Come purtroppo si temeva stanno arrivando anche in Trentino i primi bandi che modificano, sancendone la liberalizzazione, le modalità di erogazione dei servizi di assistenza a domicilio.
F. Parolari, M. Calzà, P. Zanella, 22 novembre 2024
Uno di questi, è il bando recentemente emanato dal Servizio Sociale della Comunità Alta Valsugana per l’istituzione di elenchi aperti di soggetti prestatori di servizi in possesso di idoneo accreditamento provinciale. Con questi ultimi è possibile stipulare convenzioni per l’affidamento, mediante l’utilizzo dei buoni di servizio ai sensi dell’art. 22, co. 3, lett. b) della l.p. 13/2007.
La strategia affinata nel corso degli ultimi anni dal governo provinciale, volta a riconoscere direttamente all’utenza le risorse per accedere al mercato dei servizi, in questo ambito di welfare sta abbracciando nuovi settori, raggiungendo quelle migliaia di anziani, il cui numero è destinato progressivamente a crescere, che stanno a casa non usufruendo dei servizi residenziali. E tutto ciò avviene nonostante la legge provinciale 13 del 2007 ribadisca all’art. 22 che “In attuazione dei principi costituzionali di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale, gli interventi socio-assistenziali sono realizzati privilegiando modalità che prevedono la collaborazione con gli enti del terzo settore e il loro coinvolgimento nella programmazione, nella progettazione e nell'organizzazione degli interventi”.
Nelle intenzioni del legislatore i buoni di servizio sono da intendersi quali titoli aventi valore economico da utilizzare per l’acquisto di determinati servizi o interventi socio-assistenziali presso prestatori accreditati. Tale strumento avrebbe il pregio di riconoscere in capo all’utente la possibilità di scegliere fra le varie opzioni, tenendo conto del progetto individualizzato elaborato con il supporto del servizio sociale. Tutto bene, fin qui.
Peccato che nei territori del nord Italia dove questa modalità è stata introdotta, accanto all’abdicazione evidente dell’ente pubblico a svolgere il proprio ruolo lasciando alle regole del mercato la modulazione dell’offerta, si è assistito al sorgere di un commercio selvaggio, in cui il livello della competizione ha superato i limiti della libera concorrenza, arrivando ad attivare strategie subdole di attrattiva della persona in stato di bisogno che, da utente, è diventato “cliente”.
Si è assistito conseguentemente ad un progressivo scadimento della qualità del servizio, erogato dagli unici soggetti in grado di resistere, cioè solo da quelli che hanno acquisito una spregiudicata capacità di stare in piedi nonostante condizioni contrattuali insostenibili.
E ciò può accadere anche da noi nel momento in cui, come nel bando sopracitato, viene inserita la previsione secondo la quale “la presenza del soggetto prestatore nel/gli elenco/chi non assicura un volume prestabilito di prestazioni, essendo il buono di servizio erogato solamente in caso di fruizione del servizio da parte dell’utente” e quando la tariffa riconosciuta ai soggetti erogatori attraverso i voucher non copre nemmeno le loro spese, in primis derivanti dai rinnovi contrattuali. Sussiste il dubbio fondato che una cooperativa come quelle che operano sul nostro territorio, in assenza di garanzie e di un livello minimo e continuativo di prestazioni, non riesca a sostenere queste condizioni contrattuali né la fluttuazione della domanda senza ricadute, poi, sulla qualità.
E’ evidente che in questo gioco alla fine i soggetti deboli sono due: da un lato la persona che ha bisogno, destinataria finale di un servizio la cui qualità non è più garantita, dall’altro quei soggetti erogatori che sul mercato trentino offrono servizi di un certo livello, rispettando le regole e i diritti dei lavoratori ma che possono continuare a farlo e ad investire nel settore solo se non sono lasciati esclusivamente in balia delle scelte individuali, da un lato, e delle spietate regole del mercato, dall’altro.
Se si confermasse questa strada, il sistema trentino di welfare sarebbe a forte rischio. Temiamo, infatti, che per le ragioni sopra dette i paletti messi nei bandi a garanzia della qualità dell’offerta non siano assolutamente sufficienti e che comunque si debba continuare a privilegiare un modello di assistenza che trova nella co-programmazione e nella co-progettazione gli strumenti adatti per costruire risposte adeguate ai bisogni.