A mente fredda, scontata la delusione, è più facile analizzare il risultato. Così il segretario del Partito Democratico del Trentino, Alessandro Dal Ri, a tre giorni dallo spoglio delle elezioni provinciali, torna a riflettere su un responso delle urne che non era quello atteso. Se da una parte la delusione è forte, dall'altra c'è anche la convinzione che si sono messi i primi mattoni per ricostruire un'alternativa politica vincente in Trentino.S. Casciano, "Il T Quotidiano", 27 ottobre 2023
Per farlo, secondo il segretario, sarà fondamentale un patto a tre tra i consiglieri eletti, i non eletti e i circoli.
Segretario come giudica il risultato del partito e della coalizione?
«Non ci possiamo nascondere, è una sconfitta netta che ci deve far capire tante cose. A cominciare dalla credibilità. Non siamo stati considerati un'alternativa credibile. I trentini vedono le problematiche che affliggono il territorio, come la sanità, però se hanno deciso di continuare sulla strada di prima significa che non hanno creduto nelle nostre capacità di imprimere un cambiamento. Poi c'è la piccola consolazione di vedere il Pd primo partito con un gruppo importante e una coalizione che ha tredici consiglieri. Da qui si deve ripartire. La situazione è molto migliore rispetto a quella frammentata del 2018».
Se il 2018 poteva essere un incidente di percorso, questo voto certifica che il centrosinistra è minoranza?
«Io non ho mai pensato che il 2018 fosse un incidente di percorso. Credo che ci dividemmo perché eravamo deboli e non che risultammo deboli perché divisi. Fu un gran pasticcio, non lo nego. Quindi sì, c'è tanto da lavorare e ora spetta anche a questa pattuglia eterogenea di 13 consiglieri lavorare con i partiti e i movimenti per garantire una presenza costante non solo in aula, ma anche sul territorio».
A proposito di territorio, i circoli come stanno?
«Dopo ogni sconfitta sentiamo il mantra che “bisogna ripartire dai circoli”. Sono importanti ma non ci possiamo negare che siano in sofferenza. Manca la partecipazione ed è un problema che ha tutto il Pd a livello nazionale. In questi mesi noi abbiamo lavorato in controtendenza, aprendone alcuni di nuovi, tra cui quello della Val di Sole, ma non è facile.
Ma i circoli sono ancora importanti?
«Credo assolutamente di sì. Dico solo che non li si può interpretare come la panacea di tutti i mali della politica, ma sono uno strumento importante e da supportare in un contesto complicato di disaffezione».
E come si fa?
«Credo che dobbiamo fare un patto tra circoli, consiglieri eletti e i non eletti che hanno voglia di continuare a impegnarsi».
In quest'ottica ai consiglieri cosa chiede?
«I nuovi consiglieri provinciali dovranno dividersi i territori. Mi auguro che siano presenti e spingano il confronto e il dialogo nei circoli e nei territori. In questo ci aiuta il fatto che abbiamo una pattuglia di consiglieri con provenienze diverse che possono dare rappresentanza a zone differenti del Trentino».
E i circoli?
«Non basta aprire la porta dei circoli, bisogna aprire tutto. Non possiamo aspettarci che siano le persone a venire da noi. Devono essere i circoli, e il Pd, ad andare nelle associazioni, tra i luoghi di lavoro e tra la gente».
Infine parlava dei non eletti?
«Faccio mio l'appello lanciato sul “T” di ieri da Elisabetta Bozzarelli. Nella lista del Pd ci sono tanti non eletti che hanno ricevuto centinaia e anche più di mille preferenze. Persone che hanno competenze e che hanno ricevuto un riconoscimento in termini di voti. Non dobbiamo perdere questo capitale umano».
E come pensa di tenerli nel partito?
«Coinvolgendoli sui gruppi di lavoro che già esistono e ora dovranno occuparsi di questioni concrete, supportando il lavoro dei consiglieri di opposizione e costruendo proposte concrete per il Trentino da presentare in consiglio».
A proposito di non eletti, l'affaire Largher-Burli è un rimpianto?
«Credo che per chiunque sia rimasto fuori per pochi voti ci sia qualche rammarico. È chiaro che loro due si sono erosi qualche preferenza a vicenda. È l'altra faccia della medaglia di una lista competitiva con grande competizione interna. Dispiace anche a me, le sue competenze sul lavoro sono fuori discussione ed è una di quelle figure che andrebbero valorizzate. Se avrà voglia noi lo aspettiamo».
Alle elezioni pare mancato il voto dei giovani. Nel Pd ce ne sono, molti altri fanno attivismo ma faticano a dialogare con la politica.
«Detto che tra i giovani mi ci metto anche io a 35 anni, mi sembra evidente che ci sia una grande difficoltà a coinvolgerli. Lo vedo quando organizziamo eventi su tematiche a loro vicine e la partecipazione è bassa. Significa che con i nostri mezzi non li intercettiamo più. Come fare? Sicuramente i social sono una parte, ma non bastano, sono troppo superficiali. Serve una proposta politica che li interessi e in cui credano. Dobbiamo ricostruire fiducia e entusiasmo. Quello che vedo nei giovani del Pd, dove c'è un bel fermento giovanile, fatto di ragazze e ragazzi che partecipano, si impegnano e si divertono».
Il suo risultato personale come lo valuta?
«Sapevamo che era una lista super competitiva, mi dispiace non essere entrato, ma va bene così. Abbiamo portato tutti acqua garantendo al partito un risultato più importante».
Le hanno chiesto le dimissioni?
«Per ora no. Quando riuniremo gli organi del partito faremo un bilancio generale».
C'è chi ha detto che dovrebbe essere lei a presentarsi dimissionario e lasciare la decisione al partito.
«Non so cosa rispondere. Diciamo che in questo momento non mi sembra utile mettersi a litigare. Dobbiamo difendere quello che abbiamo costruito e usarlo come trampolino verso un'ulteriore crescita».
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