Le recenti polemiche sorte attorno alla gestione del Centro Servizi culturali «S. Chiara» di Trento hanno indotto alcune riflessioni, fra le quali spicca quella della consigliera di Fratelli d’Italia Ambrosi, la quale ipotizza un rilancio dell’ente anche attraverso una fusione con il Coordinamento Teatrale Trentino.
Luca Zeni, "Corriere del Trentino", 15 luglio 2021
L’idea, non nuova, gira da molto tempo sui tavoli dei «decisori» della cultura provinciale, senza esser mai approdata a nulla, nonostante l’impegno profuso in passato in tale direzione. Ci sono infatti alcuni ostacoli nel fondere, ad esempio, un ente pubblico con un’associazione privata, seppur composta da enti pubblici, così come si sono sempre registrate forti resistenze da parte dei Comuni soci del Coordinamento Teatrale Trentino nell’affidare le proprie programmazioni a un soggetto sempre apparso, almeno in passato, più urbanocentrico che non attento alle periferie. Si dovrebbe inoltre avviare un confronto approfondito con i Comuni di Trento e Rovereto, soci sia del Centro «S. Chiara» sia del Coordinamento Teatrale Trentino. Nonostante tali difficoltà quel ragionamento potrebbe però essere ripreso proprio ora che il Coordinamento ha costituito i suoi nuovi organi e che il «S. Chiara» pare alla ricerca di una nuova definizione. Sarebbe un segnale concreto per una politica culturale che, fin qui, sembra aver latitato soprattutto sul piano provinciale. La suggestione di un nuovo soggetto, terzo rispetto al quadro attuale, potrebbe non essere insomma peregrina.
In un tempo di contrazione delle risorse e a fronte di una crescente omogeneizzazione della domanda culturale del territorio, ipotizzare la costituzione di un nuovo ente — partecipato da Provincia e Comuni, capace di assolvere a compiti programmatori e organizzativi e al contempo attento ai nuovi orientamenti culturali nazionali e internazionali e alla collaborazione regionale ed euroregionale, ma anche alle esigenze delle periferie e delle valli - potrebbe essere un elemento di vera innovazione.
Si tratta di un progetto ambizioso e che va fondato su una seria logica programmatoria, non ridotta a mera lista della spesa, bensì capace di guardare avanti e di interpretare la domanda sociale e culturale. Ma si tratta anche di un traguardo politico in una Legislatura segnata da un forte immobilismo del settore, da una ricerca esclusiva del consenso, attraverso monetizzazioni poco impegnative sul versante dell’innovazione e da una impronta dirigistica pubblica che lascia più di una perplessità.
Pur consapevoli delle difficoltà, su un simile percorso si potrebbero trovare condivisioni diffuse e inattese, anche in un’ottica di uso efficace della spesa, purché vi sia, a monte, un processo condiviso e una visione non piegata sulle convenienze momentanee o sulle sciocche concorrenze territoriali, ma aperta e proiettata in avanti. Tutto ciò potrebbe consentire anche quella ormai indifferibile revisione del sistema del sostegno pubblico alla produzione culturale, che da anni si auspica in Trentino e che strumenti come il Fondo provinciale per lo Spettacolo non paiono essere riusciti a soddisfare, alimentando ancora una volta dannosi processi di autopromozione di singoli o di interessi parziali. Uno sguardo di riordino potrebbe essere dedicato inoltre al delicato settore della gestione quotidiana degli spazi e dei teatri, attraverso una politica non di delega a terzi, quanto di programmazione e specializzazione delle diverse strutture, prima che divengano obsolete e ingovernabili, come qualche caso sul territorio sta già dimostrando. Aprire un dibattito è compito della politica, parteciparvi è responsabilità di tutti.