Emergenze ambientali, serve una politica specifica

L’emergenza ambientale è ormai sotto gli occhi di tutti e sta assumendo contorni sempre più preoccupanti, anche per le economie ed i processi di sviluppo dei territori di montagna come il nostro.
Luca Zeni, 14 febbraio 2023

 

La progressione costante di fenomeni atmosferici estremi sembra peraltro destinata a crescere ulteriormente nel tempo ed è quindi necessario far fronte ai rischi complessivi, attraverso una nuova e più articolata politica della programmazione, che deve investire la materia ambientale al pari di quella agricolo/forestale e di quella turistica, che costituiscono gli assi portanti dell’economia trentina.

Su tali delicate questioni, il Consigliere del PD Luca Zeni interroga la Giunta provinciale per sapere se e quali strumenti programmatori la stessa stia predisponendo per fronteggiare le problematiche ambientali ed atmosferiche in atto; se si ritiene di poter costituire un “fondo pluriennale di bilancio” per le emergenze future e se si reputa opportuno produrre un “Piano provinciale per l’emergenza ambientale”, al fine di essere pronti, per quanto possibile, ad affrontare le prossime sfide che l’ambiente e le sue mutazioni pongono al Trentino del domani.

 

LEGGI IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE

 

 

UN PIANO PROVINCIALE PER L’EMERGENZA AMBIENTALE

 

Ormai non si svela nessuna novità, nel sostenere come il riscaldamento globale, che tutti possono osservare quotidianamente anche in questo strano ed asciutto inverno, sia diventato un dato emergenziale di primaria importanza, non solo per l’ambiente, ma anche per le economie ed i processi di sviluppo dei territorio e delle società che li abitano.

 

Si tratta di questioni che, pur nella loro rilevanza planetaria, non possono sfuggire anche alle politiche locali, posto che il rischio di superamento irreversibile delle temperature medie potrà generare eventi imprevedibili e catastrofici. Il crescente calo delle precipitazioni pluviali e nevose annue; le conseguenti e persistenti fasi di siccità; il progressivo e pericoloso scioglimento dei ghiacciai perenni e la tendenza, che pare ormai inarrestabile, appunto verso l’innalzamento dei termometri producono – e produrranno ancor più domani - una frequenza di fenomeni estremi che impattano, anche in modo pesante, sulle produzioni agricole delle aree di montagna e sulla salute degli individui.

 

I dati parlano da soli.

 

Nell’ultimo centinaio d’anni – ed in particolar modo negli ultimi quattro decenni – le temperature medie nell’asta dell’ Adige sono cresciute di circa 1,5 - 2 gradi centigradi, con una forte concentrazione di periodi caratterizzati da pressioni alte e valori estremi e con punte massime superiori a 30 gradi e minime non inferiori a 20 gradi. Al contempo, le precipitazioni annuali nella medesima zona paiono, secondo i dati scientifici rilevati e nella prospettiva del prossimo trentennio, ridursi di circa il 30% del totale medio fin qui registrato. Il nodo del ritiro vertiginoso dei ghiacciai e della loro evidente scomparsa porta poi gli esperti a constatare la riduzione del totale della superficie dei ghiacciai del nostro territorio di oltre un quarto, rispetto alla massima fase di espansione coincidente con la “piccola glaciazione” registrata alla metà del XIX secolo e con una palese crescita in alta montagna dei rischi di crolli di pareti, cedimenti strutturali e colate di fango e detriti pietrosi che potrebbero interessare anche talune aree dei fondovalle.

 

A fronte di questo quadro, emerge chiaramente, soprattutto dall’analisi dei dati elaborati ed offerti dalla comunità scientifica sia in sede locale come continentale e mondiale, un fondale decisamente preoccupante con gravi ricadute, ad esempio, sulla disponibilità di risorse idriche sufficienti; sulle ripetute e lunghe ondate di calore estremo; su eventi di improvvisa intensità e violenza, contrapposti a lunghe scarsità di precipitazioni e via elencando.

