine.
Ci si ripensi, ci si fermi e si usi il prossimo anno per testare questa riforma, prorogando di un anno il sistema attuale e procedendo in parallelo con la sperimentazione.