Anche la propaganda può essere strabica e la discriminazione a corrente alternata. E’ quanto accade in provincia di Trento dove la Giunta nella seduta del Consiglio provinciale di ieri ha respinto la mia proposta di eliminare il vincolo della residenza decennale per gli incentivi alle famiglie dei nuovi nati nonché di uniformare al requisito universalistico dei due anni di residenza tutte le misure sociali a sostegno delle famiglie con figli.
Alessandro Olivi, 10 novembre 2022
Al fine di accogliere la proposta suddetta non è servita neppure la sentenza del Tribunale di Rovereto che ha espressamente sanzionato come discriminatoria la scelta della Giunta di imporre il vincolo della residenza di 10 anni in quanto contraria alle norme del diritto internazionale e ai principi della nostra Costituzione avverso la quale anzi ieri l’assessore Spinelli ha informato che è stato proposto appello così confermando che quella dell’Esecutivo è una scelta politica e culturale di cui la destra trentina si dichiara convinta e orgogliosa.
Siamo l’unica Provincia in Italia a mantenere nella legislazione una norma così oscurantista ed incivile, più rigida ed escludente dei requisiti previsti a livello nazionale dall’Assegno Universale ispirato proprio dall’esperienza trentina dell’Assegno Unico Provinciale e approvato in Parlamento anche dalle forze politiche omogenee all’attuale maggioranza.
I bambini evidentemente non sono tutti uguali come non lo sono i loro genitori se è vero che la Giunta ha in questi giorni presentato nella legge di Bilancio il nuovo bonus di 5.000 euro per la nascita del terzo figlio prevedendo il requisito di soli 2 anni di residenza.
Evidentemente vengono considerate più “trentine” le famiglie che hanno già due figli rispetto a una giovane coppia che dà avvio a un nuovo progetto di famiglia. Una discriminazione nella discriminazione.
La decisione della Giunta di respingere una proposta capace di restituire al Trentino la reputazione di un territorio capace di promuovere un welfare inclusivo e solidale è grave perché ci rappresenta a livello nazionale e delle altre Regioni come una comunità chiusa e retrograda e soprattutto perché a colpi di bonus non si promuove l’incremento demografico che ha bisogno invece di più conciliazione lavoro-famiglia, più lavoro femminile, più servizi per la prima infanzia.
Ringrazio per il sostegno le molte organizzazioni sociali, religiose e laiche, che in questi giorni hanno sostenuto questa battaglia di civiltà che ovviamente andrà avanti.