Siamo al giro di boa della prima legislatura leghista che il Trentino abbia mai conosciuto. Un bilancio sarebbe d’obbligo, e più serio di quello abbozzato nei giorni scorsi dal presidente Fugatti, prossimo a diventare anche presidente della Regione, se i suoi compagni di viaggio smettono di azzopparne l’elezione: prima il rifiuto di dimettersi dell’ex presidente della Lega trentina Savoi per gli insulti alle colleghe, poi le mancate scuse del consigliere leghista Paoli alla consigliera altoatesina per l’attacco al suo abbigliamento.Sara Ferrari, "Corriere del Trentino", 4 luglio 2021
Fatti e personaggi che la dicono lunga sulla nuova classe dirigente a cui sarebbe affidato il governo della cosa più preziosa che abbiamo: l’autonomia. Con la motivazione della straordinarietà dell’evento Covid, la giunta giustifica una serie di incapacità e di errori che non possono essere tutti ascritti all’emergenza pandemica. Le bocciature ripetute della Corte costituzionale a leggi chiaramente illegittime, nulla centrano con il virus.
Queste si sono susseguite con cadenza quasi mensile: dalla «legge Fuffa» Fugatti-Failoni sulle chiusure domenicali dei negozi, alla sconfitta giudiziaria sul requisito di 10 anni di residenza in Italia, imposto dalla giunta nel 2019, per accedere agli alloggi pubblici o a un contributo per l’affitto, così come per assegnare il bonus di natalità per cui 142 famiglie si sono viste negare il contributo. Chi ci ha guadagnato? Un discrimine che esiste solo nella provincia di Trento, visto che il Parlamento italiano, compresa la Lega, ha stabilito il limite dei 2 anni di residenza in Italia per l’assegno universale per le famiglie. Per non parlare di ciò che la Corte dei Conti ha espresso per voce del suo procuratore della sezione di Trento che ha definito di «particolare censurabilità», la mancata applicazione della legge Madia alla società Autobrennero.
Rischia l’oblio la riforma istituzionale delle Comunità di valle, sostenuta con forza nel programma elettorale leghista per valorizzare meglio i territori non urbani che però sono traditi dalla mancanza di idee, su come organizzare la gestione dei servizi pubblici in un contesto di piccoli comuni come il nostro. Mentre l’ente Comunità rimane commissariato, l’ipotesi che l’assessore Gottardi ha anticipato è che ogni territorio si organizzerà un po’ come crede: aggregazioni e gestioni a geometria variabile. Il trionfo del «non gestire, non decidere, non indirizzare». Intanto il disagio dei sindaci aumenta, come si è visto dalla riforma dei Segretari comunali, dichiarata anch’essa incostituzionale, mentre i comuni rischiano la paralisi per la drammatica assenza di queste figure.
Il Covid oltre a fare da alibi, ha anche avuto la funzione di insegnarci qualcosa? Dovrebbe, ma ancora non sembra. Archiviate le manovre economiche emergenziali, non si intuisce una direzione strutturale per il futuro. Gli investimenti che saranno finanziati dal PNRR si orientano solo a progetti di opere pubbliche. Nulla ancora di chiaro sul completamento della connessione digitale in tutto il territorio. Questa sì che supera oggi la divisione tra territori di serie A e di serie B. Non si intravedono gli investimenti in ricerca e sviluppo, né quelli sull’innovazione sociale.
In questi anni ci siamo meritata la nostra autonomia anche nel suo costante esercizio: lo sforzo di essere un territorio capace di fare sperimentazione e innovazione prima e per il resto del Paese. Di essere all’avanguardia nel trovare soluzioni organizzative e progetti avanzati: nella formazione, nella sanità, nella pubblica amministrazione, nella tutela del territorio, nella innovazione green, nella ricerca. Dov’è oggi tutto questo? Dov’è il coraggio nell’esercitare l’autogoverno? Finora si è stati solo capaci di soffiare sul rancore delle persone per la crisi economica, nel dividere pubblico e privato, valli e città. Sulla scuola nessuna prospettiva lungimirante, sulla cultura tutto tace, sulla sanità non si vede la luce in fondo al tunnel. L’episodio delle inattese dimissioni del direttore generale dell’Azienda sanitaria ha ulteriormente messo in crisi la già complessa organizzazione del nostro sistema sanitario. Intanto arriva lo sblocco dei licenziamenti e la struttura provinciale di Agenzia del lavoro, un tempo fiore all’occhiello delle politiche pubbliche sul lavoro, non ha nemmeno l’organico pronto per far fronte al bisogno di riqualificazione per il ricollocamento delle persone disoccupate.
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