Il futuro dell'acqua e sei domande a chi governa

Acqua, ambiente, territorio, energia, comunità, uomo. In questa cornice, sinonimo di sistema di assi cardinali, si orienta la cronaca politica della delicatissima opzione sull’esercitare o meno (attraverso Dolomiti Energia) la prelazione della quota del 40% di Hydro Dolomiti Energia la cui proprietà – il fondo Macquarie – ha deciso di cedere.
Andrea de Bertolini, "Il T Quotidiano", 3 luglio 2024

In difetto di prelazione, la quota sarà acquistata dal consorzio privato composto da Equitix Euro Funds, Tages Capital Sgr, La Finanziaria Trentina e altri investitori locali.

Così, sullo sfondo rimane nitida la cruciale questione, sociale, giuridica, filosofica al contempo drammaticamente economica, dell’effettivo riconoscimento del diritto umano all’acqua. Questione oggetto di risoluzione ONU nel 2010 su cui parte virtuosa degli Stati di questo piccolo globo si stanno con fatica impegnando. Un diritto di cosiddetta terza generazione. Categoria che individua in via ulteriore al piano civile e sociale, un ampio novero di diritti: diritto all’autodeterminazione, allo sviluppo economico, all’ambiente salubre, alla comunicazione, alla partecipazione al patrimonio culturale, all’equità intergenerazionale e alla sostenibilità, alle risorse naturali. Terza categoria di diritti, con quelli di prima e seconda generazione che nel poggiare le radici dogmatiche dal 1979 nell’Istituto dei diritti umani di Strasburgo, suggestivamente rievoca con progressione logica le parole d’ordine della Rivoluzione francese: Libertà (diritti di prima generazione), Uguaglianza (di seconda generazione), Fratellanza (di terza generazione).

A ciò si aggiunga altro dato. Se è vero che l’acqua è il bene comune primario di cui ogni comunità può disporre, vero è anche che nel nostro contesto europeo, il carico antropico crescente, l’impatto dell’azione umana sul territorio, l’ipersfruttamento delle risorse, il progressivo riacutizzarsi di sperequazioni sociali, i cambiamenti climatici, sono alcuni dei fattori concorrenti che renderanno cruciale (anche per noi) la gestione dell’acqua nei prossimi decenni. Certo: per presidiare una risorsa comunque scarsa; ma anche per garantire i diritti fondamentali della persona e l’equità sociale. Concorrendo perciò ad assicurare l’affidabilità democratica degli ordinamenti.

Per tali ragioni, diritto all’acqua (acqua potabile) e accesso all’acqua (per molteplici usi come per es. agricolo) rimangono questioni inscindibili all’uso dell’acqua per la produzione di energia.

Né, peraltro, potranno negarsi due ulteriori evidenze.

Primo: il diritto alla libertà di ogni individuo è oggi drammaticamente condizionato dalla effettiva quantità di acqua ed energia di cui può disporre.

Secondo: chi detiene le risorse idriche ed energetiche è oggi, nei fatti, padrone della libertà altrui; quindi, della vita di ciascuno di noi.

A fronte di ciò, pur sideralmente distante da sovranismi idrici, pur consapevole della necessaria fisiologia di partenariati pubblico–privato, ritengo tuttavia la prospettiva che le nostre comunità siano, quanto più possibile, in modo diretto, idricamente ed energeticamente autosufficienti grazie allo sviluppo sostenibile delle risorse di cui esse dispongono, uno dei più ambiziosi (prioritari) obiettivi cui dobbiamo convintamente tendere.

Per ambire all’esser “padroni di noi stessi fra noi stessi”, per esser il più possibile liberi, nel solco di una non negoziabile equità sociale e giustizia sociale.

Un obiettivo possibile. Soprattutto per territori come il nostro in cui l’acqua, prezioso bene comune, è (ancora) presente. Un’ambizione tipicamente coerente al nostro patrimonio culturale di Autonomia e a quel virtuoso principio costituzionale di sussidiarietà di cui siamo stati esemplare espressione.

Ora, al netto di quel che sarà la decisione del governo provinciale rispetto all’esercizio – che auspico – della prelazione da parte di Dolomiti Energia, incalzano alcuni interrogativi per comprendere se, ed in che termini, questa sia espressione di una visione strategica da parte della Provincia nella gestione delle acque del territorio non solo provinciale ma anche regionale (gran parte delle risorse idriche – bacino dell’Adige in primis – sono condivise con la Provincia di Bolzano, oltre che con le Regioni Veneto e Lombardia).

Perché, la decisione di Macquarie di vendere la quota di Hydro Dolomiti (titolare dei beni che hanno oggettivo valore) non precipita in modo estemporaneo ma da tempo era nota.

Ed allora, primo: la maggioranza ha previamente valutato oltre all’impatto economico per l’acquisto della quota, anche i costi futuri complessivi fra cui gli investimenti per la vetustà di alcuni impianti?

Secondo: questa valutazione ha considerato l’imminente scadenza delle concessioni idroelettriche che possono contemplare una redditività in prospettiva tendente a zero?

Terzo: qual è la posizione del Governo provinciale circa la facoltà, meno dispendiosa, di acquisire gli impianti alle condizioni riservate dalla legge (art. 25 RD 1775/33) allo Stato, ora attribuite alla Provincia?

E in generale, (quarto) è stato aggiornato il piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche (PGUAP) del 2005, per tener conto delle attuali mutate esigenze di utilizzo delle acque da parte dei Comuni, delle imprese di tutti i settori (alimentare, agricolo, industriale, commerciale, artigianale, turistico) e da parte della stessa Provincia anche per la regimazione delle acque, la sicurezza del territorio e l’incolumità delle persone?

Quinto: qual è la strategia post proroghe della Giunta per la fase del rinnovo delle concessioni? Perché è evidente che molte e significative possono essere le differenze anche ai fini della decisione sull’acquisto della quota Macquarie.

Sesto, la Provincia ha valutato la percorribilità di altre strategie per garantire una regia politica rispetto alla gestione futura di questa risorsa così preziosa, anche magari contemplando un ruolo istituzionale molto più attivo dei Comuni nel rispetto dei vincoli comunitari?

Né, potrà dubitarsi come per ciascuno degli interrogativi comune denominatore politico sia il criterio della massima possibile ricaduta di benefici sull’intera comunità trentina.

Ora, pur nella ristrettezza dei tempi rimasti (la scadenza del termine per l’esercizio della prelazione sta correndo), posta nondimeno la delicatezza della decisione su cui il Governo provinciale dovrà prendere posizione, è necessario che a tali interrogativi si dia preliminarmente risposta. In primis al Consiglio provinciale, quindi, alla comunità trentina di cui quest’organo è democratica espressione.

Solo così si potrà comprendere se quella che allo stato pare l’auspicata, giusta, decisione dell’esercizio della prelazione da parte di Dolomiti Energia sia o meno una scelta ponderata.

Solo così, si potrà comprendere se questa decisione esprima un’incongrua navigazione a vista esponente a pericolose derive o se effettivamente corrisponda al tassello di una più ampia virtuosa strategia pluriennale – assunta a condizione indispensabile – saldamente orientata ad un sistema di assi cardinali di condiviso riferimento per la miglior gestione possibile del più importante bene comune di cui disponiamo e di cui disporranno le nostre future generazioni.