II progetti rieducativi in carcere, legati alla finalità rieducativa della pena, potrebbero un giorno diventare di competenza della Provincia. Questo ipotizza una proposta di mozione, presentata dal consigliere Andrea de Bertolni che nel corso dell'ultimo consiglio provinciale, dopo una mediazione con la maggioranza, è stata approvata all'unanimità.
Trento, 20 settembre 2024
IL TESTO DELLA MOZIONE APPROVATA
MOZIONE N. 28
approvazione di una norma di attuazione che deleghi alle Province autonome le funzioni amministrative riguardanti le attività di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari provinciali
approvata dal Consiglio della Provincia autonoma di Trento nella seduta del 12 settembre 2024
ASSI CARDINALI PER UN CORRETTO ORIENTAMENTO DELLA QUESTIONE
Art. 2 Cost. "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale."
Art. 3 Cost. "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Art. 27, comma 3, Cost. "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato."
Art. 3 CEDU "Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti."
LA FIGURA PROFESSIONALE DELL'EDUCATORE ALL'INTERNO DELLE CARCERI
Ora, con riferimento alla finalità rieducativa della persona detenuta, primaria importanza assume il ruolo dell'educatore all'interno delle strutture penitenziarie.
Una figura nevralgica per la prossimità che ha rispetto alla persona in esecuzione pena intramuraria. Per il ruolo fondamentale che svolge non solo per la "osservazione scientifica della personalità" e quindi per il possibile accesso alle misure alternative dei detenuti definitivi. Gli educatori, infatti, collaborano anche alla progettazione di tutte le attività dell'istituto (scolastiche, formative, lavorative, sportive e ricreative). Assumono, inoltre, secondo la circolare ministeriale che ne ha modificato la denominazione in "funzionari della professionalità giuridico pedagogica", il compito di coordinare la rete interna ed esterna al carcere in modo da garantire una relazione con il territorio.
Né, d'altra parte, si potrà negare come l'educatore svolga un ruolo determinante proprio rispetto alla finalità rieducativa della pena, potendo intercettare nel rapporto professionale e umano con la singola persona detenuta, per un verso, criticità e sofferenza, per altro verso, quelle motivazioni autentiche che se incentivate sono presupposto cruciale per un percorso di effettivo reinserimento sociale.
Così, infatti, testualmente prevede l'articolo 15 dell'Ordinamento Penitenziario: "Il trattamento del condannato e dell'internato è svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, della formazione professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti di pubblica utilità, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia. Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato è assicurato il lavoro".
Il numero totale degli educatori effettivi (fonte Antigone, rapporto maggio 2023) si attesta a 803 unità a fronte delle 923 previste in pianta organica. La media nazionale di persone detenute in carico a ciascun funzionario è di 71. Tuttavia, sono 100 su 191 gli istituti che presentano un rapporto persone detenute/educatori più elevato rispetto alla media e ben distante da quello fissato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP). Si consideri come la media europea sia di un educatore ogni 25 detenuti.
LA DIMENSIONE TERRITORIALE: LA CASA CIRCONDARIALE DI TRENTO
Per quanto riguarda la Casa circondariale di Trento, la situazione rispetto all'organico dell'area educativa ha dato conto di quanto in premessa già evidenziato rispetto alla impietosa situazione nazionale.
Un radicale sottodimensionamento che si è sostanziato nella presenza negli ultimi anni di un numero effettivo di educatori pari al 20 per cento dell'organico previsto (il totale degli educatori previsti dal DAP sarebbe di 8 unità).
Dati, questi, che si pongono come sconcertanti se per di più declinati rispetto ad altri due fattori che costituiscono i "parametri vitali minimi"del principio di rieducazione della pena e quindi della dignità di detenute e detenuti.
