Il testo della relazione introduttiva del segretario del Pd Nicola Zingaretti alla Direzione nazionale del Pd del 25 febbraio 2021
"Il 13 e 14 marzo come sapete è convocata una riunione della nostra Assemblea Nazionale per aprire una discussione sul futuro dell’Italia, il ruolo del PD dopo la formazione del Governo Draghi. È tempo di una rigenerazione del PD. 14 dei 24 mesi di questa segreteria sono trascorsi sotto la pandemia e malgrado questo il PD è tornato protagonista e centrale nella vicenda politica italiana malgrado la sua esigua forza parlamentare".
Ma non c’è dubbio che ora è opportuno comprendere bene le caratteristiche di ciò che è accaduto in questi anni e trovare insieme temi, contenuti e visioni di un nostro ruolo. La nostra idea dell’Italia e dell’Europa. Dovremo cioè scommettere sul PD, un partito di donne e di uomini, suscitare orgoglio rilanciando il suo ruolo nella democrazia italiana, ripensare e radicare la nostra forza nei territori, ripensare una strategia e una proposta adeguata per battere le destre, e governare.
Questo sarà l’obiettivo dell’assemblea ma la discussione di oggi, sul ruolo e la funzione delle donne ne è parte integrante. Come dovrà essere parte integrante dell’impegno che dovremo mettere nel sostenere il governo Draghi.
In queste settimane abbiamo insieme fatto delle scelte, tutte e tutti uniti. Nei 30 giorni successivi al 13 gennaio, giorno delle dimissioni dei ministri di Italia Viva, abbiamo svolto 4 riunioni del Comitato politico, 4 riunioni con i capigruppo di Camera e Senato, una riunione del Gruppo alla Camera e una al Senato, una riunione della Presidenza, 2 riunioni dei segretari regionali e delle grandi città, 4 riunioni della Direzione nazionale, concluse con voti all’unanimità. La linea politica è stata condivisa e scelta insieme e sempre tutto ha avuto una bussola, un’ispirazione, assecondare perché condiviso unanimemente l’appello del Presidente Mattarella ad evitare elezioni politiche anticipate.
Ora l’Italia è in buone mani. Il PD sostiene con lealtà e spirito di collaborazione totale questo tentativo di cambiare l’Italia che vede Draghi protagonista che sentiamo il nostro tentativo. Vediamo in una maggioranza così ampia una sfida. Positiva per la politica da raccogliere che potrà finalmente cimentarsi insieme nel confronto sui contenuti e sulla necessità di costruire e realizzare riforme bloccate da anni. Un programma definito da realizzare insieme per poi riprendere una libera dialettica.
Ma lo faremo partendo dalla nostra identità. I nostri contenuti. Di un partito del lavoro, che veda in questo tema la priorità assoluta dei prossimi mesi. Della sostenibilità ambientale perché crediamo che solo un nuovo modello di sviluppo attento alla terra e all’ambiente può produrre innovazione nelle imprese, benessere e lavoro per le persone.
Della giustizia sociale, perché il principale nemico della democrazia italiana è proprio l’odioso aumento delle disuguaglianze sociali e il blocco della mobilità sociale già in crescita ben prima della pandemia. Della conoscenza e della cultura, per assicurare alle nuove generazioni un futuro.
Di un partito di donne e di uomini in grado di assumere il tema di genere come fondativo della nuova Italia che vogliamo costruire per non tornare all’Italia pre-covid. Il 13 e 14 avremo questa discussione. Ma qui vive l’urgenza, anche di affrontare il tema di oggi, con l’odg di questa direzione.
IL PROTAGONISMO DELLE DONNE PER IL PD È UN TEMA INDEROGABILE
Il tema rappresentanza delle donne non può essere minimizzato. Mi assumo io tutta la responsabilità politica di aver condotto il Pd ad accettare, le scelte fatte, in un percorso difficile, inedito ma positivo, e allo stesso tempo rifiuto l’accusa di guidare un gruppo dirigente non attento o insensibile al tema di genere. Non è questa la nostra, la mia storia. Non è questa la nostra, la mia visione.
