Direttori dei musei, un'occasione mancata

Sollecitazioni provenienti dalla comunità, chiedono di capire le ragioni della recente decisione di sospendere l’esame del disegno di legge sulla direzione dei musei provinciali, che il PD del Trentino, a mia prima firma, ha presentato negli scorsi mesi.
Lucia Maestri, "Il T Quotidiano", 25 settembre 2024

La proposta nasce da alcune considerazioni e da una discreta conoscenza del meccanismo che sovraintende l’attività museale. Come noto, un museo funziona anzitutto per la qualità delle proposte che sa mettere in campo e per la caratterizzazione che ogni direttore sa imprimere alle stesse. In altre parole, il profilo dei musei, come dimostra il caso trentino e più in generale anche nazionale, è frutto del disegno della loro direzione e dell’impronta culturale che la stessa lascia sul terreno delle attività e degli obiettivi. E’ in questo modo che i musei hanno affermato, negli ultimi anni, una nuova centralità dentro la più complessiva proposta culturale dei territori, ovvero affidando il proprio rilancio a direzioni dinamiche, aperte e di caratura internazionale, eppur orientate alla crescita della comunità di cui sono espressione. La proposta non ha affatto l’obiettivo di non riconoscere la funzione delle “governance” museali poste in capo ai Consigli di Amministrazione (laddove esistono) dei musei, ma pone in rilievo il ruolo identitario che la direzione di un museo assegna allo stesso ed al suo sviluppo. Fino a poco tempo fa, i direttori dei musei provinciali provenivano dall’albo dei dirigenti della Provincia e ciò limitava, a nostro avviso, le potenzialità connesse a simili posizioni di vertice. In secondo luogo i compiti dei direttori rimanevano confinati dentro la plasticità dei regolamenti, con una forse eccessiva flessibilità interpretativa dei ruoli e delle funzioni della direzione del museo.

Allo scopo di valorizzare la statura culturale – e quindi “l’imprinting” che dalla stessa proviene – dei direttori, favorendo al contempo una vera apertura alla competizione ed al confronto con il complesso culturale della modernità, si è quindi immaginata una norma capace di regolamentare i meccanismi di nomina, anche aprendoli a contributi ed esperienze esterne alla sola Amministrazione provinciale per fissare, in legge, i compiti dei direttori, proprio per evitare di esporre gli stessi al mutare delle pulsioni della politica e delle dinamiche della stessa. Il tentativo è insomma quello di riportare il direttore del museo al suo ruolo naturale, togliendolo quindi dal rischio di vedersi ridurre a mera figura amministrativa e contabile, priva di capacità progettuale e di spinta propria e posta al servizio esclusivo della “governance” del museo, qualora questa debordi dal suo ruolo in nome di un protagonismo non secondario.

Consapevoli che una simile proposta si sarebbe scontrata con il punto di vista dell’attuale maggioranza politica, la quale esprime un’idea accentratrice delle decisioni e delle strategie anche per mantenere ogni possibile discrezionalità nelle nomine nei ruoli apicali, abbiamo comunque voluto sottoporre la nostra proposta al vaglio del dibattito consigliare nella convinzione che dentro quell’ambito si sarebbe forse potuto costruire un dialogo capace di contemperare le diversità in un “unicum” di vera riforma.

Nominare direttori attraverso la trasparenza di bandi pubblici aperti alle nuove professionalità che stanno emergendo, sembrava una ipotesi degna di considerazione, per rilanciare il sistema museale trentino verso il futuro. Purtroppo l’ottusità di certe posizioni è prevalsa. In breve, con una decisione legittima, anche se discutibile sotto il profilo del “bon ton” istituzionale, la Giunta provinciale, dopo aver proclamato ovunque l’inutilità di mettere mano alla legge sui musei, durante l’esame della manovra di assestamento del bilancio provinciale è intervenuta modificando la norma e, di fatto, attuando una propria, quanto parziale ed abborracciata, “riforma” minima, cancellando l’essenza stessa della questione in essere e mantenendo intatta la discrezionalità delle scelte in capo alla politica.

Al di là di ogni altra considerazione, questi atteggiamenti rivelano profili di una concezione della cultura quale mera occupazione del potere e della sua amministrazione. Davanti alla necessità di elaborare linee di politica culturale, questa Giunta provinciale sopperisce alla carenza di idee e progetti, con l’esibizione muscolare e arrogante dei suoi numeri e con una concezione del confronto politico come scontro fra opposti, anzichè confronto fra proposte diverse. Nessuna indicazione quindi sugli indirizzi delle politiche museali, ma solo la conferma di un “primato” sul quale far ruotare ogni decisione, purché conveniente ai soli fini del consenso momentaneo. E’ su questa rotta che la nave della cultura trentina e del sistema museale rischia di andare irreversibilmente alla deriva, riducendo un gioiello della specialità autonomistica ad anonima pietra senza alcun bagliore e riflesso, nella quale è probabile solo l’inciampo.