Da un lato, [A] l'oggettivo cronicizzarsi di una carenza di personale di polizia penitenziaria. Da un altro lato, [B] un aumento dei numeri degenerato in sovraffollamento per il quale proprio la Casa circondariale di Trento è stata condannata (a distanza di 10 anni dalla sentenza Torregiani) per trattamenti inumani e degradanti nel non aver garantito lo spazio minimo all'interno delle celle.
[A] Con riferimento alla pianta organica sino al 2023, permaneva (Fonte Relazione inaugurazione anno giudiziario, Corte di appello di Trento, 27.1.2024) "una situazione di forte sofferenza per il personale dell'Amministrazione penitenziaria. L'organico di polizia penitenziaria, previsto nel numero di 227 unità, presenta una scopertura di 60 unità." Ad oggi - dati aggiornati alla data della presente mozione - con riferimento alla pianta organica attuale, modificata dal DAP a fine 2023, la situazione è di poco peggiorata: previste 209 unità a fronte di una presenza effettiva di 158 unità di polizia penitenziaria. Dunque, con uno "scoperto" quasi pari al 25 per cento circa.
[B] Un sovraffollamento che in data 22 aprile 2024 per la struttura di Spini di Gardolo - ubicata in un'ossimorica via Beccaria - si sostanzia nel 156 per cento rispetto alla capienza che la Provincia di Trento aveva nel momento esatto in cui consegnava "chiavi in mano" la struttura di Spini di Gardolo all'Amministrazione statale: 375 detenuti a fronte di una capienza (originaria) di 240.
L'ATTENZIONE DELLA NOSTRA PROVINCIA AUTONOMA, IN PIENA COERENZA AL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ, ALLA GIURISDIZIONE E AL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA RIEDUCAZIONE DEL REO
Nel corso degli ultimi vent'anni molteplici sono state le norme di attuazione dello Statuto che si sono occupate del nostro sistema penitenziario, soprattutto con riguardo agli aspetti sanitari.
Si pensi al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 168 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino - Alto Adige in materia di controlli igienico-sanitari sulle merci all'importazione ed assistenza sanitaria negli istituti penitenziari).
Così, al decreto legislativo 19 novembre 2010, n. 252 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione autonoma Trentino - Alto Adige concernenti disposizioni in materia di assistenza sanitaria ai detenuti e agli internati negli istituti penitenziari).
Particolare rilievo assume in tal senso l'articolo 4 bis del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino - Alto Adige in materia di igiene e sanità), aggiunto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 168 del 2006 e così modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 252 del 2010, a tenore del quale si riportano i primi due commi:
"1. Il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari ubicati nel territorio delle Province autonome di Trento e di Bolzano è assicurato attraverso l'azione integrata delle Province autonome medesime e dello Stato, che collaborano nell'esercizio delle attività di rispettiva competenza.
2. Al fine di definire modalità e strumenti della collaborazione prevista al comma 1 le Province autonome di Trento e di Bolzano stipulano apposite convenzioni con il Ministero della giustizia. Resta comunque ferma la competenza degli organi statali in materia di sicurezza all'interno delle strutture sanitarie ubicate negli istituti penitenziari e nell'ambito dei luoghi esterni di cura ove siano ricoverati i detenuti e gli internati."
Nel 2020 è stata data attuazione al comma 2 dell'articolo 4 bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 474 del 1975 con la sottoscrizione del Protocollo d'intesa tra la Provincia, la Regione e il Ministero della Giustizia per il reinserimento sociale e lavorativo delle persone sottoposte a misure limitative della libertà personale e per lo sviluppo di percorsi di mediazione penale e giustizia riparativa (rep. n. 520 del 28 luglio 2020 del Registro di raccolta dei contratti dell'Amministrazione digitale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol). A detto Protocollo d'intesa si sta dando progressiva attuazione con azioni integrate, coinvolgendo anche il territorio con le sue istituzioni pubbliche, soggetti privati e del terzo settore. La funzione di governance dell'attuazione del Protocollo è in capo a una commissione tecnica costituita da dirigenti delle articolazioni territoriali di Ministero della Giustizia e strutture provinciali (tra queste Servizio politiche sociali e Agenzia del lavoro), e si declina attraverso l'attivazione di cinque gruppi tecnici operativi (GTO). Due tra questi hanno competenza sul reinserimento sociale, legami familiari e cultura e sul lavoro.
