Poche sentenze della Corte costituzionale sono state più “annunciate” di quella depositata oggi, che sancisce l’illegittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Trento n.4 del 2020, sulle chiusure domenicali degli esercizi commerciali.
Come ha ricordato la stessa Corte nel motivare la sonora bocciatura della “legge Fuffa” Fugatti-Failoni, c’erano già ben sei precedenti sentenze della Consulta sfavorevoli ad altrettante leggi regionali: Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Valle d’Aosta, Veneto, Toscana e Provincia autonoma di Bolzano. Legiferare in presenza di una giurisprudenza così univoca e consolidata si poneva obiettivamente come un atto temerario, che poteva solo esporre la nostra autonomia speciale a fare la figura del provocatore spudorato o del dilettante allo sbaraglio, esporre le imprese commerciali a danni ingiustificati e illudere e tradire le legittime aspettative dei lavoratori.
Legiferare al confine delle nostre competenze è una strategia legittima e intelligente, mirata ad allargare gli spazi della nostra autonomia. Ma un conto è muoversi ai confini per cercare di spostarli in avanti, altro è invadere consapevolmente lo spazio altrui, sfidando esplicitamente e deliberatamente la Costituzione vivente nella giurisprudenza della Corte. Muoversi ai confini significava esplorare la via pattizia di una norma di attuazione del nostro Statuto, come aveva cominciato a fare la Commissione dei 12.
Una via che è stata bloccata dal varo della “Legge Fuffa” e che la sentenza di oggi rende ora assai più impervia. In questi casi, la cosa più difficile è non dire “ve lo avevamo detto”. Non ci riusciamo a non dirlo: eravamo stati facili profeti.
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