Il risultato delle modifiche introdotte dalla delibera della giunta sugli incentivi agli investimenti in sviluppo e innovazione delle imprese sarà quello di ridurre i finanziamenti alla ricerca applicata industriale. La revisione dei criteri attuativi per gli aiuti alla ricerca industriale regolamentati dalla legge per gli incentivi alle imprese (L.P. 6/99) più che semplificare i processi di innovazione dà una sforbiciata complessiva alle aliquote di contributo, nonché alle voci delle spese ammissibili.
Alessandro Olivi, 29 maggio 2021
Tra le criticità del nuovo provvedimento, la prima su tutte è che la revisione delle modalità di attribuzione dei contributi alla ricerca industriale è figlia degli esiti degli Stati generali della Ricerca, svolti nel 2019, rimasti nel cassetto per due anni e riesumati oggi per giustificare un taglio agli incentivi alle imprese, ma nel frattempo è cambiato il mondo. La crisi pandemica, infatti, ha posto problematiche economiche che richiedono investimenti in innovazione e competitività, e quindi un incremento generalizzato di risorse, non una sforbiciata ai contributi, perché i processi di cambiamento nella struttura manifatturiera si sono modificati. Mi riferisco anche al cosiddetto “debito buono” per investimenti che guardano a scenari futuri dell’industria e che necessitano in quanto tali di sostegni per progetti di ricerca a più livelli, come del resto lo stesso PNRR evidenzia.
Inoltre, rispetto al testo previgente non si riscontrano novità significative per quanto riguarda gli strumenti, le modalità di intervento o le procedure, anche rispetto a strumenti innovativi percorribili sui programmi europei.
Tra le misure che destano perplessità c’è poi l’obbligo del coinvolgimento di un organismo di ricerca, pena l’ inammissibilità della domanda. Così come risuona invasivo l’obbligo di pubblicazione dei risultati del progetto di ricerca sul portale dell’Amministrazione. Si rischia un dirigismo pubblico nel campo della ricerca che per sua natura deve essere trasversale e indipendente.
Il nuovo Regolamento evidenzia piuttosto una logica di riduzione dei sostegni alla ricerca industriale, in controtendenza con le molteplici analisi del mondo economico sull’importanza di dare una forte spinta pubblica per l’innovazione digitale, manifatturiera, ecologica, in quanto leve fondamentali della crescita delle imprese e del tessuto economico, nonché di attrattività per nuova imprenditorialità sul territorio provinciale.
Sulla scorta di questi assunti ho deciso in Commissione del Consiglio provinciale di oppormi alla riforma di parte del regolamento attuativo della legge 6 e ribadisco oggi la mia posizione al provvedimento, perché vedo un rischio di dirigismo pubblico, mentre è importante che il settore della ricerca rimanga trasversale e indipendente, al fine di valorizzare i veri talenti imprenditoriali per allinearsi a livello internazionale sul piano della ricerca applicata e di base e giovarsi per la produzione di strumenti innovativi per un futuro migliore.