Valdastico, nessun interesse nazionale

Vorrei intervenire nel dibattito avviato dall’intervento del professor Roberto Toniatti che giovedì ha visto sulle pagine del Corriere del Trentino l’intervento dell’ex ministro dei Lavori pubblici Paolo Costa. Il nodo fondamentale su cui verte la riflessione di quest’ultimo è la non ammissibilità che sulla realizzazione delle grandi opere il «prevalente interesse nazionale» sia esposto agli attacchi di chiunque, con un costante allungarsi dei tempi di realizzazione.
Alessio Manica, "Corriere del Trentino", 27 marzo 2021

 

Non posso evidentemente trovarmi concorde su questa lettura, in particolare se calata sul caso specifico della Valdastico e sul ricorso avanzato dal Comune di Besenello.

Nel caso di quest’opera — e cioè il collegamento autostradale tra il Veneto e la A22 in Vallagarina attraverso la Valdastico — ritengo infatti vi sia una distorsione di fondo in quanto tale infrastruttura non è sostenuta o voluta per il suo rilevante e strategico ruolo nel sistema della mobilità nazionale ma solo e soltanto per il vincolo che essa rappresenta al fine del rinnovo della concessione autostradale dell’A4, e per un interesse che è quindi più privato che non pubblico. I dati e le proiezioni viabilistiche di questa nuova arteria sono lì a dimostrarlo in maniera inequivocabile.

Dal punto di vista dell’impatto sulle connessioni tra i due territori è poi ormai noto come l’opera abbia un sostegno forte da parte dell’imprenditoria vicentina, ma che lo stesso risulta scemante se ci si sposta nelle altre aree venete che guardano con interesse ad altri assi di trasporto, per fortuna non sempre su gomma. L’interesse per il Trentino, inoltre, risulta essere praticamente nullo. Parlare quindi di interesse nazionale mi pare assai difficile.

Una seconda riflessione la voglio fare su quelli che Costa chiama i troppi «mugnai» ai quali oggi la normativa concederebbe di fatto la possibilità di impedire il regolare iter delle grandi opere. Premesso che lo stesso ex ministro riconosce la legittimità giuridica delle azioni intraprese, va in questo caso ricordato che la vittoria del Comune — e della comunità — di Besenello (che ringrazio perché ottenuta a vantaggio dell’intera comunità trentina a mio modo di vedere) c’è stata perché chi ha cercato di attuare l’opera lo ha fatto forzando la normativa. Approvando un tratto parziale, quello veneto, senza cognizione di quale fosse lo sviluppo in parte trentina, si è infatti compiuta una forzatura logica e di legge.

E giungo infine ad un’ulteriore osservazione, legata alle prerogative statutarie che sono riconosciute all’Autonomia trentina. Mi preme ricordare che, in virtù di una norma di rango costituzionale, gli interventi di competenza statale in materia di viabilità possono essere effettuati solo previa «intesa» con la Provincia autonoma; così come mi preme ricordare che l’articolo 5 della nostra Costituzione prevede che la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua il più ampio decentramento amministrativo e adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

La mancanza di accordo sulla parte trentina viola quindi anche il succitato principio dell’intesa, che se da un lato impegna la Provincia ad accettare un confronto nel merito dell’opera, dall’altro prevede che l’opera possa trovare attuazione solo a fronte di un accordo complessivo e ratificato dai rispettivi strumenti urbanistici. La vittoria del Comune di Besenello non è quindi a mio avviso la cartina al tornasole di una normativa inadeguata, ma la certificazione di una forzatura procedurale e di una sorta di arroganza istituzionale.