L’ISTAT certifica che in Italia abbiamo registrato ancora un record al ribasso per le nascite: nel 2023 scendono a 379.890, registrando un calo del 3,4% sull’anno precedente. Il calo delle nascite prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023.
Trento, 24 ottobre 2024
Il numero medio di figli per donna scende: si attesta a 1,20, in flessione sul 2022 (1,24) e la stima provvisoria elaborata sui primi 7 mesi del 2024 evidenzia una fecondità pari a 1,21. In Trentino la fecondità è del 1,28. Un dato tragico, ben lontano dal numero di 2 che è il numero medio di figli per donna che garantisce la corretta transizione demografica, numero che corrisponde all’equilibrio nel rapporto tra generazioni quando la mortalità dalla nascita alla piena età adulta è molto bassa (cit. Alessandro Rosina).
Per invertire la curva occorre agire, aggredendo la questione da più punti. Non basta, quindi, un'unica tipologia di intervento, servono più strumenti ma coordinati fra loro e che condividendo lo stesso approccio mirano allo stesso obiettivo, senza ostacolarsi o annullarsi a vicenda. Una cosa è certa: non bastano i bonus, gli interventi sporadici. Serve un’azione strutturale, servono politiche condivise, integrate, coordinate e serve investire!
La spesa per sostenere la famiglia e con essa la natalità non è una spesa a perdere, è un investimento! In questa prima fase della legislatura il Partito Democratico del Trentino si è subito impegnato ad affrontare la revisione organica, moderna, innovativa dei servizi educativi nella fascia 0-6 anni. Ha depositato un disegno di legge che introduce il Sistema integrato dei servizi di educazione e istruzione dalla nascita fino a sei anni, prevedendo soprattutto l’impegno della Provincia a sostenere i comuni affinché sia possibile assicurare progressivamente la gratuità e l’universalità del servizio di nido, nella consapevolezza della funzione occupazionale, conciliativa e di sostegno alla parità di genere svolta dai servizi della fascia zero-sei, funzioni tutte che rappresentano alcuni dei presupposti più importanti per decidere di mettere al mondo figli. Accanto all’estensione dei servizi l’impegno è stato rivolto anche a porre le condizioni affinchè tali servizi siano di qualità, nella consapevolezza che solo frequentando buoni servizi educativi i bambini possono superare eventuali fragilità e crescere in pienezza, interrompendo la catena della povertà educativa e facendo risparmiare anche in termini di costi sociali futuri.
Prevedere l’investimento in servizi di qualità è stato il primo passo. Ora occorre affrontare il tema del potenziamento degli strumenti esistenti per permettere ai genitori di conciliare maggiormente impegno lavorativo e famiglia, sempre al fine di facilitare e sostenere la scelta consapevole dei giovani di crearsi una famiglia. I congedi parentali, insieme a quelli di maternità e paternità, sono senza dubbio strumenti che maggiormente aiutano le famiglie a condividere le responsabilità genitoriali, mettendo i padri nelle condizioni di fare un’esperienza di cura, avere un rapporto più stretto con i loro figli a partire dai primi mesi di vita e ai genitori di conciliare vita lavorativa e vita familiare.
La normativa statale (D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) prevede che per ogni bambino, nei suoi primi dodici anni di vita, i genitori abbiano diritto a 10 mesi complessivi di congedo parentale, che possono diventare 11 se il padre si astiene dal lavoro per più di tre mesi continuativi. La norma prevede non più di sei mesi per ogni genitore.
L’accesso ai congedi dalla nascita e fino ai 12 anni di età dei figli, già previsti dalla normativa statale, va sensibilmente incentivato per tutti i tipi di lavoro (subordinato, autonomo, libero professionista). Per questo occorre garantire un sostegno economico affinchè fin dalla nascita del figlio i genitori non perdano reddito.
Con il presente disegno di legge si propone di minimizzare l’impatto economico del congedo parentale, derivante dalla riduzione dello stipendio prevista dalla legislazione statale, attraverso un sostegno economico provinciale pari:
● alla differenza tra quanto stabilito dallo Stato e la remunerazione di riferimento, per quanto riguarda il congedo di maternità/paternità e il primo mese del congedo parentale (in altre parole garantire al genitore il 100% della retribuzione - ora nel settore privato siamo all’80%, salvo l’eventuale integrazione da parte dei contratti collettivi);
● alla differenza fra quanto stabilito dallo Stato e il 70% della retribuzione di riferimento per i mesi successivi di congedo parentale (in altre parole garantire al genitore il 70% della retribuzione per tutti i mesi di congedo parentale restanti e goduti - nel 2024 nel settore privato è riconosciuto l’80% per i primi due mesi, poi si scende al 30%). L’erogazione del sostegno avviene nel limite massimo mensile di 2000 euro. Al fine di incentivare la parità tra i genitori nell’utilizzo del congedo parentale il limite massimo mensile è aumentato a 2.500 euro nel caso sia il padre ad usufruirne. E’ prevista la sottoscrizione di una convenzione con l’INPS per l’erogazione automatica del sostegno e, nella fase transitoria, il coinvolgimento dell’Agenzia della Coesione sociale. Questa previsione ha un impatto finanziario pari a 12 milioni di euro annui.
Accanto all’investimento sui congedi la proposta normativa prevede un investimento anche sui servizi conciliativi. Attraverso l’adozione di un regolamento condiviso fra i soggetti maggiormente interessati si mira al potenziamento dell’offerta rivolta ai bambini nella fascia dei 6 anni in su, l’impegno a facilitarne l’accesso, una maggiore attenzione alla qualità del progetto educativo e l’azione tesa ad aumentare le tutele contrattuali e previdenziali delle lavoratrici e dei lavoratori operanti in questi servizi. Viene elevato da 0,40 a 0,54 l’indicatore di condizione economico-patrimoniale Icef per l’accesso ai buoni di servizio per la conciliazione famiglia – lavoro. L’impatto economico di questa azione è pari a 1 milione di euro annuo.
Il Gruppo Consiliare del Partito Democratico del Trentino