Rispolverano una parola una volta carissima alla sinistra, Roberto Pinter ha introdotto parlando di «necessità di fare autocritica» il confronto sulla Autonomia, tema del secondo appuntamento dell’ Agorà Democratica: il contributo che il Pd vuole dare al dibattito politico trentino.L. Marsilli, "Corriere del Trentino", 3 dicembre 2021
Autocritica per comprendere come sia stato possibile quello che è successo nel 2018: avere lasciato che i cardini e le ragioni dell’autonomia venissero talmente dati per scontati dall’elettorato trentino da portarlo ad affidarla a chi già in modo programmatico, oltre che per struttura di pensiero, la considerava poco o nulla.
Quindi Autonomia oggi degradata a mera gestione di risorse, e come tale indifendibile ma anche inutile. Addirittura Autonomia come limite, se è vero come ha detto Sara Ferrari che il bilancio appena presentato prevede per il Trentino una crescita inferiore a quella nazionale. E il bilancio è lo strumento attraverso il quale si progetta e pianifica la crescita. Rinunciare a pensare in questa fase di grandi risorse in arrivo dal Pnrr — secondo la consigliera del Pd — a riforme che rilancino il sistema Trentino, ponendo le basi per una innovazione che sia garanzia di benessere futuro come effetto delle risorse che si possono investire, è triste ed avvilente. Il rischio, come ha sintetizzato poi Francesco Valduga, è di passare dall’Autonomia come sforzo di fare di più con meno, a una Autonomia che fa meno con più. Ovviamente indifendibile.
Lorenzo Dellai ha ragionato a lungo sugli errori del passato e sulle cause della sofferenza oggi dell’Autonomia. Condensando molto il suo discorso, riconducibili alla rinuncia a produrre politica. Politica come sperimentazione e come costruzione di valori, come capacità di dare prospettive ai cittadini ed elementi nei quali riconoscersi. Questo si è rinunciato a fare, andando verso una Autonomia come mera gestione di risorse che non poteva che implodere. Coerenti i suoi suggerimenti per superare questo momento. Bisogna ricostruire una identità comunitaria. Bisogna rilanciare il rapporto con Bolzano nell’elaborazione di strategie e valori culturali comuni. Bisogna recuperare una autonomia «ardita, dinamica e integrale», che non rinunci mai alla responsabilità di pensare e inventare il futuro del Trentino e difendere le proprie prerogative. Infine riprendere un percorso di autogoverno diffuso dell’autonomia. Con quella riforma istituzionale delle Comunità di Valle che permetta ai Comuni, soprattutto minori, di sottrarsi dall’accentramento tecnico e politico della Provincia.
Sul terreno della gestione dal basso, lo hanno seguito i sindaci Franco Ianeselli e Valduga. Per Ianeselli la partita del Pnrr si sta risolvendo in una serie di bandi in cui i singoli comuni cercano di portare avanti le proprie necessità. Senza una regia comune, che avrebbe dovuto essere della Provincia, che eviti il rischio di uscirne con un collage inorganico e quindi non funzionale. In altre parole, di buttare le risorse in arrivo.
Valduga ha invece rilanciato il ruolo dei Comuni nel ricostruire dal basso un nuovo senso di unione e di comunità, che sappia ridare partendo proprio dai valori di appartenenza e collaborazione un nuovo contenuto valoriale e culturale alla nostra Autonomia. Superare l’impostazione divisiva della politica, le scorciatoie del mettere le città contro le valli, i trentini contro chi trentino non è, il pubblico contro il privato. «C’è un grande lavoro culturale da fare, bisogna tornare nei territori. Una rigenerazione che deve essere anche della politica: solo in questo modo un progetto alternativo a quello che governa oggi il Trentino può avere delle concrete possibilità di successo».
L'INTERVENTO DI ROBERTO PINTER
La domanda che ho posto ai partecipanti alla Agorà Democratica “L’Autonomia ,una comunità e le sue istituzioni” non è stata “come pensate di difendere l’Autonomia?”, bensì “perché non l’abbiamo difesa al punto da affidarla a chi non ha una idea autonoma della Autonomia trentina?”
Non parlo delle sventure elettorali del 2018 che già erano scritte, ma della colpevole riduzione dell’Autonomia alla sua amministrazione e pure intrisa di supponenza.
L’Autonomia non può essere ridotta a delle risorse affidate a delle istituzioni per gestire delle competenze, perché l’Autonomia è un bene prezioso, una colossale occasione di emancipazione di un territorio che può autogovernarsi e costruire una Comunità partecipe e responsabile.
E invece si è data l’Autonomia per scontata, si è lasciata crescere la disaffezione per un bene comune del quale la popolazione non era chiamata a condividerne la gestione.
E così le intuizioni e le innovazioni si sono smarrite , le riforme si sono inaridite ed è prevalsa la dimensione del governo/amministrazione, invece che quella del governo partecipato e volto a costruire un futuro nel quale riconoscersi.
E se c’è indifferenza per le sorti dell’Autonomia e per chi la governa non è solo sconfitta della politica, è anche segno della crisi di una classe dirigente che ne doveva assicurare la specialità, pubblica amministrazione, cooperazione e imprenditoria trentina in primis.
Abbiamo inseguito il consenso dei territori lasciando che crescesse la contrapposizione tra città e comunità di valle, ignorando il fatto che sarebbe arrivato chi avrebbe promesso ancor di più.
E ignorando che la maggioranza degli elettori non si limita a misurare il governo provinciale sulle opere pubbliche realizzate o sull’entità dei trasferimenti, ma guarda alla possibilità di riconoscersi in un messaggio, in un progetto, in un linguaggio e nelle persone che si candidano a governare.
E se il centrosinistra autonomista non ha offerto un orizzonte per il quale valesse la pena spendersi, non c’è da meravigliarsi che si sia girato da un’altra parte, per un orizzonte certamente più ristretto e chiuso ma più rassicurante nella sua semplificazione, nella individuazione di nemici certi e perfino nella modestia della proposta.
Per questo ho chiesto a Dellai, Ferrari, Ianeselli e Valduga di evitare la facile retorica, di considerare la necessità di autocritica e di individuare precisi obiettivi per i quali lavorare.
Certo denunciando gli errori e le scelte della destra che ricacciano indietro il Trentino, che rimettono in discussione la comune azione con Bolzano, che obbligano a rivolgersi allo Stato per difendere i diritti costituzionali, che rinunciano al laboratorio della specialità e che irridono alla partecipazione e alla costruzione di comunità consapevoli e protagoniste.
Ma anche considerando gli errori commessi dal centrosinistra, le presunzioni, le rinunce a fronte della ricerca di facile consenso. Perché non si tratta solo di cose da fare, ma anche di cose da cambiare.
E rigenerare i campi politici è necessario, anche per assicurare il ricambio delle risorse umane chiamate ad una proposta di governo dell’Autonomia che guardi in avanti e che dia delle risposte a chi si aspetta che l’Autonomia sia protagonista e non solo spettatrice rispetto ai grandi e globali cambiamenti.
Si tratta in fondo di immaginare e costruire una Autonomia che dia il suo contributo ad un cambiamento necessario se vogliamo assicurare su questo pianeta e in questo territorio un futuro all’umanità, e che offra la possibilità a ciascuno che vive in questa terra di avere un lavoro, una dignità e dunque una piena cittadinanza e non solo una chiamata elettorale.
Roberto Pinter (Agorà Democratiche).
Trento 2 dicembre 2021
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