Per affrontare la crisi economica, prodotta dalla terribile pandemia di Covid, la giunta Fugatti ha deciso di seguire una strada molto diversa da quella scelta dal governo Draghi, in stretto raccordo con le istituzioni europee. Facendo leva sulla sua riconosciuta, grande autorevolezza in Europa, Draghi ha potuto ottenere per il nostro paese la quota più consistente dei massicci finanziamenti comunitari, ai quali ha aggiunto una massa altrettanto imponente di risorse statali.Giorgio Tonini, 17 luglio 2021
Si tratta in entrambi i casi di risorse a debito, che espongono quindi il nostro paese e l’Europa tutta ad un forte rischio: se queste risorse si limiteranno a tamponare le falle prodotte dalla pandemia, senza innescare un processo di crescita strutturale, robusto e duraturo, finiranno per fare del male a noi e ai nostri figli e nipoti, che si troveranno a far fronte ad un debito insostenibile. Per scongiurare questi rischi e mettere in moto il circuito virtuoso della crescita strutturale che ripaga il debito, il governo Draghi sta quindi mettendo in campo, accanto alle risorse, un pacchetto non meno consistente di riforme. Risorse e riforme, nell’Agenda Draghi, compongono un binomio inscindibile. Le risorse sono fondamentali, non solo per tamponare gli effetti devastanti, sul tessuto economico e sociale del nostro paese, della crisi peggiore dal dopoguerra ad oggi, ma anche per creare quel clima di consenso sociale e politico che è indispensabile per realizzare le riforme. A loro volta le riforme, aumentando il livello di produttività totale del nostro sistema-paese, sono indispensabili per innalzare in modo duraturo il tasso di crescita, obiettivo a sua volta imprescindibile per ripagare il debito che ha generato le ingenti risorse mobilitate.
Al contrario dell’Agenda Draghi, che cammina spedita utilizzando le due gambe, la gamba risorse e quella riforme, che si sostengono e spingono a vicenda, l’Agenda Fugatti, messa nero su bianco nel Defp, il documento di economia e finanza provinciale in discussione in Consiglio, ha deciso di far camminare il Trentino su una gamba sola, per così dire saltellando. È la gamba delle risorse, che contrariamente alle preoccupazioni che tutti nutrivamo lo scorso anno, quando si temeva una crisi finanziaria della Provincia autonoma, prodotta dal crollo delle entrate fiscali e dalla simultanea impennata delle spese, a cominciare da quelle sanitarie e assistenziali, anche e soprattutto grazie al massiccio intervento della finanza statale, si è rivelata stabile e robusta. Grazie agli accordi col governo Conte bis, confermati da quello Draghi, il nostro sistema autonomistico sta attingendo a piene mani alle risorse generate dall’indebitamento statale e comunitario. L’unico problema che ha la Provincia è riuscire a spenderli, presto e bene, tutti questi soldi. Finché durano, ovviamente. Già, perché presto finiranno e si tornerà al finanziamento ordinario delle nostre autonomie speciali, attraverso la compartecipazione al gettito fiscale. E a quel punto, sarà il reddito prodotto in Trentino che determinerà anche il livello delle entrate fiscali della Provincia. Dunque, anche noi dovremmo utilizzare le ingenti risorse straordinarie di cui disponiamo per rendere possibili le riforme che ci consentiranno di crescere di più e meglio domani.
La gamba delle riforme invece, nell’Agenda Fugatti, semplicemente non c’è. Al contrario di Draghi, che sta usando la crisi come opportunità per fare riforme che l’Italia attende da decenni, il presidente Fugatti ha usato e continua ad usare la crisi come alibi per non fare le riforme che servirebbero al Trentino e con le quali il Trentino potrebbe contribuire da protagonista al processo riformatore nazionale. Per fare solo un esempio, tutti in Trentino si lamentano del peso eccessivo della burocrazia, che rappresenta un freno potente alla crescita della nostra economia. Ma nell’Agenda Fugatti non c’è traccia di una riforma della nostra potente e pesante pubblica amministrazione. A Roma, il ministro Brunetta (che non è del Pd, ma da sempre di Forza Italia) ci sta provando, ci crede, ce la sta mettendo tutta. Al posto di Fugatti sarei andato a Roma con una proposta per il ministro Brunetta: il Trentino si candida a laboratorio di sperimentazione di una profonda innovazione della nostra pubblica amministrazione. Se non ora, quando? Abbiamo alle spalle mesi di lavoro a distanza, che hanno rappresentato una sperimentazione inedita, per quantità e qualità, di modalità nuove di lavoro. C’è un contratto da rinnovare e che invece di essere usato per fare cattiva propaganda contro i dipendenti pubblici andrebbe sfruttato come occasione di scambio attorno a obiettivi di qualità e produttività. E c’è un enorme turn-over da gestire, facendo entrare figure professionali nuove nella pubblica amministrazione, e non da sprecare riempiendo i buchi sulla base di vecchi criteri.
Insomma, quale situazione migliore per far evolvere il lavoro a distanza in vero smart-working, ossia lavoro misurato sulla base dei risultati sostanziali (il numero di pratiche evase, per esempio) e non sulla base del tempo di mera permanenza, poco importa se attiva o meno, negli uffici pubblici? E invece, la retorica leghista si sta compiacendo del ritorno al lavoro in presenza, “come prima del Covid”, come se la risposta alle giuste lamentazioni contro il peso della burocrazia potesse essere riprodurre esattamente le condizioni che hanno determinato quelle inefficienze, anziché intervenire in profondità per rimuoverle e superarle.
Si potrebbe continuare citando la mancata riforma del sistema dei comuni: la tanto annunciata “rivoluzione” leghista si è tristemente arenata in un penoso commissariamento delle comunità di valle, in pratica fino alla fine della legislatura, nel silenzio scandaloso e imbarazzante del CAL (il consiglio delle autonomie locali, organo di rappresentanza dei sindaci) e del suo presidente. Un silenzio sulle mancate riforme, pagato a suon di risorse per i comuni, tipico esempio di uso delle risorse per impedire, anziché per facilitare le riforme. Il contrario esatto dell’Agenda Draghi. Il problema è che l’Agenda Fugatti, il Defp 2022-2024, era l’ultimo treno di questa legislatura sul quale far salire le riforme necessarie al Trentino per restare nel gruppo di testa delle regioni italiane. Purtroppo per tutti noi, la giunta provinciale e la maggioranza politica che la sostiene hanno deciso di farlo passare invano. Costringendo una comunità orgogliosa della sua storica autonomia a riporre tutte le sue speranze solo nel governo nazionale.
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