Attraverso la progressiva attuazione del Protocollo d'intesa, anche grazie allo strumento della co-programmazione definito nell'articolo 55 del Codice del terzo settore e declinato a livello locale dalle Linee guida provinciali in materia di co-programmazione di interventi socio-assistenziali, sono state definite le 27 azioni inserite nel Piano di Azione 2024-2026 che rappresenta il primo piano di programmazione integrata di livello locale nell'ambito dell'esecuzione penale, nel quale sono stati evidenziati i bisogni e le priorità di intervento. Il Piano evidenzia che il supporto ai detenuti nel percorso di recupero e reinserimento costituisce una priorità riconosciuta da tutti i soggetti.
Ad oggi il potenziale del Protocollo d'intesa si è esplicato in particolare attraverso le attività affidate dal servizio politiche sociali della Provincia ad enti del terzo settore che hanno realizzato tirocini di inclusione sociale e tirocini formativi e di orientamento, laboratori di acquisizione dei pre-requisiti lavorativi, servizi di accoglienza abitativa temporanea. L'Agenzia del lavoro della Provincia, invece, ha sostenuto il reinserimento lavorativo di alcune persone attraverso progetti dedicati a persone con disabilità o svantaggio (intervento 3.3.C del Documento degli interventi di politica del lavoro).
Tuttavia, l'investimento nel reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti - rispetto al quale la Provincia ha un ruolo di prima rilevanza - per quanto meritorio, rischia di concentrarsi solo nella fase pre-dimissione dal carcere, quando invece avrebbe certamente maggior peso se si sostanziasse dal momento dell'ingresso in istituto, per poter da subito azionare sforzi rieducativi per il reinserimento nella società del reo. In tal senso sarebbe opportuno che la Provincia potesse governare direttamente tutte le fasi del processo rieducativo che proprio nell'educatore penitenziario trova un momento cruciale.
Così, nel solco di una manifesta sensibilità e senso di responsabilità si colloca l'esemplare edificazione della nuova Casa circondariale di Trento a cura della Provincia autonoma di Trento. Avvenuta in forza dell'Accordo di programma quadro (A.P.Q. n. 1) concernente "Interventi per la razionalizzazione delle sedi delle strutture statali e provinciali nella città di Trento", stipulato l'8 febbraio 2002, dal Governo italiano (rappresentato dai Ministeri dell'Interno, della Giustizia, dell'Economia e Finanze, della Difesa e dalle Agenzie del Demanio e delle Entrate), dalla Provincia autonoma e dal Comune di Trento. Si tratta di quell'Accordo in cui alla scheda tecnica n. 1, allegata all'A.P.Q. sono descritti i tratti tipici che avrebbero dovuto connotare la nuova architettura penitenziaria. Fra cui, oltre a quelli dimensionali delle celle e degli spazi accessori e complementari, vi era anche quello della capienza massima - calmierata, proprio perché presupposto a garanzia della dignità dei reclusi - nel numero di 240 detenuti di cui: 200 detenuti maschi, 20 detenute femmine, 20 detenuti in regime di semilibertà.
L'opera carceraria, con un investimento nei primi anni 2000 pari ad oltre 100 milioni di euro da parte della PAT, è stata quindi completata da circa 70 alloggi destinati al personale impiegato presso la nuova Casa circondariale.
Connotati questi riconfermati nell'aprile 2008 con la firma da parte di tutti i sottoscrittori originali dell'Atto aggiuntivo e modificativo dell'A.P.Q. del 2002.
