Non occorreva la Corte dei Conti per capire che la sanità trentina versa in condizioni di estrema difficoltà. Certo, anche i dati economici ci aiutano nel confermare quanto diciamo da tempo: il mare della sanità è in tempesta - le difficoltà sono oggettive e non tutte imputabili all'attuale gestione - ma la barca trentina è da tempo senza capitano.
Paolo Zanella, 29 aprile 2024
Quello che recentemente è salito al timone temporeggia e ancora una volta ribadisce che molte questioni, come la riapertura del punto nascite di Cavalese, le ha ereditate dalla precedente amministrazione, come se lui non sedesse in Giunta e quei provvedimenti non li avesse sostenuti. Troppo comodo. Se ora che ha il mandato di gestire la sanità trentina ritiene di rivedere alcune posizioni per tornare a governarla, l'assessore Tonina sappia che siamo disponibili al confronto, con proposte di merito a tutela della salute dei cittadini e a salvaguardia della sanità pubblica, accessibile e universalistica.
Su alcune questioni di peso emerse dalla relazione della Corte dei Conti vogliamo ribadire ancora una volta la nostra posizione.
Punti nascita. I dati purtroppo confermano in modo sempre più drammatico, l'insostenibilità dei punti nascite periferici. Non solo dal punto di vista economico (certo, anche da quello visto che costano quattro volte di più) ma soprattutto dal punto di vista del servizio che si riesce a garantire. I medici gettonisti (che sono ormai la maggior parte), senza continuità e inserimento nell'organizzazione quale qualità e sicurezza garantiscono? E lo stesso vale anche per il personale assunto che perde progressivamente expertise a forza di vedere poca casistica. Pure l'assessore pare averlo capito quando dice che sono gli stessi medici a consigliare di andare a partorire nei centri principali. Ostinarsi a non guardare la realtà e tenere aperti punti nascite che non lavorano per il 60% del tempo è insensato, inappropriato e insostenibile. Il Presidente Fugatti continua con la narrazione strumentale del servizio per le valli che deve restare aperto ad ogni costo. Se si seguisse questa logica allora, perché non si aprono stroke unit e unità di terapia intensiva cardiologica in ogni valle?! In sanità non si può seguire solo un criterio di prossimità, ma serve garantire appropriatezza dei servizi, sicurezza e qualità delle cure, che dipendono dalla casistica. Per le nostre valli serve investire, ma su servizi che garantiscano una migliore qualità di vita rispetto ai bisogno prioritari: in ambito sanitario in servizio territoriali, in servizi ambulatoriali per la cronicità, in diagnostica di uso frequente, in pronto soccorsi in grado di dare risposte efficaci, con anestesisti h24; più in generale in trasporto pubblico cadenzato, in cooperative di comunità, in multiservizi, in cura del territorio.
Crescita del privato. L’aumento della quota di spesa sanitaria destinata dalla Provincia a prestazioni e ricoveri in strutture private accreditate non si può sminuire come fa l'assessore dicendo che è una minima quota del bilancio destinato alla sanità e che non siamo mica la Lombardia. Se è vero che da noi il privato accreditato è di gran lunga inferiore a quello di altre Regioni, ci spieghi l'assesore perché i dati ISTAT elaborati da GIMBE descrivono la nostra Provincia come il territorio in cui le famiglie spendono più che in ogni altro territorio del Paese in spesa sanitaria privata. Evidentemente il Trentino non riesce più a dare risposte adeguate attraverso il suo SSP - comprensivo di privato accreditato - e le persone devono pagare di tasca propria prestazioni out of pocket, che il SSP non è più in grado di garantire. Se non si torna a finanziare adeguatamente il sistema sanitario pubblico, non si riusciranno a trattenere i professionisti e a ri-attrarre quelli che nel privato ci sono. E questo determina costi diretti per l'utenza che porta le fasce più deboli a rinunciare alle cure, cosa gravissima che avrà costi individuali e sociali incalcolabili. E poi si parla di investire in prevenzione…
Liste di attesa. Lo abbiamo sottolineato più volte, ora lo ribadisce anche la Corte dei Conti: la situazione delle liste d'attesa è più grave di quanto appaia, perché numerose prestazioni prescritte sfuggono al monitoraggio delle liste di attesa, visto che molte persone, di fronte a tempi di attesa eterni si rivolgono direttamente al privato. Lo si vede palesemente dal primato di spesa a carico delle famiglie trentine e dal considerevole aumento degli introiti da libera professione intra moenia. Se da un lato nel pubblico mancano medici che andrebbero ri-attratti dal privato, dall'altro bisogna innanzitutto spostare prestazioni dall’intra moenia al regime ordinario con maggiorazioni retributive per i medici, in modo da non far ricadere i costi sull'utenza, e inoltre serve governare meglio le liste d'attesa, cosa sulla quale c'è margine di efficientamento.
È il tempo delle scelte assessore Tonina, non di continuare a tergiversare. Servono azioni concrete sia sui temi appena evidenziati - investimento nel personale, contenimento del privato, governo delle liste di attesa - sia sugli investimenti in prevenzione, integrazione socio-sanitaria e riorganizzazione dell’assistenza territoriale e di comunità, partendo dal quantificare il fabbisogno di personale necessario per far partire Case e Ospedali di comunità e potenziare l’assistenza domiciliare, cosa che APSS ancora non ha fatto. Ecco, forse a che su questo l'assessore una riflessione dovrebbe farla…