Trasparenza e assenza di conflitti di interesse sono valori che stanno alla base del rapporto di fiducia tra i cittadini e coloro che sono chiamati a rappresentarli e a rappresentare pro tempore le Istituzioni pubbliche. Valori che vanno conservati con attenzione, soprattutto in questa fase storica dove certamente la politica non scalda i cuori e stenta pure a raccogliere la fiducia dei cittadini.Alessio Manica, 13 dicembre 2021
Per garantire la trasparenza e l'esercizio delle funzioni pubbliche in modo libero dal condizionamento degli interessi privati, l'ordinamento ha costruito un quadro normativo puntuale. Una di queste norme riguarda l'esercizio di attività progettuali da parte del Sindaco e dei membri delle Giunte comunali. Sia la normativa nazionale che quella regionale prevedono infatti che i componenti delle Giunte si astengano dall'esercitare attività professionali nel campo dell'edilizia e dei lavori pubblici nell'ambito del territorio da essi stessi amministrato.
La ragione è talmente evidente che non necessita di molte spiegazioni: che l'Amministratore di un Comune possa, in veste privata, fare dei progetti per conto di quello stesso Comune che rappresenta o per conto di terzi, soggetti alla valutazione e all'approvazione da parte dell'Amministrazione di quel Comune medesimo, cioè di se stesso, è un cortocircuito che non ha bisogno di molti commenti. Cortocircuito che è ancora più rischioso nei Comuni piccoli, come quelli del nostro territorio, dove i rapporti diretti tra cittadini e amministratori sono molto più ravvicinati: per avere certezza di una valutazione positiva del progetto si devono usare i servizi del Sindaco-professionista? E come si può pensare che la valutazione della commissione edilizia comunale sul progetto sia libera ed incondizionata se il progetto è presentato da colui che ha nominato la Commissione stessa e ha delegato - e può quindi revocare - le funzioni a chi la presiede? Sembra persino assurdo doverne parlare tanto sono scontate le cose che sto dicendo. Infatti la Corte di Cassazione nel 2016 ha stabilito che a nulla vale il fatto che il Sindaco deleghi le competenze in materia di urbanistica, edilizia privata o lavori pubblici ad un Assessore; l'obbligo di astensione rimane necessario proprio perché il Sindaco è primo cittadino, che dispone di quelle competenze - tanto che è lui a delegarle - ed ha il compito di garantire quei valori di cui sopra.
La situazione sembra insomma chiara, eppure in Consiglio Regionale la maggioranza, nonostante le proteste dell'opposizione, ha approvato una norma che permette al Sindaco di proseguire nell'attività di progettista anche all'interno del proprio Comune qualora deleghi le competenze in materia di urbanistica, edilizia privata o lavori pubblici ad un suo Assessore. Lo ha fatto in barba alle sentenze, in barba all'etica che dovrebbe guidare l'azione del legislatore e, mi sia permesso, un po' anche in barba alla decenza.
Come ha riportato la stampa, l'aggravante sta nel fatto che questa modifica normativa vuole dare risposta ad un caso puntuale, caro alla Svp, relativo alla situazione particolare del Sindaco di Brunico, da cui l'appellativo di "Lex Griessmeier". Eppure non si dovrebbero forzare ed adattare le norme alle proprie esigenze e ai propri interessi particolari. La Svp lo ha fatto con la complicità della maggioranza trentina, della Lega, della Civica, di Forza Italia, e di Autonomisti popolari, oltreché dell'Assessore regionale agli enti locali del Patt. Lo ha fatto con l'appoggio furbastro del Presidente Fugatti, che per non prendere posizione ha definito la scelta come "una questione d'aula". La modifica normativa, dice la maggioranza, è stata approvata sulla base di un parere del Consiglio delle Autonomie Locali che il Presidente Fugatti ha riferito di "avere ricevuto verbalmente", ma che ovviamente non è mai pervenuto - e mai perverrà - in forma scritta.
Abbiamo insomma assistito ad uno spettacolo ben poco degno, di quelli che qualche anno fa avrebbe scosso non poche coscienze, e di cui mi vergogno profondamente. Si fa un gran parlare del futuro della Regione in queste settimane, ma con questa decisione la maggioranza ha palesato un'interpretazione della sede regionale come luogo di spartizioni e reciproci favori, di "piazeroti" come si diceva un tempo in Trentino. Con quell'emendamento siamo diventati gli unici in Italia a legittimare il conflitto di interessi, un ennesimo capolavoro di esercizio al contrario della responsabilità di essere terra autonoma: invece che tendere ad essere i migliori si fa a gara per essere i peggiori, usando persino l'Autonomia per promuovere conflitti di interesse e situazione di vantaggio personale.
Resto convinto che prima di prendere certe decisioni bisognerebbe pensarci bene, evitando di banalizzarle, e chiedersi quali conseguenze possano avere a medio-lungo termine. Perché decisioni come queste allontanano sempre più chi governa dai cittadini, fa sembrare la politica un privilegio e alimentano quella disaffezione che fa degli indecisi e degli astenuti il primo partito in Italia. Mi auguro che il Governo impugni la norma e eviti alla nostra Autonomia di fare una così brutta figura.
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Partito Democratico del Trentino