Ed ancora, con un virtuoso accordo (cfr decreto legislativo 7 febbraio 2017, n. 16: "Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino - Alto Adige recanti disposizioni in materia di delega di funzioni riguardanti l'attività amministrativa e organizzativa di supporto agli uffici giudiziari"), unico nel panorama nazionale, sono state delegate dallo Stato alla Regione, le funzioni riguardanti l'attività amministrativa e organizzativa di supporto agli uffici giudiziari (con esclusione di quelle relative al personale di magistratura e al personale amministrativo dirigenziale).
Ebbene, tutti questi interventi danno conto dell'estrema attenzione avuta dalle Autonomie di Trento e Bolzano rispetto all'obiettivo - ritenuto politicamente di prima necessità - del contribuire a dare effettiva attuazione al principio costituzionale della rieducazione del reo nel contesto di una Giurisdizione efficiente.
LE RAGIONI ED IL CONTENUTO DELLA MOZIONE
Nel riconoscere il significato più autentico del principio di sussidiarietà, l'azione politica degli enti locali, in special modo se qualificati e riconosciuti da particolari - uniche - prerogative costituzionali di autonomia, deve saper cogliere in modo responsabile e provvido i "luoghi" normativi rispetto ai quali direzionarsi.
Ora, anche grazie a nuove scienze giuridiche quali l'analisi economica del diritto penale, possiamo definitivamente riconoscere come, soprattutto in un'epoca di risorse limitate, è necessario declinare "leggi efficienti, in grado di orientare le condotte umane in modo coerente agli obiettivi prefissati, proprio al fine di garantire il perseguimento della salubrità sociale, intesa in modo globale, con particolare attenzione per la tutela dei diritti fondamentali." (cit. pag. 52, Francesca Pesce, L'analisi economica del diritto penale dalla teoria alla pratica. Il livello delle opzioni normative in tema di tossicodipendenza e criminalità correlata, Edizione Scientifica, Università degli Studi di Trento). In tal senso, ed è di primaria importanza, l'azione legislativa deve esser improntata ad un criterio di efficienza: la massimizzazione del benessere individuale e quindi collettivo al minor costo sociale possibile (inteso come insieme di costi umani ed economici).
Per il raggiungimento di tale obiettivo la scelta potrebbe essere quella della delega alle Province Autonome di Trento e Bolzano delle funzioni in materia di reinserimento sociale e lavorativo, ivi comprese quelle educativo-pedagogiche, con il conseguente trasferimento alle medesime del personale statale addetto alle predette attività nelle strutture operanti nel territorio delle due province autonome, ivi compreso quello giuridico-pedagogico (educatori penitenziari), ora in capo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) alla Provincia di Trento.
Tutto ciò premesso
il consiglio della PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
impegna la Giunta provinciale
1) tenuto conto della rilevanza di quanto esposto, nell'interesse condiviso di garantire la corretta ed efficace attività di assistenza e cura trattamentale delle persone sottoposte a provvedimenti limitativi della libertà personale, nonché di valorizzare la rete esistente e offrire continuità dei percorsi di reinserimento sociale sostenuti dalla Provincia:
a) a definire le condizioni di fattibilità, anche alla luce del Protocollo d'intesa "Per il reinserimento sociale" del 28 luglio 2020 (rep. n. 520 del Registro dei contratti dell'Amministrazione regionale), con i servizi/enti competenti in merito al fabbisogno, agli aspetti finanziari, al quadro di attribuzione delle competenze, alle modalità di gestione della funzione e del relativo personale;
b) a valutare l'opportunità di proporre, in esito agli approfondimenti di cui alla lettera a), l'emanazione delle necessarie norme di attuazione, anche considerando l'ipotesi di assunzione degli oneri di una eventuale delega in capo alla Provincia, nonché a definire le modalità di esercizio delle funzioni con eventuali atti convenzionali.
Il Presidente
- Claudio Soini -
I Segretari questori
- Christian Girardi -
- Roberto Stanchina -