Dopo la triste vicenda delle dimissioni del direttore del Centro Servizi culturali “S. Chiara” di Trento; dopo la presa di distanza del presidente del Centro rispetto alle volontà della Giunta provinciale che hanno prodotto tali dimissioni e dopo la polemica sorta attorno alla confusa attività di una Commissione esaminatrice per l’assunzione di un direttore delle industrie culturali e creative del Centro, è palese la paralisi dell’attuale “governance” dell’ente, per alcuni versi resa impotente dai “diktat” della Giunta provinciale e per altri dallo stallo gestionale in cui versa ormai da tempo il Consiglio d’amministrazione, a causa dell’ “autosospensione” di un suo componente.Trento, 24 settembre 2021
Forse si tratta di coincidenze o forse di un metodo di lavoro che, in pubblico si fa paladino di una linea di comportamento improntata alla massima trasparenza ed in privato agisce in senso diametralmente opposto, come pare emergere dalle notizie di stampa.
Nell’attesa di capire meglio i contorni della questione riferita alla nomina di questa nuova figura dirigenziale, ci si meraviglia però della poca accortezza di tutti i soggetti coinvolti in questa situazione, meraviglia resa più acuta dalla consapevolezza della rilevanza delle figure interessate.
Ma ciò che merita approfondimenti di natura tecnica e politica è anzitutto la situazione di blocco delle attività del consiglio d’amministrazione, congelato da liti intestine fra esponenti della maggioranza di governo e che la Giunta provinciale appare del tutto incapace di risolvere, a partire dall’ “istituto dell’autosospensione”. A quanto risulta infatti, non sembra essere contemplato, a tutt’oggi, dalla giurisprudenza italiana, né da quella provinciale un simile istituto giuridico e allora cos’è quindi questa “autosospensione”, alla quale si richiama un membro del c.d.a. stesso per non svolgere i suoi compiti istituzionali, se non un ingiustificata mancanza di partecipazione alle attività alle quali la nomina pubblica lo ha chiamato?
Posto che l’ “autosospensione” appare poco fondata giuridicamente, più responsabili e più concrete sarebbero le dimissioni dall’incarico che, fra l’altro, toglierebbero da ogni imbarazzo la Giunta provinciale e lo stesso consiglio d’amministrazione, se la frattura interna a quest’ultimo risulta, come è ormai evidente, del tutto insanabile. Dimissioni del consigliere interessato o di tutto il consiglio d’amministrazione, qualora la situazione non avesse a trovare degna soluzione.
Tutto ciò premesso, si interroga la Giunta provinciale per sapere:
– a quale profilo giuridico fa riferimento l’ipotizzato istituto dell’ “autosospensione” e come si configura eventualmente la stessa, ovvero quali obblighi ed opportunità rimangono in capo a chi ne fruisce;
– se tale istituto però non esistesse nelle forme giuridiche, come si possono considerare l’atteggiamento e le scelte operate da un singolo componente del c.d.a dell’ente, nominato dalla stessa Giunta provinciale, che non partecipa ai lavori dell’organo di governo nel quale è stato nominato. In altre parole, la Giunta pro- vinciale intende revocare l’incarico a tale persona o chiederle alla stessa le di- missioni;
– per quali ragioni si è voluto istituire la figura del “direttore del ramo industrie culturali e creative”, nel contesto di un’organigramma che non la prevedeva e quali sono i compiti che tale figura dovrebbe assolvere, posto che si ipotizza per la stessa un’assunzione temporanea (un anno) e quindi si deduce che il progetto non è permanente;
– quanti e quali sono, a tutt’oggi, i consulenti dell’ Assessore provinciale alla Cultura e per quali materie specifiche, nonché quali compensi gli stessi riceva- no per le loro attività consulenziali;
– quali intenzioni ha maturato o sta maturando il c.d.a. dell’ente in relazione alla prosecuzione o meno dei lavori della Commissione incaricata di individuare il nuovo direttore del ramo industrie culturali e creative ed a fronte delle polemi- che apparse sulla stampa locale in questi giorni.
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