Educazione alla sessualità, gravissimo eliminarla

Prevenire i femminicidi attraverso l'educazione, un dovere pubblico. Ero in commissione istruzione alla Camera qualche giorno fa, mentre si discuteva la proposta di legge del ministro all'istruzione Valditara, che introduce il consenso informato e preventivo dei genitori a qualsiasi attività di educazione sessuo-affettiva nelle scuole secondarie d'Italia, quando la maggioranza all'improvviso ha approvato un emendamento-sorpresa della deputata Latini della Lega, che non solo alla scuola primaria, ma anche alla secondaria di primo grado vieta «le attività didattiche e progettuali, nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto temi attinenti all'ambito della sessualità».
Sara Ferrari, "Il T Quotidiano", 21 ottobre 2025

È un fatto gravissimo.

Da decenni meritoriamente molte scuole italiane, certamente quelle trentine, offrono importantissimi progetti di educazione alla sessualità ai e alle giovani entro i 14 anni, rispetto alle malattie sessualmente trasmissibili, alla prevenzione delle gravidanze precoci, al contrasto alla violenza sessuale. Se oggi si introduce il divieto di queste informazioni, spesso gestite dalle aziende sanitarie, senza neppure sostituirle con altra offerta formativa, si compie un atto gravissimo nei confronti delle giovani generazioni e del loro diritto ad ottenere informazioni corrette dai professionisti delle istituzioni pubbliche, anziché dai social e dalla realtà digitale che frequentano assiduamente. È indispensabile che il governo Meloni faccia ritirare ai suoi questa follia, che rischia di produrre un danno nei confronti di giovani cittadini e cittadine, considerato che l'Italia è uno dei soli sette Paesi europei nei quali l'educazione sessuale non è obbligatoria.

Ora la destra oscurantista va in direzione addirittura contraria e mentre liberalizza anche le pubblicità sessiste, cancella i percorsi che le scuole fanno da anni, su base volontaria con il contributo del servizio socio sanitario. Nel mio ruolo di capogruppo del Pd in commissione femminicidio e violenza del Parlamento posso testimoniare che, da tre anni a questa parte, ci sentiamo dire unanimemente da professionisti e associazioni che incontriamo, che l'educazione alla parità e alla affettiva è la chiave della prevenzione. Per chi come me si batte da anni per costruire strumenti di contrasto a questa terribile piaga sociale, che conta già 70 vittime quest'anno, risulta non più tollerabile la propaganda di chi governa oggi, che sembra condividere l'obiettivo ma poi si muove solo in chiave securitaria, introducendo nuove pene, che non fanno deterrenza e boccia costantemente ogni nostra proposta di formazione ed educazione: già nell'aggiornamento del codice rosso nel 2023 Roccella bocciò le mie proposte educative.

Lavorare sulla prevenzione è indispensabile, per una nuova cultura del rispetto della differenza e non della sopraffazione, scardinando pregiudizi, stereotipi e discriminazione di genere. Quindi in direzione opposta a quella della parte politica seguace delle associazioni Pro Vita. E cioè rendendo strutturale e non certo vietando quel che viene fatto oggi su base volontaria dagli istituti scolastici.

Non possiamo lasciare soli i giovani ad informarsi attraverso il web e i social, va assunta una responsabilità pubblica, colmando anche la distanza con gli altri Paesi europei. Non lasceremo niente di intentato affinché la maggioranza torni indietro su questo passaggio folle della legge Valditara quando il provvedimento arriverà in aula. Intanto mi conforta che in Trentino sia appena partita una raccolta firme per una legge di iniziativa popolare, che reintroduca i percorsi all'affettività e alla parità che Fugatti&Co hanno cancellato appena arrivati al governo della Provincia.