Centrali, la giunta cambi strategia

Il mega computer Joshua, protagonista di War Games, ad un certo punto, sull'orlo dell'innesco di un conflitto nucelare, imparava che in quella situazione di tensione ingestibile ed assenza di vincitori, l'unica "mossa vincente" era non giocare quella partita e attendere quindi il dipanarsi delle tensioni.
Alessio Manica, 11 marzo 2021

È un paragone certo azzardato ma è quello che in un certo senso ritengo si dovrebbe fare in questo momento sul tema delle medie derivazioni idroelettriche: almeno giocarla in maniera diversa. La proposta messa sul tavolo dalla Giunta provinciale, nel tentativo di salvare il possibile prevedendo l'esenzione dalla gare per le piccole derivazioni sotto i 220kw e per quelle già scadute, porterà comunque con sè strascichi negativi anche pesanti, ma soprattutto la rinuncia ad immaginare uno scenario diverso da quello della messa a gara.

Il primo effetto negativo sarà sugli enti locali, che da oggi in avanti vedranno scadere le proprie concessioni e non se le vedranno rinnovate. Mentre quelle che sono scadute in questi anni beneficeranno di un generoso rinnovo, fino a 25 anni, grazie alla norma transitoria. La proposta della Giunta porta con sè pure un alto rischio di impugnative, sia da parte di chi quelle concessioni le vorrebbe che da chi non le vorrebbe messe a gara, oltre evidentemente ad eventuali impugnative del Governo su alcune soluzioni proposte. Su tutto pesa un quadro normativo che fa prevalere la tutela della libera concorrenza in ossequio alle normative europee, mentre manca un intervento del legislatore italiano come degli altri territori alpini che ancora mantengono una normativa diversamente orientata.

Di fronte alla "ineludibile" messa in gara dello sfruttamento dell'acqua si registra insomma una forte resistenza, a mio avviso corretta. L'acqua è il bene pubblico per eccellenza, è limitato, ha molteplici usi ed impatti sulle comunità locali e pertanto la massimizzazione del profitto derivante dal suo sfruttamento non può essere l'unico o il principale profilo di valutazione, quello che ci spinge obtorto collo verso la messa sul mercato. Di fronte a questa situazione ci vuole uno scarto, che non può essere tecnico bensì politico. Credo insomma che vadano valutati altri aspetti e possibilità.

Innanzitutto la necessità di una valutazione straordinaria rispetto alle derivazioni oggi in essere, che vada oltre gli importanti strumenti di gestione delle acque che abbiamo, che deve essere giocoforza anche politica perché necessita di una chiara scelta di campo e di orizzonte. È veramente impensabile immaginare di ridurle, razionalizzarle, scomporle, accorparle? Nel tempo i modi d'uso dei torrenti sono mutati, i cambiamenti climatici non sono più un'opinione ma un dato di fatto ed un'emergenza, le sensibilità delle comunità locali sono cambiate e non possiamo quindi semplicemente discutere del "come" rinnovare, ma anche del "se" rinnovare.

Altra questione. Da più parti viene posto il tema del non mettere a gara le grandi concessioni, ma di utilizzare le possibilità normative per costruire altri modelli che ne consentano un maggior controllo pubblico, una più ampia pubblicizzazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell'acqua, un diffuso coinvolgimento delle comunità locali e una più efficace capacità di contemperare tutte le molteplici esigenze che ruotano attorno all'acqua - civili, agricole, industriali, ittiche, ricreative, sportive, idroelettriche, eccetera. Mi preoccupa molto in questo senso che la Giunta proponga di sancire formalmente che per le grandi concessioni idrolettriche la gara è la modalità di gestione ordinaria, perché è una rinuncia implicita all'utilizzo degli altri strumenti normativi - come la società misto pubblico-privata - che pur abbiamo inserito ad ottobre come previsione nella legge provinciale. E poi, perché non immaginare uno sforzo di questo tipo anche per le medie e piccole derivazioni?

Per fare queste ed altre valutazioni c'è bisogno di tempo, di un confronto ampio, di approfondimenti complessi; ma soprattutto c'è bisogno di una volontà politica chiara e di un percorso ampio e trasparente che abbia l'obiettivo di cogliere il passaggio dei rinnovi come un'occasione per costruire un modello di gestione del bene acqua capace di mettere al centro il ruolo dei territori, di contemperarne i diversi usi e di valorizzare gli investimenti fatti negli anni dalle comunità locali. Si deve scegliere tra limitare i danni districandosi nel quadro normativo o perseguire, con fatica e calma, uno scenario totalmente diverso coerente con il momento storico che siamo chiamati a gestire posto che poi per decenni non se ne parlerà più. Lungo un percorso così orientato la Giunta provinciale può trovare molti alleati, i Comuni e le Comunità, le parti sociali, associazioni di varia natura, i cittadini, il tessuto imprenditoriale e anche molte forze di minoranza del Consiglio provinciale, certamente il Pd del Trentino.