Lo abbiamo riconosciuto con grande franchezza: per il Pd la rappresentanza tutta la maschile nella compagine di ministri del nuovo Governo Draghi è stata una ferita e una battuta d’arresto. E non vogliamo archiviarla come se nulla fosse. Nella formazione del Governo, nato su un appello a tutti i partiti fatto dal capo dello Stato per un governo al di fuori delle formule politiche, avvenuta nel pieno rispetto del dettato costituzionale, si è giustamente prestato attenzione tra i criteri anche al rispetto della differenza di genere, guardando all’intera compagine. Non si è realizzato nel rispetto delle diverse delegazioni. E questo ha certamente mortificato storie e sensibilità delle democratiche e del Pd tutto.
Anche se rimane intatto il giudizio che il Pd è rappresentato da forti e autorevoli figure, che ci rappresentano tutti. Il dibattito che si è aperto dopo la scelta dei ministri – anche al netto di strumentalizzazioni dall’esterno, che pure ci sono state – dimostra che da noi ci si aspetta di più. E io raccolgo con responsabilità e con la massima attenzione questa aspettativa. Ripeto cogliendone tutto l’aspetto problematico.
Per questo, in uno snodo fondamentale per la vita del partito e per il futuro del Paese, mentre il nuovo governo muove i suoi primi passi, abbiamo scelto di affrontare a viso aperto e in maniera collegiale una questione che per noi resta centrale e inderogabile. Non è un problema delle donne è un problema di tutto il PD. È nel mio Dna, è nel Dna della mia storia politica, è nel Dna della mia vita da amministratore. Sono un amministratore da 12 anni, avendo sempre vinto le elezioni contro la destra e il Movimento 5 Stelle. Amministro da 8 anni una Regione all’avanguardia sulle politiche di genere, con Giunte dove è sempre stato centrale il protagonismo delle donne e lo sviluppo di vere politiche di genere utili a tutta la comunità, facendo da pionieri in molti cambi come le gare che premiano le imprese che valorizzano la presenza di donne nella direzione.
E un nuovo protagonismo delle donne, anche dentro il partito, è stato uno dei punti programmatici principali del progetto che abbiamo voluto portare avanti in questi mesi. È tutto difficile. Lo so. Raccolgo quindi le polemiche e anche la delusione di tante e tanti su questo passaggio come occasione per rilanciare e intensificare la nostra battaglia. Non solo con le parole, ma facendo nuovi passi concreti in avanti su una direzione di marcia che – lo ripeto – abbiamo intrapreso da tempo.
Oggi possiamo rivendicare di essere il partito politico che nei fatti si batte con più forza perché spazi, diritti ed energie delle donne siano valorizzate a pieno, come condizione indispensabile di giustizia e sviluppo per tutti. Ma soprattutto il partito che ha posto il tema di genere a base di un nuovo modello di sviluppo del Paese.
Un impegno più che mai necessario, nel tempo fragile che stiamo vivendo, il cui prezzo rischia di essere pagato soprattutto proprio da donne e giovani.
– L’Italia è il Paese UE con il secondo più basso tasso di occupazione femminile: 50% contro una media UE del 63% (peggio solo la Grecia). E la pandemia ci ha fatto fare un ulteriore passo indietro;
– Ci sono aree del Paese dove il tasso di occupazione femminile è intorno al 30%, in pratica lavora solo 1 donna su 3.
– Se avessimo il tasso di occupazione femminile medio dell’UE, il PIL potrebbe crescere di circa 7 punti percentuali
Se ci siamo, dunque, dentro questa battaglia, non è solo per un principio astratto, ma nel nome di una visione del Paese e del ruolo delle donne nel mondo. La qualità della convivenza tra uomini e donne ha ricadute sull’intera società: da essa dipende il rispetto dei diritti e delle libertà delle comunità nella loro interezza, insieme allo sviluppo e al benessere di un sistema socioeconomico. Una società attraversata dalle diseguaglianze fra uomini e donne non è solo una società ingiusta, ma è anche una società più fragile.
Le donne, quindi, sono soggetto del cambiamento che vogliamo rappresentare. Non un segmento debole da includere, ma una grande forza da valorizzare. Abbiamo per questo lavorato al Women New Deal come piattaforma programmatica di donne e uomini. Tutto il nostro impegno è finalizzato a mettere le idee, la visione e le proposte di quella piattaforma al servizio dello sviluppo dell’Italia.
