Ianeselli: «Trento non ha creduto a FdI. Ora lavoriamo fuori dalla città»

Franco Ianeselli scorre i risultati delle elezioni politiche di domenica. E ripete percentuali già note: «A Trento Pietro Patton ha raggiunto il 50% delle preferenze. La destra è ferma al 30». Ma i dati di «quello che città non è» disegnano un quadro diverso. Con Fratelli d’Italia su livelli altissimi. Ed è proprio su questa distanza che il sindaco del capoluogo concentra lo sguardo per preparare il terreno del centrosinistra autonomista in vista della sfida delle provinciali del prossimo anno.
"Corriere del Trentino", 29 settembre 2022

 

«Si deve lavorare con forza fuori dalla città» avverte il primo cittadino. Che fissa un principio. Quasi ovvio. Ma fondamentale: «Si deve essere presenti sempre, per evitare che la gente abbia un solo interlocutore». E, non meno importante, «si deve essere credibili».

Sindaco Ianeselli, riavvolgiamo il nastro e torniamo a lunedì. La vittoria della destra, di Fratelli d’Italia in primo luogo, è stata netta. Cosa ha portato secondo lei a questo risultato?

«Ci sono diversi aspetti da considerare in questo esito elettorale. Il primo: si assiste spesso alla vittoria di chi sta all’opposizione. Pensiamo a Matteo Renzi, tanto più forte quanto più “rottamatore”. O al Movimento 5 Stelle, il partito del “vaffa”. Così Giorgia Meloni, che con il suo partito si è opposta al governo Draghi. Il secondo: la destra fa leva sull’identità e sull’appartenenza, inserendole in un contesto di chiusura rispetto a un mondo esterno che può intimorire. È una visione che può essere appetibile. Ma che va scardinata: identità e appartenenza possono stare insieme anche in un contesto di apertura verso l’esterno».

Dal nazionale al locale: se Fratelli d’Italia ha raggiunto percentuali molto alte in quasi tutta la provincia, così non è stato a Trento. L’Alleanza democratica per l’autonomia, che unisce centrosinistra e terzo polo, ha ottenuto una vittoria importante con Pietro Patton. Soddisfatto?

«A Trento Patton ha ottenuto il 50% dei consensi. Guardando alla Camera, se ai voti di Sara Ferrari si aggiungono quelli di Roberto Sani del terzo polo si arriva al 51%, con il Patt si sale al 55%. Il centrodestra è fermo al 30%. Quel centrodestra che, con Fratelli d’Italia, ogni giorno descrive una città al collasso, dominata dal degrado: il risultato dimostra che Trento non ha ceduto a questo racconto. Certo, non è andata così nel resto del Trentino».

Come spiega questa differenza?

«Forse in città si respira maggiore fiducia, mentre fuori è più diffusa l’idea che il cambiamento possa rischiare di far perdere i benefici conquistati negli anni».

Sulla presenza nelle valli il centrodestra ha costruito più di una campagna elettorale. Come può invertire la rotta il centrosinistra?

«Bisogna essere presenti tra la gente sempre, non limitarsi agli ultimi mesi di campagna elettorale. Altrimenti i cittadini avranno un unico interlocutore, quello dell’altro schieramento. In città, la nostra coalizione “SiAmo Trento” viene sentita dalla gente».

Intanto FdI è il primo partito anche in Trentino.

«La Lega ha pagato una valutazione dei cittadini sull’inaffidabilità di Matteo Salvini. Gli stessi cittadini hanno oggi preferito l’opzione Meloni, che è sembrata più credibile. Ora la vedremo alla prova del governo. C’è poi un altro aspetto: il saliscendi del Carroccio dimostra che non ha pagato l’azione del governo provinciale».

Non ha pagato nemmeno il bonus da 180 euro annunciato a pochi giorni dal voto.

«Voglio sperare che quell’operazione non sia stata elettorale. Ma era chiaro che non avrebbe spostato nulla».

L’ascesa di FdI, secondo qualcuno, può essere un rischio per l’autonomia. È d’accordo?

«Ricordo che FdI è il primo partito, ma non rappresenta la maggioranza assoluta. Ripeto ciò che avevo già detto: Fratelli d’Italia che parla di autonomia è come Alessandro Savoi che va al centro Bruno travestito da Carola Rakete. Giorgia Meloni sostiene di credere nell’autonomia, parlando allo stesso tempo della necessità di uno Stato più forte. La maggioranza autonomista è quella che governa il capoluogo. E non include Fratelli d’Italia».

Come valuta un governo a trazione FdI nel rapporto tra Roma e il Trentino?

«Lo vedo malissimo. Da rappresentate istituzionale, però, dico che si deve lavorare al massimo affinché non ci siano contraccolpi. E in questo senso la presenza a Roma di Patton come rappresentante trentino è preziosa».

Gli occhi sono già al 2023. A breve tornerà a riunirsi l’Alleanza democratica. Inviterete il Patt al tavolo?

«Innanzitutto è necessario avere rispetto per il Patt. La scelta di non schierarsi non sarebbe stata la mia. Ma non c’è fretta, ora, di portarli al tavolo. Il tavolo deve far emergere decisioni credibili. Si discute e poi, nel caso, si arriva ad una intesa».

Lo spostamento a destra degli equilibri della maggioranza di centrodestra allontana forse il Patt da Fugatti.

«È chiaro che ora il pallino, in vista delle elezioni, ce l’ha FdI. E l’unione con il Patt in questo senso potrebbe allontanarsi. Progetto Trentino? Vedremo cosa succederà. Di sicuro non si dovrà avere con Pt l’atteggiamento di chi spiega loro cosa devono fare. Se si dialoga, lo si fa con rispetto».

Quali sono le priorità sulle quali dovrà impegnarsi l’Alleanza in vista del 2023?

«In primo luogo si dovrà fare un lavoro forte fuori dalla città. E poi è necessario essere credibili».

E il candidato presidente? Dovrà essere una figura esterna ai partiti?

«Mi pare una linea da seguire. Una figura che dialoghi con le amministrazioni, nell’ottica di un unico Trentino, non diviso tra città e valli».