Al Trentino serve un "sistema autismo"

Creando una rete tra i servizi sanitari, quelli dell'assistenza e dell'accompagnamento delle persone che ne soffrono e delle loro famiglie, i percorsi scolastici, le possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Si cerca di superare un approccio meramente assistenziale, attraverso uno sforzo di valorizzazione delle capacità e delle caratteristiche di ciascuna persona, provando così a dare dignità e piena realizzazione del capitale umano individuale.
Sara Ferrari, 4 aprile 2022

 

I disturbi dello spettro autistico rappresentano una disabilità cognitiva e sociale e ciascuna persona ne soffre in maniera propria con caratteristiche diverse, perciò è necessario costruire percorsi individualizzati che portino le persone per le proprie capacità ad essere riconosciute pienamente come cittadini e cittadine che possono essere attivi in modi diversi e non soltanto passivi destinatari di aiuti. Negli anni in Trentino si è molto investito in diagnosi precoce, attraverso un grosso impegno dell'azienda sanitaria in collaborazione con il Dipartimento di scienze cognitive dell'Università di Trento, che consente oggi di avere una diagnosi chiara entro i tre/quattro anni dei bambini e di conseguenza di poter intervenire in modo appropriato per approfondire i casi specifici nelle loro diversità, accompagnando le persone in un percorso di vita che consenta loro di sviluppare appieno il proprio potenziale. In un territorio piccolo e però sensibile come il nostro, l'investimento nelle azioni volte all'inclusione sociale e lavorativa più piena possibile per le persone con disturbi dello spettro autistico è una sfida che dobbiamo affrontare per i singoli, per le loro famiglie, per la comunità che ne guadagna in capitale sociale.

I disturbi dell'autismo sono dati da alterazioni del neurosviluppo in uno spettro ampio e vario, e si manifestano come problemi di comunicazione e interazione sociale, che hanno intensità e caratteristiche diverse, più o meno gravi. Come dice la professoressa Paola Venuti dell'Università di Trento, «sono cervelli che funzionano in maniera diversa, non che non funzionano» e quindi accanto al continuo studio scientifico ed empirico sulle caratteristiche di ciascuno, è necessario che la comunità metta in campo strumenti e operi scelte capaci di progettare percorsi di vita unici per ciascuno, in base ad esigenze differenziate che possono essere di tipo fortemente assistenziale, attraverso servizi residenziali e sociosanitari altamente qualificati che già esistono sul nostro territorio, accanto anche alle esperienze di inserimento lavorativo per i soggetti ad alto funzionamento.

Ciò su cui è diventato necessario fare passi ulteriori è il coordinamento di tutte queste lodevoli iniziative, che prese singolarmente sono di grande qualità ma che insieme possono dare luogo ad un vero e proprio "sistema autismo", un modello di collaborazione a rete tra: azienda sanitaria (con una pluralità di specialisti), mondo scolastico, servizio sociale, associazionismo, famiglie, agenzia del lavoro, categorie economiche. Una scommessa interessante è la nuova frontiera dei progetti di inserimento lavorativo che superino i semplici tirocinii, ma che accompagnino ad una possibile autonomia gli adulti dopo il protetto percorso scolastico. La sfida che dobbiamo vincere come comunità, insieme alla politica trentina, che ha saputo condividere trasversalmente una norma, adesso è di non deludere le aspettative: servono spirito di collaborazione e investimenti.