L’IMPEGNO PER LE DONNE DENTRO IL PD
Le radici delle difficoltà che sono emerse in questo passaggio sono profonde e, se mi posso permettere, questo nodo così importante aveva perso cittadinanza nel PD. Quando ho iniziato il percorso alla guida del Pd ho indicato da subito come uno dei motivi del declino del Pd in passato è stato anche avere mortificato l’autonomia e la rappresentanza delle donne. Questa consapevolezza non è rimasta sulla carta, ma ha generato scelte per cambiare radicalmente il partito e aumentare protagonismo e spazio per le donne al suo interno. Abbiamo da subito voluto voltare pagina, hanno voluto farlo innanzitutto le democratiche, mettendo in moto un processo di cambiamento molto difficile anche del modo di essere del partito, dei suoi assetti.
Ricordo allora alcuni passaggi di questo sviluppo: il Pd ha di nuovo un luogo autonomo, di elaborazione e di iniziativa politica delle donne, con la Conferenza delle donne. Abbiamo una segreteria paritaria. Le responsabilità dei dipartimenti sono equamente condivise. La coordinatrice in segreteria del programma è una donna. E questa funzione è stata di fondamentale importanza nella fase di costruzione delle nostre proposte per i tavoli di confronto programmatico nei mesi del governo Conte.
Da novembre 2019 nel nuovo statuto per la prima volta c’è la parità di genere come criterio non solo per gli organismi dirigenti ma anche negli esecutivi. La presidenza del partito ora è interamente femminile. Quando qualche mese fa, sono state votate le nuove presidenze delle commissioni parlamentari, sono stata assegnate in modo paritario nei gruppi. Se nella precedente fase del Pd c’era solo il 40% di donne negli organismi dirigenti, dal 2019, durante questa segreteria, la rappresentanza si è alzata al 50%. Il PD è l’unico partito politico italiano che ha questo assetto e ruolo giuridico.
Questo è il Pd oggi. È sufficiente? No. Per questo siamo qui. Siamo in un processo aperto positivo ma aperto, e ancora pieno di contraddizioni. Poche donne dirigono i livelli locali, e poche riescono a candidarsi. Poco questi temi seguono la nostra agenda, nella discussione, nelle nostre proposte. Ma anche addirittura nelle difficoltà a capire quanto miope e limitativo per tutti sia organizzare incontri, dibattiti, convegni dove la differenza di genere non è rappresentata.
L’EMPOWERMENT DELLE DONNE NELLA NOSTRA BATTAGLIA POLITICA
Abbiamo comunque, controcorrente imposto il nuovo protagonismo delle donne nella vita del partito per orientare la nostra azione politica, come forza di governo, nella battaglia parlamentare, nelle realtà locali. Abbiamo indicato da soli la direzione dell’empowerment delle donne come grande questione nazionale che attiene alla qualità della convivenza e del modello di sviluppo. Ci siamo battuti per contrastare un’offensiva sui diritti delle donne che vede in Parlamento e nei vari governi locali, anche oggi, forze politiche retrograde, spesso impegnate a riportare indietro le lancette sulle conquiste faticosamente ottenute dalle donne.
Proprio quando è iniziato il percorso, nella prima assemblea nazionale, abbiamo contrastato l’idea di famiglia gerarchica che stava avanzando dietro le proposte del disegno di legge Pillon e l’appuntamento internazionale dei sovranisti a Verona. Oggi siamo ancora lì. Ancora impegnati nella missione di allargare i diritti e le opportunità delle donne. E a combattere laddove questi vengono negati. Come in alcune Regioni amministrate del centrodestra, che si rifiutano di applicare le linee guida del ministero sulla legge 194. O come in Parlamento, dove c’è ancora qualcuno che evoca lo spettro dell’alienazione parentale per penalizzare le donne separate. La famiglia, che per noi è e sarà sempre quella affettiva, non deve essere un campo di battaglia, ma di affermazione della persona. Ecco dove sta il Pd.
LE CONQUISTE IN PARLAMENTO In questi due anni il Pd è stata una forza che si è battuta in Parlamento per migliorare la condizione delle donne: dalla riforma per l’assegno unico, al congedo di paternità che arriva fino a 10 giorni, tre in più rispetto ai sette già previsti. Investendo nell’occupazione femminile i 500 milioni a Anpal per le politiche attive e l’assegno di ricollocamento, ulteriori fondi per i contratti di solidarietà espansiva.
Ci stiamo battendo per la questione della parità salariale e la condivisione del lavoro di cura. Sempre con la legge di Bilancio 2021 – grazie a una nostra battaglia – è stato introdotto, un primo fondo di misure per incentivare l’imprenditoria femminile.
Più diritti, più tempo, più lavoro per le donne. Questo il nostro impegno.
