Trento «Dire no all’accoglienza diffusa è un errore». Anche perché «è più efficace e costa meno di quella nelle grandi strutture». Replica così il sindaco Franco Ianeselli alla presa di posizione del governatore Maurizio Fugatti, martedì col via libera al bilancio provinciale, che aveva avvisato il Pd: «Se crede di tornare al modello diffuso sul territorio, la risposta è no, e rimane no».
"Corriere del Trentino", 22 dicembre 2022
Motivando la decisione con problemi già avuti con le comunità. «Anzi», insiste il primo cittadino in una fitta giornata pre-natalizia tra l’incontro per il commiato del prefetto Gianfranco Bernabei e il corteo contro il regime degli ayatollah: «Ricordo la carenza di manodopera, specie nei settori del turismo e agricoltura». Una forza lavoro che può arrivare proprio dai migranti.
Sindaco Ianeselli, con il «no» di Fugatti al modello di accoglienza diffusa si rischia di concentrare tutto sul capoluogo alle prese con l’emergenza dei posti letto per i senzatetto e i richiedenti asilo: cosa ne pensa?
«Penso che sia uno sbaglio. Perché il punto qui non è solo quello di dare un tetto a qualcuno: l’obiettivo vero dell’accoglienza deve essere l’integrazione, che deve passare per un percorso di inserimento sociale, per l’apprendimento della lingua, per l’avviamento al lavoro. Obiettivo che è molto più difficile da centrare quando hai a che fare con grandi numeri».
Il governatore però sostiene che la Provincia in tema di accoglienza ha fatto quello che doveva fare come aprire nuove strutture, aiutare i senzatetto, aumentare i posti letto per i richiedenti asilo di 100 unità.
«Non si può dire che le istituzioni — comunali o provinciali che siano — abbiano fatto il loro dovere se rimangono ancora 100 persone che dormono all’addiaccio con temperature sotto lo zero».
Il modello diffuso, secondo Fugatti, ha già creato problemi alle comunità, per questo non si torna indietro.
«Sui presunti problemi creati dall’accoglienza diffusa io ho una percezione diversa. Mi vengono in mente le donne immigrate accolte a Lavarone, che lavoravano negli alberghi e ben inserite nella comunità: quell’equilibrio faticosamente raggiunto è stato cancellato da un pullman che le ha allontanate e sradicate da un luogo in cui iniziavano a integrarsi. Grazie all’Agenzia del lavoro erano stati attivati molti tirocini, specie nelle piccolissime aziende del settore agricolo e artigianale: tutto azzerato a scapito non solo dei migranti, ma dei territori che hanno perso risorse (investite dallo Stato per l’integrazione) e forza lavoro, tutt’altro che abbondante in Trentino come abbiamo visto nei mesi scorsi, specie nel settori turistico e agricolo. Senza contare che, dati alla mano, l’accoglienza diffusa è più efficace e costa meno di quella nelle grandi strutture: fa dunque risparmiare fondi pubblici».
Con l’aumento degli attraversamenti dai Balcani verso l’Ue (da gennaio a settembre oltre 106 mila secondo l’agenzia Frontex) servirà gestire più persone e aumenteranno i richiedenti asilo: teme difficoltà nella gestione? State valutando l’utilizzo della grande sala d’attesa della stazione Trento-Malè, ci sono altre strutture utilizzabili?
«Riguardo alla Trento-Malè ho scritto al presidente di Trentino Trasporti Diego Salvatore per verificare se sia possibile un’apertura emergenziale. Andrà poi fatto un ragionamento con la Provincia e il Commissariato del governo su altre strutture da dedicare in modo strutturale all’accoglienza. Il confronto sul tema è sempre aperto, bisogna però che ci sia la volontà di affrontare il problema».
Domani (oggi ) alle 17.30 in piazza Duomo ci sarà la protesta dell’Assemblea antirazzista per Mostafa Abdelaziz Abouelela, il 19enne egiziano morto a Bolzano per il freddo. Il sindaco Caramaschi è stato duro nell’attribuire le responsabilità all’assessorato provinciale: un dialogo forse difficile tra le amministrazioni altoatesine, qui va meglio?
«Credo che un punto d’incontro si possa trovare sempre, anche se la visione politica è diversa. Di fronte alla morte di un ragazzo, un’emigrante proprio come lo sono stati i nostri nonni o bisnonni, bisognerebbe chiedere scusa, mettere da parte le ideologie e rimboccarsi le maniche».