 

Si tratta, senza dubbio, di problemi che impattano, a prescindere dalle volontà individuali e collettive, sull’intera fascia socio-economia anche del Trentino e ciò impone ad una politica seria e responsabile l’assunzione di nuove metodologie di governo del delicato settore e soprattutto una più attenta e lungimirante programmazione di interventi e spesa. Non è sufficiente affidarsi infatti alle esperienze fin qui acquisite, mentre è improcrastinabile ormai definire strategie e strumenti di media-lunga durata capaci di agire, ad esempio, sugli ecosistemi delle acque interne e d’alta quota; sulla perdita della biodiversità alpina; sulle anticipazioni fenologiche e su tutto ciò che verrà ad innescarsi in un futuro che è già oggi.

 

E’ innegabile, tanto per citare, l’urgenza di approntare nuove modalità di gestione delle risorse idriche, prevedendo anche il probabile aumento della conflittualità fra diversi utilizzi concorrenti e prestando attenzione alle esigenze dell’agricoltura che, in montagna, abbisognerà di una programmazione di dettaglio e di prospettiva sia per il settore ortofrutticolo, come per quello vitivinicolo e zootecnico. La medesima logica programmatoria dovrà valere anche per la gestione forestale, già pesantemente intaccata dalla pandemia del “bostrico tipografo”, soprattutto in una dimensione di prevenzione alta del rischio di incendi boschivi, originati da attività antropiche, come dalla crescita di eventi estremi.

 

Infine, non va affatto dimenticata la delicata questione della salute delle persone, sia su di un piano diretto come indiretto. Nel primo caso bisognerà tenere in considerazione i rischi di mortalità dettata da accadimenti atmosferici estremi (ondate di calore, bombe d’acqua ecc.), mentre nella seconda evenienza andrà prestata grande attenzione al pericolo di diffusione nella popolazione di nuove e vecchie malattie di natura infettiva, parassitaria e zoonotica, ovvero di trasmissione dall’animale all’uomo come nel caso della ”febbre del Nilo” o dell’ encefalite virale.

 

A ciò si aggiungono poi i contraccolpi derivanti al turismo invernale dalla probabile contrazione delle stagioni, con la scarsezza di neve naturale e la conseguente richiesta di acqua per tenere vivi i vari comprensori sciistici sparsi sul territorio e che danno oggi lavoro a migliaia di persone. Ma non solo. Assisteremo ad una crescita esponenziale della domanda energetica, per alimentare il raffrescamento nelle stagioni calde e quindi dovrà essere riprogrammata la politica dei consumi energetici, posto che quest’ultimi potrebbero subire pesanti conseguenze da una possibile carenza di acqua negli invasi a scopo idroelettrico.

Quello che si sta delineando, senza alcuna inutile drammatizzazione, è insomma un quadro a tinte decisamente fosche e che impone alla politica tutta – e quindi non solo alle maggioranza, ma anche alle minoranze in una logica emergenziale – l’avvio di immediati processi di valutazione, analisi ed elaborazione di risposte a medio e lungo termine, considerato che lo scenario in fase di evoluzione non durerà solo per una o due stagioni, ma rischia di protrarsi negli anni a venire. Si tratta di una nuova assunzione di responsabilità che esce dalle facili retoriche degli slogan e dei populismi, per entrare in una più complessa dimensione di accettazione di pianificazione, previsione e programmazione quali metodi di governo.

 

 

 

Tutto ciò premesso, si interroga la Giunta provinciale per sapere:

 

- se la stessa è a conoscenza della situazione generale citata in premessa e peraltro evidenziata ripetutamente anche dall’ Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente;

 

- in caso di risposta affermativa, come e con quali strumenti programmatori si avvia ad affrontare l’emergenza che si avvicina sempre più anche alla nostra realtà;

 

- se non è il caso di istituire, sfruttando le possibilità offerte dalla specialità autonomistica, un fondo pluriennale di bilancio, allo scopo di creare una particolare dotazione finanziaria volta a fronteggiare le eventuali ed improvvise situazioni di crisi che potrebbero porsi nell’arco dei prossimi anni;

 

- se ritiene necessario ed utile inoltre dotarsi di una nuova e più flessibile politica programmatoria, capace di tenere conto delle trasformazioni in atto e delle prospettive che quest’ultime generano e genereranno;

 

 

 

- se non si ritiene opportuno produrre, infine, una sorta di “Piano provinciale per l’emergenza ambientale”, al fine di affrontare con compiutezza, consapevolezza e determinazione queste prossime sfide dentro il futuro che ci attende.

 

A norma di Regolamento si richiede risposta scritta.

 

 

 

 

 

                                                                                         avv. Luca Zeni