L’articolo dal titolo “Un'altra montagna è possibile” pubblicato su L’Adige, a firma dello scrittore partenopeo Erri De Luca, grande amante della montagna e in particolare delle Dolomiti, espone, certo con una poetica di forte suggestione emotiva che gli è propria, una riflessione sulla montagna che a causa della pandemia da covid19 si sta vieppiù facendo voce corale.Tiziano Silvio Cova Segretario circolo PD Fiemme e Fassa, "Alto Adige", 26 gennaio 2021
La pandemia infatti ci ha costretto a chiudere gli impianti da sci, che sono, ben inteso, una risorsa imprescindibile, il pilastro dell’economia turistica invernale del Trentino e più in generale dell’arco alpino. Al contempo questa sosta forzata ci sta mostrando che accanto allo sci da discesa, sport stupendo ma che riflette anche la fretta e la frenesia del nostro vivere, aleggia una ricerca di rapido consumo di emozioni forti.
Ma la montagna, ci suggerisce Erri De Luca, ci sa offrire anche qualcosa di diverso, in questo periodo ci sta regalando dimensioni in gran parte inedite. Sempre più persone riscoprono che la montagna non è soltanto impianti di risalita, non è soltanto quel su e giù veloce dalle piste innevate. La pandemia ci ha spinto a riscoprire un rapporto più lento, più cosciente e anche più rispettoso con la montagna stessa. Si stanno rivalutando attività outdoor come le camminate con le ciaspole e i trekking sulla neve, lo scialpinismo e quello da fondo: tutte attività dove la ricerca del benessere psicofisico si sposa con una maggiore consapevolezza della bellezza, ma anche della fragilità dell’ambiente montano.
La chiusura forzata degli impianti sembra dare impulso a nuove forme di turismo in montagna; quest’ultimo pian piano dovrà uscire dalla stagionalizzazione nella quale lo ingabbiamo per essere esteso anche alle stagioni primaverile e autunnale. Quando la fine di questa pandemia ci riporterà alla vita “normale” credo che sarebbe un grave errore politico non raccogliere ed incoraggiare queste forme “alternative” di turismo in montagna che si stanno diffondendo. Siamo di fronte a un cambiamento delle abitudini per cui è opportuno chiedersi se non sia una politica miope quella di perseguire imperterriti la costruzione di nuovi impianti, come anche in Trentino tutt’ora si tende a fare. Forse è venuto il momento di porre un limite all’industria dello sci da discesa. Come ci impegniamo a non consumare altro suolo con nuove edificazione nei centri urbani, così dovremmo fare anche col “consumo” ambientale della montagna.
In questo nuovo contesto, la proposta dell’autunno 2017 del patron de La Sportiva, Lorenzo Delladio, di smantellare, in tutto o in parte, gli impianti di risalita in uno dei posti più suggestivi del territorio dolomitico, Passo Rolle, per realizzare attività diverse dallo sci da discesa, si rivela oggi un’idea antesignana. Allora, la Giunta di centro-sinistra ritenne di non esaminare quell’idea. Forse i tempi, come si suole dire, non erano ancora maturi. Oggi a mio avviso lo sono, causa la crisi covid19, perché da più parti si sta levando una richiesta di cambiamento. Presso gli antichi greci, la crisi (krino) era un momento in cui meglio si iniziava a discernere, meglio si vedeva la realtà circostante. E la storia ci insegna che è proprio dai periodi di crisi che sono nate le migliori idee che hanno fatto progredire l’umanità.
Sarebbe in definitiva opportuno che la politica provinciale, con una larga impostazione bipartisan (perché su temi di così ampia rilevanza l’appartenenza politica deve fare un passo indietro), affrontasse la questione sin da subito; buon politico è colui che sa progettare nuovi scenari nel medio periodo, non lo è chi si accontenta di gestire il presente alla ricerca dell’immediato consenso.
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