LA BATTAGLIA SUL RECOVERY Ma soprattutto abbiamo messo le donne al centro del progetto di cambiamento del Paese da realizzare con le risorse per le quali abbiamo combattuto in Europa. Perché sappiamo che se non eliminiamo gli squilibri e le ingiustizie che oggi esistono tra donne e uomini l’Italia non cambierà.
È una delle grandi urgenze del Paese. Lo abbiamo visto con drammatica evidenza in questi lunghi mesi di emergenza sanitaria: le donne sono state in prima fila negli ospedali, nelle scuole, nei laboratori di ricerca e in tutte le professioni più esposte. Eppure proprio le donne sono quelle che hanno subito più di tutti la crisi: hanno perso il lavoro; hanno portato spesso in solitudine il peso della gestione della casa e dei figli durante il lockdown; dentro le mura domestiche molte hanno dovuto subire anche la violenza di mariti e compagni.
Prezioso il ruolo svolto su questo dalla commissione contro il femminicidio presieduta da una donna democratica, Valeria Valente. La pandemia ha ampliato violenze e differenze di genere. Nel lavoro le donne sono state più penalizzate. Tra febbraio e dicembre 2020 in Italia ci sono 425mila occupati in meno, di cui 268mila donne in meno, una contrazione dell’occupazione femminile del 2,4%, il doppio rispetto a quella degli uomini (-1,2%).
Se vogliamo voltare pagina, come Paese, è tempo di rovesciare tutto. Dobbiamo pensare alla ricostruzione. Ed è proprio dal ruolo e dalla forza delle donne che dobbiamo ripartire. Per questo ci siamo battuti perché nel Piano per il Next generation EU fosse assunto come asse portante l’obiettivo della parità di genere, in modo trasversale a tutti i progetti e perché ci sia la valutazione ex ante dell’impatto di genere di tutte le misure. Lo abbiamo fatto grazie all’ascolto e al contributo utilissimo delle associazioni delle donne. Di un tessuto ricchissimo che è una ricchezza enorme della società italiana.
LE DONNE AL CENTRO DELLA NOSTRA PROPOSTA AL PRESIDENTE DRAGHI
Ora, con il nuovo governo e con la necessità di dare forma definitiva al piano italiano su Next Generation Eu, questi obiettivi vanno confermati e rilanciati. Al presidente Draghi abbiamo quindi indicato alcune grandi priorità, delle quali il Pd si farà garante nell’azione di governo e sul quale in Parlamento dovremo combattere: un piano per l’occupazione femminile; parità salariale e sostegni all’imprenditoria femminile; organizzazione sociale più attenta alle donne e tempi di vita condivisi. Questi i grandi capitoli che abbiamo consegnato al presidente Draghi, da declinare in proposte concrete:
Da questa Direzione riproponiamo al Governo “un’agenda per cambiare l’Italia” che rimetta dentro l’idea diversa di Italia, le opportunità e la centralità delle donne. 10 punti da realizzare e per i quali ci dovremo battere insieme.
1. Rafforzare da 10 gg. a 3 mesi il congedo obbligatorio di paternità e aumentare la retribuzione del congedo parentale facoltativo, anche incentivandone l’alternanza tra genitori. Aumentare i nidi e l’offerta educativa 0-6.
2. Una legge sulla parità salariale. Ed è molto positivo l’orientamento del Ministro Orlando di istituire una commissione presieduta da Laura Pennacchi.
3. Riordinare e sostenere gli incentivi, anche selettivi, per sostenere l’ingresso o il rientro delle donne nel mondo del lavoro. Predisporre un piano di assunzioni in settori chiave del sistema pubblico italiano.
4. Rafforzare il Fondo permanente per l’imprenditoria femminile per sostenere e assistere la nascita di nuove imprese e adottare un programma di sostegno dedicato alle start-up innovative.
5. Sostenere la formazione femminile nelle materie scientifiche e tecnologiche (STEM).
6. Investire nell’educazione al rispetto e nella valorizzazione delle diversità, contrastando discriminazioni e stereotipi.
7. Rafforzare la medicina di genere e le politiche di sostegno alla salute riproduttiva delle donne e alle loro scelte procreative.
