Gli stipendi perdono potere d’acquisto. Il manifatturiero è in crisi. L'accesso alla casa è un miraggio per molti. La sanità pubblica viene privatizzata sempre di più. Però l’urgenza per la maggioranza di destra è il #salvaFugatti. D'altronde perché non dare al Presidente una chance di governare altri cinque anni, visti i mirabolanti risultati ottenuti sinora su questi temi?!
Paolo Zanella, "Il T Quotidiano", 28 febbraio 2025
Amara ironia a parte, qui la questione è particolarmente seria perché attiene alla democrazia, tanto nel metodo, quanto nel merito. È gravissimo che si vogliano cambiare le regole democratiche attraverso forzature senza precedenti solo per accontentare il capo. Discutere di legge elettorale è assolutamente lecito, ma all’interno di un iter ordinario e con un confronto ampio, soprattutto tenendo conto dell'interesse generale e non dei destini dei singoli.
Partendo quindi dal metodo - che diventa merito quando si tratta di regole democratiche - la richiesta d’urgenza nella trattazione del ddl sul terzo mandato si è basata su argomentazioni assolutamente strumentali, inerenti i tempi necessari per un possibile referendum e per un’eventuale sentenza della Consulta. Chissà perché in passato nessuno ci ha mai pensato, visto che tutte le modifiche alla legge elettorale provinciale, compresa la sua prima stesura, sono arrivate in Aula a meno di un anno dalle elezioni. Evidentemente si vuole essere certi che questa modifica produca i suoi effetti già dalla prossima tornata elettorale, a riprova del fatto che la questione non è di principio, ma è una legge ad personam, il #salvaFugatti appunto. Il reale motivo per il quale è stata chiesta l'urgenza è un altro: si spera che il Presidente del Consiglio provinciale interpreti - o meglio violi - il regolamento d'Aula, impedendo alle minoranze di chiedere i tempi non contingentati, facendo leva sul fatto che alcune volte in passato si è proceduto così. Ma in quei casi la priorità era reale, mentre qui non c’è proprio nessuna urgenza e comunque una precedente violazione del regolamento non può certo costituire una prassi. Il rischio è che le forzature arrivino già in Commissione con l’ammissione di emendamenti fuori tema su preferenze, doppio turno e periodo di reggenza del vicepresidente, magari da barattare con un voto favorevole al terzo mandato. Si tenta di aggirare le regole democratiche del Parlamento dell'Autonomia, così da incidere indisturbati sulle regole più generali della democrazia rappresentativa e sui contrappesi necessari a equilibrare i poteri. Ci si augura che i Presidenti del Consiglio e della Prima Commissione non si prestino a quelle che sono più che forzature.
Venendo al merito, il Partito Democratico è contrario al terzo mandato per i presidenti di Regioni e Province autonome, non solo perché crede nel necessario ricambio della classe dirigente, ma anche come limite per controbilanciare l’elezione diretta dei vertici dell’esecutivo, nelle cui mani si concentrano ampi poteri. Si tratta di garantire eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive (articolo 51 della Costituzione, che declina per l’elettorato passivo il principio di uguaglianza dell’articolo 3), limitando la posizione di vantaggio di chi ha gestito il potere per un decennio, con mandato diretto e premio di maggioranza. Se poi questo limite vada garantito in modo uniforme in tutto il Paese (come sentenziato dalla Consulta per la Regione autonoma della Sardegna sulle elezioni degli enti locali), quindi se il limite dei due mandati stabilito dalla norma nazionale valga anche per la nostra Provincia (l’articolo 47 dello Statuto d’Autonomia prevede che la legge elettorale provinciale sia armonizzata con l’ordinamento giuridico della Repubblica), sarà questione di cui si occuperà eventualmente la Corte Costituzionale. La nostra contrarietà ai tre mandati, infatti, non deriva certo da una posizione centralista come quella di Fratelli d’Italia, posizione che fa emergere qui come a Roma la distanza siderale con la Lega. Per noi, anche fosse chiarito che la competenza sul limite dei mandati è in capo alla nostra Autonomia, sarebbe comunque opportuno lasciare il limite a due - paradossalmente anche nel caso in cui lo Stato lo portasse a tre - perché il potere che si concentra nelle mani del Presidente della Provincia Autonoma è di gran lunga superiore a quello di un Presidente di Regione ordinaria. Ecco perché, partendo dalla volontà di tutelare i principi democratici e quindi l’interesse collettivo, respingiamo con forza il #salvaFugatti e le forzature che si vorrebbero compiere per arrivare alla sua approvazione.