"Servono cibo, acqua e medicine: il sistema sanitario è collassato ma almeno 1.500 camion di aiuti sono bloccati", i parlamentari al valico di Rafah

TRENTO. Terzo giorno di viaggio per la missione "Rafah. Gaza oltre il confine" al confine tra l'Egitto e la Striscia di Gaza. Il pullman con a bordo la delegazione dei parlamentari del Partito Democratico, del Movimento 5 stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra ha attraversato chilometri di deserto per arrivare al valico. 
"Il Dolomiti", 5 marzo 2024

 

"Naturalmente non ci hanno lasciato oltrepassare il muro e il cancello del confine - dice la deputata trentina Sara Ferrari - mentre nessun civile palestinese può uscire". Lì è avvenuto l'incontro con il capo locale della Mezzaluna rossa che gestisce per la comunità internazionale l’arrivo degli aiuti umanitari e poi ci raggiunge il responsabile dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che opera all’interno della Striscia, per offrire supporto di base alla popolazione".

La deputata trentina in quota Partito Democratico prosegue il racconto per il Dolomiti di quel vede dopo essere atterrata in Egitto nell'ambito della missione organizzata dalla delegazione parlamentare per documentare e sensibilizzare l'opinione pubblica rispetto a quanto avviene nella Striscia di Gaza.

Un'area, come purtroppo noto, martoriata e sottoposta a bombardamenti e operazioni militari di terra dell'esercito israeliano a seguito del terribile eccidio del 7 ottobre scorso nell'attacco lanciato da Hamas che in poche ore ha portato al massacro e alla morte di oltre 1.000 israeliani mentre alcune centinaia sono stati portati nella Striscia di Gaza come ostaggi. 

"Ci dicono che oltre quel muro ci sono accampate 1,3 milioni di persone che hanno bisogno urgente di cibo, acqua potabile e medicine", prosegue Ferrari. "Ci raccontano dei 6.000 orfani che hanno raccolto e inviato nel loro centro a Betlemme, delle donne che non bevono e non mangiano per non aver bisogno dei bagni pubblici, perché c’è n’è uno ogni 600 persone. E poi ci dicono degli aiuti che entrano a singhiozzo, una media da 50 a 100 camion al giorno. Entravano 500 mezzi prima del 7 ottobre. Ne abbiamo visti molti arrivando fin qui, in una lunga colonna chilometrica, poi ci hanno portato a un enorme parcheggio dove troviamo fermi almeno 1.500 camion che rimangono lì bloccati anche per un mese. Cibo e altri beni, inviati da tutto il mondo, che restano sotto il sole. I nostri tre mezzi, quelli delle donazioni italiane del progetto 'EmergenzaGaza', sono riusciti a entrare e i pacchi famiglia sono già stati distribuiti. Scopriamo però che mentre di là del confine si muore, al di qua rimangono bloccati molti beni salvavita".

Si prosegue al capannone della logistica della Mezzaluna rossa a pochi chilometri dal valico, dove viene raccolto, catalogato e stoccato tutto il materiale che l’esercito israeliano non lascia entrare nelle Striscia.

"Nel magazzino vediamo con i nostri occhi anestetici, incubatrici, bombole di ossigeno, sussidi per disabili, generatori, toilette chimiche, depuratori dell’acqua, refrigeratori, autoambulanze, donati dai Paesi europei e dalla Gran Bretagna, ma anche da Brasile, Singapore, Indonesia, Arabia Saudita, Kuwait. Aiuti umanitari che la Mezzaluna rossa è costretta a tenere fermi".

Questa iniziativa della delegazione parlamentare si inserisce nell'ambito della missione promossa dall'Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Rete Aoi). La richiesta è quella di un cessate il fuoco e della liberazione degli ostaggi.

"Dentro la Striscia di Gaza la situazione umanitaria è catastrofica, il sistema sanitario è collassato, mentre fuori ci sono bloccati tutti questi beni salvavita che non hanno il permesso di entrare perché non corrispondono ai requisiti che l’esercito israeliano cambia in continuazione. Il pericolo che Israele paventa è che se questi oggetti entrassero i terroristi di Hamas potrebbero utilizzare le componenti per scopi bellici. Timore comprensibile ma che sembra davvero ingiustificato per molti prodotti e il rifiuto pare più legato al libero arbitrio e sopruso che al rischio reale. Intanto però dentro bambini, donne, uomini muoiono senza aiuti. È inaccettabile che il mondo si mobiliti a raccogliere e inviare i salvavita ma questi non arrivino a chi ne ha estremo bisogno. La comunità internazionale dovrebbe saperlo e fare pressione perché vengano distribuiti, senza smettere di chiedere il cessate il fuoco immediato insieme alla liberazione degli ostaggi israeliani", conclude Ferrari