La mai sazia pianta del negazionismo storico e culturale si sta nutrendo da tempo anche della dichiarata irripetibilità di un fenomeno di portata epocale come il fascismo. Non si tratta più di vaghe scusanti di nostalgici e di irriducibili, bensì di un messaggio che viene veicolato dai mass media con una ripetitività ossessiva e volta ad affermarne la veridicità.Lucia Maestri, "Il T Quotidiano", 26 aprile 2024
Eppure, se visti da vicino, alcuni comportamenti, scelte ed azioni che hanno caratterizzato, ad esempio, gli anni dell'avvento e del consolidamento al potere del fascismo, possono essere messi facilmente a confronto con il presente, riscontrando così affinità decisive e probanti.
Un potere esecutivo sempre più forte ed autonomo anche rispetto al controllo parlamentare; un'arroganza portata alle estreme conseguenze con le mancate dimissioni di ministri in carica e sottoposti ad indagine giudiziaria; il susseguirsi di intimidazioni di singoli oppositori a base di querele, anatemi e censure; la demonizzazione del passato politico più recente; la monopolizzazione dell'informazione; le proposte di riforma radicale dell'ordinamento costituzionale ed un'opposizione divisa ed incapace di porre argine al dilagare di tali processi degenerativi, rappresentano le forme più evidenti di un parallelismo fra il presente e, ad esempio, la prima parte degli anni Venti del «secolo breve», che testimonia il rischio, seppur sotto altre forme, del ripetersi. Ma non basta.
Nel suo discorso di insediamento davanti alle Parlamento, l'attuale premier ha detto: «Vengo da una storia politica che è stata spesso relegata ai margini della storia repubblicana». Ma di quale storia politica stiamo parlando? Forse non tutti, soprattutto fra i più giovani, rammentano che la Presidente del Consiglio dei Ministri arriva alla politica attraverso una lunga militanza attiva nelle file di un partito politico, il Movimento Sociale Italiano, del quale il suo segretario di allora diceva che «il fascismo era e rimaneva il traguardo». Queste sono le radici della storia politica del Capo del Governo; radici mai sconfessate, né mai criticate per la loro diretta discendenza dal fascismo stesso.
Conosciamo già le obiezioni che i negazionisti non ci faranno mancare, nemmeno davanti ai dati di fatto oggettivi e siamo consapevoli che proprio in quelle negazioni si annida un'altra comunanza fra epoche diverse di un medesimo fenomeno politico. Senza scomodare le più eclatanti esibizioni del neofascismo che, un po' ovunque nel Paese sta dando segno di sé, ciò che conta sono i fatti e quelli che abbiamo qui esposto riassuntivamente sono fatti e non retoriche propagandistiche.
Come si può osservare insomma, il fascismo è tutt'altro che tramontato irreversibilmente e come vorrebbe una certa facile lettura negazionista anche locale, così come è rimasta viva la sua carsicità e quella ambiguità rappresentata dalla, non sempre facile, convivenza fra una destra di governo, attenta alla politica estera e a dare un'immagine sempre tranquillizzante della propria azione politica ed amministrativa vantando successi anche laddove non ne esiste nemmeno l'ombra ed una destra «sociale», molto più inquieta e irrequieta. Se la prima tende a presentarsi con gli abiti del moderatismo liberale e del più convinto atlantismo, la seconda spinge invece in direzione del «non rinnegare il passato», riscrivendo la storia ed opponendosi al capitale ed alle sue consorterie.
È nello scontro fra queste due tensioni che si disvela un'altra similitudine con il vecchio fascismo, anch'esso diviso fra le esigenze del governo e la nostalgia squadrista e rivoluzionaria.
Metamorfosi e riscrittura della narrazione storica sono gli strumenti che tengono vivo il fascismo. Oggi come ieri. Purtroppo.
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