Gli interpreti dell'Autonomia

Il tema dell’autonomia è sempre stato centrale per il Trentino e per l’Alto Adige/Südtirol, non soltanto per motivi istituzionali e finanziari, ma soprattutto per la concezione stessa della società.
Luca Zeni, "Corriere del Trentino", 24 marzo 2021

Tuttavia rischia oggi di scivolare lentamente nell’elenco degli involucri vuoti e delle rivendicazioni nostalgiche, svuotato di significato dal tentativo di appropriazione persino da chi rappresenta un sovranismo che filosoficamente è l’esasperazione dell’individualismo, e quindi l’antitesi di una concezione relazionale dell’esistenza e delle istituzioni; l’autonomia, appunto. Al di là delle diversità di opinioni — magari non sempre condivisibili, ma comunque rispettabili — circa l’originale scelta in Trentino del Partito Autonomista che, entrato ufficialmente in giunta regionale altrettanto ufficialmente ribadisce la sua opposizione alla maggioranza leghista in Consiglio provinciale, c’è un dato che colpisce della posizione assunta dalla dirigenza autonomista. Si tratta della convinta riaffermazione di una sostanziale incompatibilità fra l’autonomismo regionale e i pericolosi terreni del nazionalismo sovranista e di quel neocentralismo che pare oggi minare gradatamente l’impianto regionalista voluto dalla Carta costituzionale.

Questo è il punto di partenza per qualsiasi nuovo ragionamento politico con l’autonomismo storico. Certamente l’attuale maggioranza che regge il «governo alternato» della Regione è frutto di un innegabile pragmatismo dei numeri, ma ciò non sembra, almeno stando alle dichiarazioni rese fin qui, sgretolare quegli argini che da sempre impediscono alla cultura autonomista di schierarsi su posizioni storicamente e ideologicamente antagoniste alla nostra specialità.

Si tratta di argini costituiti, fra il resto, da un profondo attaccamento alla specialità trentina e alla sua storia, da un europeismo convinto, da un’attenzione alle dimensione sociale della politica non slegata dalle tradizioni del territorio e del cattolicesimo mitteleuropeo, oltre che da una netta opposizione al fascismo in tutte le sue declinazioni.

Ecco perché, probabilmente, le «collaborazioni forzate» con il leghismo salvinista non rappresentano un’adesione organica, che sarebbe un tradimento palese dell’intera storia dell’autonomismo regionale. È con questa consapevolezza che oggi va quindi ripreso, a nord come a sud di Salorno, un dialogo ulteriore con questa componente preziosa dell’identità che lega Kufstein a Borghetto, anche per meglio definire quel concetto di «Blockfrei», cioè di elusione di ogni grande schema ideologico d’area, che pare componente irrinunciabile del profilo politico autonomista, più che giustificazione di scelte contingenti.

Per chi assume la politica come approfondimento di idee e proposte di sviluppo che scaturiscono dal confronto e che puntano al progresso collettivo, risulta evidente adesso la necessità di riflessioni comuni, della convergenza che unisce rispetto alla divergenza che, separando, impoverisce, per conseguire quegli obiettivi.

Il secondo aspetto che emerge è correlato all’ «appeal» che sembra affascinare più di un esponente politico locale, spingendolo a ritrovarsi nelle posizioni di una destra che non pare aver rinnegato le sue antiche radici fasciste e nazionaliste, e che è sempre stata estranea alla storia politica di questa terra. Pur nell’ovvio rispetto delle decisioni di ognuno, si tratta di opzioni che ci debbono interrogare, perché esprimono forse un disagio radicato rispetto alle componenti storiche dello scenario politico locale, ovvero a quelle del popolarismo, del riformismo e dell’autonomismo, quasi che queste categorie fossero oggi incapaci di interpretare il cambiamento profondo in atto. Anche su questi nodi si deve aprire una riflessione su quale idea di sviluppo la comunità trentina e quella sudtirolese intendano investire per il proprio futuro, partendo dalla consapevolezza che sarà vitale sfruttare pienamente le opportunità derivanti dal rilancio dell’asse del Brennero, con il corridoio ferroviario, e con un asse euroregionale che potrà garantire di collocare il l’intera regione in una posizione strategica.