L'autonomia senza cura

Qual’è la priorità in Trentino? A vedere l’agenda politica di Fugatti si direbbe il suo terzo mandato. Ma portare a termine bene il secondo non sarebbe meglio? Non mi pare che manchino le necessità e le possibilità di dimostrare che il buon governo dell’Autonomia è la prima preoccupazione di chi governa il Trentino. 
R. Pinter, "Il T Quotidiano", 14 febbraio 2025

Eppure, come si registra nel comportamento delle nazioni che governano il pianeta rispetto al cambiamento climatico, la conservazione del potere è la prima e spesso l’unica preoccupazione.

Non voglio però indicare solo le responsabilità di Fugatti e dei suoi alleati e nemmeno limitarmi al mondo politico. Chiamoin causa anche la classe dirigente del Trentino che sembra allineata a Fugatti nella mancanza di urgenza, priorità, premura, rispetto al futuro di questa terra.

E’ possibile che di fronte a ciò che accade nel mondo, guerre vere e guerre economiche, guerre contro i migranti e guerre contro ogni minoranza, possano prevalere lo sconforto o il senso di impotenza, ma qui in Trentino non ci si preoccupa nemmeno di ciò che non è stato travolto dalla globalizzazione ed è ancora governabile. Anche lasciando da parte, anche se per me non è accettabile, le grandi questioni della pace o del cambiamento climatico, ci sono risorse di questa terra che necessitano di essere curate se non vogliamo compromettere il presente e non solo il futuro.

Non siamo impotenti rispetto alla gestione del territorio e dei suoi beni ambientali, come l’acqua e l’energia, e nemmeno rispetto alle risorse economiche come il turismo e l’agricoltura, o temi come la mobilità, le comunicazioni, la ricerca e la formazione.

Eppure se guardo, non ai giornali come a “Il T” che fanno la loro parte, ma alla classe dirigente, non solo quella politica ma anche quella economica e sociale, vedo che è molto occupata nei conflitti interni e nella spartizione dei piccoli poteri e pochissimo attenta alle scelte che sarebbero indispensabili.

Certo, la prima responsabilità è quella politica, e se la Regione rischia di perdere la concessione dell’Autobrennero per non aver trasformato la società in una interamente pubblica o se le nostre aziende pubbliche rischiano di perdere le concessioni idroelettriche, bisogna guardare alle colpevoli assenze e all’allineamento politico dei governi provinciali alla destra nazionale, che invece di portare beneficio sta sottraendo all’Autonomia competenze e risorse. E non è esclusa la beffa di vedere il Veneto ottenere le concessioni autostradali che noi rischiamo di perdere. A che serve, ad esempio, obbedire a Salvini se non si riesce nemmeno ad accelerare e controllare la realizzazione del bypass ferroviario?

Ma anche i soggetti privati hanno fatto la loro parte: sia ostacolando la trasformazione della A22 in una società in-house, sia comportandosi come fossero dei player finanziari estranei a questo territorio. Ma davvero si può continuare a cedere ai grandi gruppi finanziari partecipazioni e proprietà delle aziende che controllano risorse strategiche per questo territorio? E non parlo solo di energia e autostrade, ma anche del credito che salvo qualche scelta avveduta si è lasciato spogliare di gran parte del controllo, così come di società che operano nel turismo o nell’immobiliare, dove anche gli imprenditori più dinamici finiscono per preferire la rendita alla gestione delle proprie aziende. Qualcuno dirà: è il mercato bellezza. Ma se per una impresa si può capire non possiamo pensare che il sistema trentino sia un normale player sul mercato. L’Autonomia è un patrimonio non solo istituzionale, ma anche un insieme di risorse umane e di beni ambientali che andrebbero gestiti con cura e non svenduti.

Così come mi aspetterei che la Cooperazione, ormai pallida ombra di quello che ha rappresentato nel riscatto economico e sociale di questa terra, promuovesse una mobilitazione straordinaria per evitare che l’over turismo cancelli l’esclusività di un patrimonio ambientale unico. O che tutti ci mobilitassimo per migliorare il reddito dei lavoratori e per evitare che la casa sia un privilegio inaccessibile, o per far si che i prodotti di questo territorio vengano promossi invece di essere esposti ad una svalutazione di immagine e di valore.

E invece no: ognuno si occupa di conservare quello che ha, dimenticandosi che il futuro di quello che ha dipende da scelte intelligenti da farsi oggi.

Se chiediamo ai trentini cosa pensano dell’Autonomia rischiamo di percorrere la strada dei ricordi piuttosto che di un presente che riguarda tutti. Il Trentino assiste spettatore passivo, e dunque colpevole, al dibattito nazionale sulle Autonomie, come se la cosa non lo riguardasse, mentre in realtà continua la concentrazione di potere a livello nazionale. Così come, visto il sostanziale disinteresse, sembra che lo Statuto di Autonomia e la salvaguardia delle competenze, siano un problema di Bolzano e della SVP e non anche nostro. E nel frattempo sprechiamo risorse evitando di ricercare sinergie con Bolzano nella sanità, nel turismo, nella formazione, nella mobilità, cioè sui terreni che darebbero senso alla Regione.

Non ho mai visto un livello così basso nella cura e nel governo dell’Autonomia, come se ci fosse stata data e che nessuno potesse toccarla. Se non toccheranno lo Statuto intanto comprimono le competenze, ridiscutono le risorse finanziarie, provano a sottrarre al territorio le concessioni autostradali e, con la scusa dell’Europa (che vale solo quando il governo vuole nascondere le proprie responsabilità), rimettono in discussione le norme di attuazione che ci avevano dato la facoltà di gestire al meglio le risorse idriche. Non voglio essere un uccello del malaugurio, ma se abbiamo smesso di usare l’Autonomia per innovare, per sperimentare, per trovare un nuovo equilibrio tra locale e globale, tra autonomia e statalismo, tra autonomia ed Europa, se abbiamo smesso di prenderci cura del Trentino e del suo futuro, lo scenario più probabile sarà quello di una Autonomia indebolita e impoverita.