L'impoverimento della popolazione è stato ben documentato dai dati riportati su questo giornale da Michelangelo Marchesi. Dati statistici che, a causa dei tempi di elaborazione, sono purtroppo sempre «in ritardo» rispetto alla velocità delle dinamiche socio-economiche.Paolo Zanella, 10 ottobre 2024
Dati che offrono, quindi, una retrospettiva, più che un'istantanea. Di qui l'importanza del percepito di chi si occupa quotidianamente di marginalità (si pensi al continuo aumento di chi usufruisce dei servizi di bassa soglia) e di chi osserva con occhio attento il palesarsi di nuove forme di povertà (pensiamo agli/alle insegnanti che vedono l'aumento di situazioni di difficoltà economica e di povertà educativa nei minori).
Diverse sono le cause che concorrono a determinare vecchie e soprattutto nuove forme di povertà più o meno evidenti: difficoltà a trovare casa per fasce sempre più ampie di popolazione a causa di prezzi eccessivi e dell'irreperibilità di alloggi; sanità pubblica sempre meno accessibile, col risultato che siamo primi in Italia per spese a carico degli utenti e conseguente rinuncia alle cure per chi non può permettersele (le condizioni socio-economiche sono il primo determinante della salute!); lavoro povero e precario, che interessa soprattutto donne e giovani, in un Trentino che ha gli stipendi medi più bassi del Nordest; salari che hanno perso potere di acquisto a causa di un'inflazione - soprattutto su beni alimentari ed energetici - che nel triennio scorso ha eroso il potere di acquisto, in particolare per famiglie con figli, ma anche per i single, in un territorio dove il costo della vita era già tra i più cari d'Italia; pensioni che sono (e saranno sempre più) insufficienti a garantire l'acquisto di beni e servizi di prima necessità e a far fronte a condizioni di non autosufficienza; politiche miopi di esclusione e di negazione dei diritti delle persone migranti, marginalizzate sotto i ponti, quando invece rappresenterebbero una risorsa straordinaria per un Paese in glaciazione demografica, se solo si investisse su di loro; la crisi della manifattura che si staglia all'orizzonte a causa della recessione tedesca, che inizia a manifestarsi con cassa integrazione e licenziamenti e rischia di ripercuotersi su tutto il sistema economico.
Tutte condizioni che, in casi di particolare vulnerabilità, determinano quella povertà assoluta che sappiamo in aumento, ma che più in generale possono incidere sulla povertà relativa e sul rischio di scivolare in povertà, condizioni che i dati ancora non registrano puntualmente, ma come detto i dati statistici sono sempre asincroni rispetto al tempo presente. Che la stragrande maggioranza della popolazione si sia impoverita lo dimostra il mancato recupero del potere di acquisto dei salari rispetto all'inflazione: oggi lavoratori e lavoratrici dipendenti sono più poveri/e di cinque anni fa. Parliamo di situazioni di vulnerabilità economica e sociale di cui la Politica deve farsi carico perché attengo alle condizioni materiali di vita delle persone, precondizione per un'esistenza libera che permetta «il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese», come prevede il principio di uguaglianza sostanziale, cardine della nostra Costituzione.
La povertà, come sottolinea bene Marchesi nel suo editoriale, non è una colpa o un destino ineluttabile di chi la vive. È piuttosto frutto di una responsabilità collettiva, in particolare di chi ha l'onere di guidare la comunità e quindi della Politica che deve dare indirizzi, trovare correttivi, mettere in campo azioni per garantire la coesione sociale, riducendo le disuguaglianze, facendosi carico delle situazioni di marginalità e di povertà, non solo con misure assistenziali, ma anche con interventi preventivi e di protezione sociale e percorsi di riscatto sociale. Politiche come quelle in atto trasversalmente tra Stato e Provincia non vanno in questa direzione: iniquità fiscale, privatizzazione della sanità, taglio degli ammortizzatori sociali come il reddito di cittadinanza, mancata indicizzazione delle soglie Icef di accesso a servizi e provvidenze, adeguamento delle retribuzioni ben al di sotto dell'inflazione, taglio dei posti di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei servizi di integrazione, gestione colpevolizzante e securitaria della povertà attraverso un populismo penale che criminalizza marginalità e migranti.
Serve cambiare rotta e approcciare il tema in modo strutturale, partendo da dati più accurati, come ci invita a fare Marchesi, attraverso gli strumenti di approfondimento propri del Consiglio provinciale. Le risposte alla povertà e alla vulnerabilità socio-economica non potranno che essere composite, finalizzate a ripristinare maggiore equità e redistribuzione, a garantire l'accessibilità a cure pubbliche e universali e alla casa, a potenziare le reti di protezione sociale mirate da un lato a prevenire il rischio di scivolamento verso la povertà e dall'altro a dare risposte a chi la povertà la vive, a dedicare progettualità all'inserimento socio-lavorativo di chi migra e al reinserimento sociale di chi si è trovato ai margini.
Un investimento culturale e politico, prima ancora che economico, che le Istituzioni devono compiere assieme alla comunità e in primis ai soggetti del Terzo settore che di povertà si occupano. Un investimento necessario quello del contrasto a disuguaglianze e povertà, ma prima ancora un dovere morale per chiunque si riconosca nell'articolo 3 della nostra Costituzione.
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