La Provincia, con la determina n. 8224 del 1° agosto 2024, ha liquidato i contributi straordinari alle RSA che nel 2023 hanno chiuso in perdita. Oltre 1,5 milioni di euro distribuiti a 21 strutture delle circa 55, pubbliche e private, che erogano il servizio di Rsa sul territorio trentino.Francesca Parolari, 5 agosto 2024
Ciò che balza all’occhio, se si analizzano i dati, è che il contributo pubblico maggiore per posto letto (3 euro al giorno) viene riconosciuto a due Rsa private (Solatrix di Rovereto – gestita da ST gestioni del gruppo SPES e Villa Alpina di Pinè gestita direttamente da SPES) che hanno la retta giornaliera in assoluto più elevata, che supera di quasi il 20% la retta giornaliera media delle rsa trentine (nel 2023 le rette giornaliere di entrambe le strutture superavano i 55 euro e nel 2024 arrivano addirittura oltre i 57 euro, mentre la retta media è di 48,97 euro).
Una corsa al rialzo operata sulle pelle delle famiglie che in una stessa zona, per esempio la Vallagarina, se sono inserite nella rsa pubblica di Volano sborsano 46 euro al giorno, se invece vengono inviati alla Solatrix di Rovereto (distante 5 km) si trovano a versare 57,61 euro al giorno. Con una differenza per le famiglie di circa 350 euro al mese, oltre 4.000 euro all’anno. Una differenza immotivata, ingiustificata e inaccettabile, visto che le strutture sono convenzionate allo stesso modo e ricevono gli stessi finanziamenti pubblici.
All’assessore Tonina si chiede di fare chiarezza perché, a fronte di requisiti standard base uguali, le rette non possono registrare questi enormi divari anche in zone uniformi e vicine. E non si può continuare a coprire con soldi pubblici i reiterati buchi di bilancio di chi ha rette oltremodo elevate, quando c’è chi invece, più d’uno, ha rette più basse, conti in ordine, arrivando in più casi a fare importanti utili.
E non si racconti la storiella della maggior gravità degli ospiti accolti. Gli anziani che vengono accolti oggi in rsa hanno caratteristiche analoghe in termini di condizioni di salute e di bisogni di cura. Sono cioè tutti gravi e le famiglie, pur di ottenere risposta, sono disposte ad accettare qualsiasi collocazione, con la conseguenza che gli anziani con bisogni di cura elevati vengono accolti dove c’è posto a prescindere dall’appartenenza territoriale, con una distribuzione fra le diverse Rsa che sta diventando assolutamente omogenea. Anche per questa ragione non si giustificano, quindi, rette base così diverse fra loro e neppure squilibri di bilancio che la PAT avrebbe l’onere di tenere attentamente monitorati anziché giustificare con interventi di copertura a piè di lista.
Quella del divario fra le rette nelle rsa trentine è un tema che sta diventando purtroppo ordinario e con forti riflessi sull’equità e sulla giustizia sociale. E’ una questione che non può essere sottaciuta perché riguarda migliaia di famiglie che già attendono mesi per poter vedere accolta la loro domanda e quando ricevono risposta si trovano a pagare di più o di meno a seconda che il caso li indirizzi verso una struttura o verso l’altra. E’ drammatico che sia la casualità a governare le politiche socio-assistenziali trentine.
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