8. Potenziare la rete dei consultori familiari, garantendo la piena applicazione della legge 194 e delle linee guida ministeriali sull’aborto farmacologico
9. Prevenire e contrastare la violenza maschile sulle donne, valorizzando i centri antiviolenza e accompagnando le vittime dalla fase dell’accoglienza al recupero dell’indipendenza. Bisogna fare di più per prevenire allontanare i maltrattamenti dalle abitazioni e dalla vita, facendo percorsi di autonomia delle donne.
10. Promuovere la presenza femminile nelle istituzioni e ai vertici delle società pubbliche e private. Bilancio di genere come strumento obbligatorio di valutazione dell’impatto delle politiche pubbliche sulle donne e trasmissione cognome materno nel Codice civile.
Su questi punti siamo pronti a dare il nostro contributo. Ma perché queste battaglie siano efficaci e siano portate a termine, credo sia necessario continuare anche nel processo di cambiamento che ci riguarda, che riguarda la forma e la missione del nostro partito.
Propongo di convocare un incontro nazionale delle nostre amministratrici e dei nostri amministratori per proporre di attuare nei comuni e regioni che governano una vera agenda di azioni di politiche di genere.
Ce la faremo a realizzare tutto o in parte questo programma? Dipenderà dalla politica e dai rapporti parlamentari.
Un inciso. I decreti Salvini sono stati approvati da questo Parlamento. Quell’obbrobrio giuridico fu votato nel 2018 da questo Parlamento. Io non ero segretario, ma lo ricordo bene. I decreti Lamorgese che li hanno cancellati sono stati approvati da questo stesso Parlamento. Non ci ha regalato niente nessuno. Nel 2020 grazie al lavoro della ministra, del PD e in particolare dal sottosegretario Matteo Mauri, sono stati approvati
E non è stata la Divina Provvidenza, la differenza è stata la nostra buona politica e l’impegno dei nostri ministri, dei gruppi, che partendo da numeri esigui, ridotti dalla scissione, facendo politica e costruendo alleanze parlamentari hanno cambiato il corso degli eventi e ribaltato gli esiti delle leggi rendendo un servizio al Paese.
Se provassimo ogni tanto a non deideologizzare o polemizzare tutto, ma guardare alle cose concrete tutto sarebbe più semplice. Questo è il PD che serve.
Una forza riformista, con contenuti chiari a vocazione maggioritaria perché ha una proposta per il Paese. Un partito che non vuole essere e non dovrà mai ridursi ad essere una forza solo di testimonianza. Sarà tutto molto più complesso anche perché la nostra rappresentanza, dopo l’esperienza del Governo Conte 2 è tornata ad essere proporzionale alla forza parlamentare determinata dal voto del 2018 e dalle scissioni: da 23 siamo passati a 9 componenti. Ma se dovremo combattere lo faremo, l’unità è 100 volte più necessaria di ieri per non diventare una forza che implode e si allontana dalla vita delle persone.
ADESSO PASSI CONCRETI IN AVANTI: LE NOSTRE PROPOSTE
Poi c’è un’enorme battaglia da fare sulla forma partito, sulla selezione dei suoi gruppi dirigenti e sul nostro modo di stare insieme. Una forza che vuole essere dalla parte delle persone deve essere un partito di donne e uomini, sapendo che è una sfida quotidiana, che riguarda l’applicazione del principio statutario della parità di genere, ma in egual modo la promozione di una cultura attenta alle differenze, a cominciare da quella di genere.
Questo significa un partito del “noi” e che investe seriamente sulla sua identità unitaria, su un agire politico condiviso, forte di un rinnovato radicamento territoriale, aperto alla società. Si può valorizzare il pluralismo politico e insieme investire sull’identità unitaria. In questo con franchezza vedo il limite del nostro modo di stare insieme, che investe di più nei luoghi di parte. Questo determina una selezione dei gruppi dirigenti più legata a queste identità di parte che all’agire comune.
Credo in un partito pluralista, ma unitario, e su questo abbiamo tutti investito in questi mesi. Ma su questo è necessario un cambio di passo, e sicuramente l’autonomia delle donne può aiutare perché portatrice di una identità unitaria.
Vi propongo anche qui di iniziare a ragionare insieme. Da oggi dunque. Con questa discussione nel luogo massimo della direzione politica vogliamo porre e sviluppare questa discussione in luogo plurale e di tutto il PD. Non solo delle donne.
Lo vedo come l’inizio di una consapevolezza nuova necessaria che non può però essere delegata a qualcuna o a qualcuno ma deve essere di tutto il PD e convincere tutte e tutti, è un percorso difficile, ma credo sia l’unico.