La cultura non è una sfera compatta ed uniforme. La sua fisionomia è variegata e segnata dalla mobilità degli interessi. Ne discende che una credibile politica culturale deve saper operare selezioni e fondare la propria azione su di una logica della programmazione, posto che governare questo settore non può ridursi a mera ragioneria idonea a definire quote di finanziamento pubblico, ma deve saper interpretare le identità plurali e le domande di innovazione che salgono dai territori.Trento, 25 marzo 2024
La cultura è oggi chiamata ad una profonda trasparenza ed, al contempo, all’urgenza di decidere e scegliere fra un ripiegamento sull’eterna monetizzazione del consenso e una sfida coraggiosa che proietta verso il futuro. Da un lato l’effimero e il momentaneo che appagano domande superficiali e, dall’altro, la ricerca del nuovo e dell’interagire territoriale quale rotta di uno sviluppo, che non passa sul terreno della quantità, ma su quello più impegnativo della qualità.
Nella scorsa Legislatura – ed in avvio di quella attuale non si scorgono grandi differenze – la parola d’ordine del settore culturale è stata, senza dubbio, quella di assecondare i gusti del grande pubblico. Non solo il concerto di Vasco Rossi, con tutto il suo strascico di polemiche e con l’esposto presentato dal PD del Trentino alla Corte dei Conti, ma anche altri settori, se solo si osserva la programmazione delle stagioni del teatro, dove manca un filo logico e narrativo e tutto sembra ridotto ad una miscela di gusti e generi, mentre la musica è apparsa delegata in toto ai suoi protagonisti, i quali hanno fatto peraltro un lavoro egregio in una simile situazione, in assenza di una linea politica chiara di tendenza e di sviluppo. Infine le arti figurative, consegnate al gusto di leadership del settore che hanno pare abbiano privilegiato appunto la quantità, sopra ogni altro esito.
Tanta quantità insomma, spacciata per qualità e mirata solo a stretti fini di consenso.
In questa chiave va quindi letto il processo innescato fin dall’inizio della corrente Legislatura dal PD del Trentino che ha anzitutto interrogato la Giunta provinciale su alcune questioni fondamentali:
- le politiche culturali ed il ruolo del Centro Servizi culturali “S. Chiara”, per capire il senso e la “mission” di un ente che dovrebbe farsi carico effettivamente delle politiche dello spettacolo dal vivo e che invece è parso per anni divorato dalle lotte intestine alla maggioranza di governo;
- la “governance” dei musei provinciali, per la quale serve una griglia tecnica di criteri e la definizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere, anche attraverso una complessiva “regia” del sistema, magari attivando il mai avviato “Tavolo dei Musei”;
- un bilancio sulla memoria, nella convinzione dell’assoluta necessità del ricordo e della sua proiezione sul presente, uscendo però da logiche festivaliere che non possono appartenere a temi così delicati, come quelli dell’Olocausto;
- il M.A.R.T., elemento centrale delle politiche territoriali per l’arte e ciò che in esso sta accadendo, sia in termini tecnici (investimenti, affluenze ecc.), che di rinnovo dei vertici dirigenziali e di costi generali e specifici per taluni eventi.
Ma non è sufficiente, per una politica seria e responsabile, interrogare ed interrogarsi. Essa infatti deve anche saper produrre proposte ed idee sulle quali innescare un confronto produttivo e mirato ad una costante crescita qualitativa dell’intero sistema culturale. In tale contesto va inserito quindi il disegno di legge di modificazione della Legge provinciale sulle attività culturali, per quanto attiene la nomina ed i compiti di direttore dei museiprovinciali, definendo, non solo i meccanismi di una selezione pubblica per tale figura, ma anche individuando le funzioni attribuite al direttore, al fine di evitare sovrapposizioni inutili con compiti e funzioni di altri organi del museo stesso. Le avvisaglie delle polemiche già ci confermano di aver colto nel segno, rompendo un meccanismo comodo e funzionale appunto al consenso.
Su questi temi, il PD del Trentino apre un confronto pubblico, nella certezza che proprio nel dialogo e nella reciprocità si coltiva la pianta della di una cultura democratica, viva e partecipata.
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