Negli ultimi cinque anni, a causa del Covid e dell'aumento dei costi di materie prime ed energia - ma non solo - i Comuni hanno faticato molto. E dalla Provincia non è arrivato il sostegno necessario e le misure adeguate per tutelarli.
Alessio Manica, "Il T Quotidiano", 13 febbraio 2024
Le questioni poste in questi giorni dal Cal al presidente Fugatti e all'assessora Zanotelli sono molto importanti e richiedono un rapido cambio di passo rispetto all'esperienza della prima Giunta Fugatti. Noi siamo pronti a fare la nostra parte a patto che il Consiglio provinciale venga coinvolto maggiormente nel rapporto tra Provincia e autonomie locali e a patto che la Giunta riconosca nei fatti e non solo nella retorica il valore fondamentale delle autonomie locali per l'Autonomia trentina e non usi invece questa situazione di debolezza per continuare a centralizzare potere e coltivare un rapporto di tipo consensuale con i singoli enti.
Le tre questioni principali a mio avviso sono la disponibilità di risorse, la possibilità di programmare e pianificare; e la situazione del personale dipendente degli enti locali.
Negli ultimi anni, a dispetto dei tanti annunci, le risorse trasferite dalla Provincia ai Comuni sono diminuite, sia in termini assoluti che relativi. Sono state trasferite meno risorse e questo è avvenuto in uno scenario in cui i costi dell'energia e delle materie prime sono cresciuti in media del 30% ma che in alcuni casi sono raddoppiati. Ci sono stati quattro aggiornamenti in tre anni del prezziario provinciale delle materie prime, ma in parallelo non c'è stato alcun adeguamento del protocollo di finanza locale. Fare un'opera pubblica oggi costa il 30-40% in più di prima del COVID, il costo cambia nel mentre l'opera viene realizzata, e i Comuni non hanno una dotazione finanziaria adeguata. I tanti bandi deserti sono un campanello di allarme che però la Provincia pare non ascoltare. Se si vuole garantire ai Comuni un ruolo centrale nello sviluppo del Trentino gli va garantita un'adeguata autonomia finanziaria e ad oggi le risorse trasferite ai Comuni sono in tal senso del tutto insufficienti. Non vorrei che la Giunta provinciale tenesse i Comuni sul lastrico allo scopo preciso di tornare ad alimentare la logica del «cappello in mano»; questo non è accettabile e svilirebbe irrimediabilmente il ruolo delle autonomie locali e la loro capacità di farsi carico dei bisogni delle persone.
Non meno importante della quantità di risorse è la possibilità dei Comuni di programmare. Negli ultimi anni non solo le risorse sono diminuite ma i Comuni hanno avuto coscienza di quanto gli spettasse solo in corso d'anno, rendendo di fatto impossibile programmare la propria attività di governo. Avere certezza delle risorse base disponibili è un elemento dirimente per consentire agli enti, nel complesso quadro della finanza locale, di programmare e pianificare. Sarebbe in tal senso importante ritornare ad un budget di consiliatura o almeno poter lavorare sulla base di una dotazione triennale.
C'è infine la questione del personale. Moltissimi Comuni sono in sofferenza per la mancanza di personale, i dati forniti dal CAL parlano da soli. Mancano segretari, funzionari, ragionieri, tecnici. E se mancano persone gli uffici rallentano e così la capacità dei Comuni di produrre e fornire servizi ai cittadini. I concorsi pubblici sono spesso deserti ed è evidente il differenziale di attrattività tra Comuni piccoli e grandi. Spesso sono i Comuni più piccoli ad essere meno attrattivi e spesso i dipendenti si spostano nei Comuni più grandi o in Provincia. Il posto fisso non rappresenta più un valore in sé, oggi conta di più la flessibilità, la possibilità di crescere, l'incentivazione, i benefit, il welfare aziendale, la conciliazione lavoro - famiglia, tutti aspetti sui quali i Comuni - ma più in generale il settore pubblico - sono limitati.
La dinamica salariale è praticamente ferma, e ciò si aggiunge ad una rigidità generale del sistema: contrattazioni lunghe, impossibilità o quasi di riconoscere premi ed incentivi o benefit, carriere lente se non bloccate, concorsi pubblici inidonei a riconoscere e premiare le competenze. Che si aggiungono ad una iper burocratizzazione del sistema e a grandi responsabilità, anche sul piano contabile, civile e penale. Il rischio, che è già in parte realtà, è di avere un settore pubblico sempre più vecchio, demotivato e poco qualificato, e a farne le spese è la collettività. Una pubblica amministrazione motivata diventa la prima infrastruttura per rendere un territorio attrattivo e competitivo e su questo è necessario correre urgentemente ai ripari cercando soluzioni nuove sfruttando appieno la nostra Autonomia.
Certamente non è cercando di demolire le comunità di valle o illudendo che i Comuni possano andare avanti negli attuali assetti, come fatto nei cinque anni passati, che si affronteranno queste sfide.