La maggioranza leghista nelle scorse settimane ha annunciato di voler cancellare l’organizzazione dell’Azienda sanitaria prevista in via sperimentale con legge provinciale nel 2017, peraltro senza spiegare i motivi, ed ha presentato un articolo ad hoc nella legge di bilancio.
Trento, 19 dicembre 2020
I diversi modelli organizzativi devono essere adattati a seconda degli obiettivi che si pongono, e il modello approvato dal Consiglio provinciale nel 2017 aveva lo scopo di favorire più possibile la rete ospedaliera e l’integrazione tra ospedale e territorio, superando le rigidità di un’impostazione “verticale”, basata su distretti e ospedali autonomi. In tal modo si mirava a riconoscere funzioni diverse tra gli ospedali, per garantire la maggior qualità possibile, la possibilità di progettualità e quindi di attrattività per i medici, con percorsi di integrazione per la medicina di territorio. Ha funzionato tutto alla perfezione? Sicuramente no, perché un progetto di cambiamento così ambizioso necessita di una guida che sia costantemente “sul pezzo”, con la capacità di sistemare via via le cose che non funzionano, in particolare sapendo che più orizzontalità può portare a delle difficoltà nella “catena di comando”, e quindi occorre trovare i correttivi. Una guida che oggi non c’è, e senza “chi ci crede”, le riforme difficilmente si possono attuare da sole.
La giunta leghista, dopo aver magnificato il sistema fino almeno a giugno 2020, citando l’ottima capacità di reazione del sistema ospedaliero alla fase 1 dell’epidemia, con l’esplosione della fase 2 – con difficoltà in Trentino dovute soprattutto alla mancata programmazione nei mesi estivi, dalla centrale covid al sistema di tamponamento fino all’assistenza domiciliare – ha pensato bene di tornare all’organizzazione ospedaliera precedente, quella prevista in Trentino nel 2010 dall’allora maggioranza Dellai, e così prevede un apposito articolo approvato ieri dal Consiglio provinciale: per andare avanti torniamo indietro di 10 anni, restaurando distretti e vecchi ruoli amministrativi.
Nel corso della discussione del bilancio siamo riusciti a “tamponare” gli ondeggiamenti della maggioranza con due provvedimenti, adottati dal Consiglio:
1) un emendamento, che subordina ad una analisi e ad un confronto l’adozione dei provvedimenti di ripristino del sistema organizzativo precedente dell’Apss. Infatti l’emendamento approvato sancisce che “previa elaborazione di un’analisi della sperimentazione prevista dal comma 6 ter dell’articolo 56 della legge provinciale n. 16 del 2010, nelle procedure per le modifiche dell’assetto organizzativo dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari prevista dall’articolo 56, comma 6 quater, della medesima legge provinciale, è sentito il parere della competente commissione consiliare permanente, del consiglio sanitario, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del comparto sanitario”. Almeno ci si potrà muovere dopo aver fatto una valutazione e un confronto.
2) un ordine del giorno, che riprende lo stesso identico testo di una risoluzione che avevamo proposto e che era stata approvata dal Consiglio provinciale il 20 maggio 2020 (quando ancora la giunta non aveva cambiato idea) e che riassume i capisaldi che dovrebbe seguire il nostro sistema sanitario. Da allora la maggioranza ha dichiarato di voler seguire una strada molto diversa, ma si è vista comunque costretta a riapprovare quel testo che aveva approvato soltanto pochi mesi fa, per non contraddire se stessa. Se lo rispetterà, la riorganizzazione che ha annunciato con qualche slogan la giunta, non farà venire meno obiettivi e principi dell’impostazione che oggi dovrebbe essere riconosciuta come quella necessaria per il sistema trentino. Recita infatti il testo approvato che “non possiamo più permetterci organizzazioni focalizzate sul “contenitore”, siano essi ospedali piuttosto che distretti. Occorre invece concentrare la nostra azione sui processi e i contenuti della nostra assistenza. I luoghi fisici dove vengono erogate le prestazioni restano basilari, ma vanno ripensati in una logica di trasversalità, equità ed accessibilità alla nostra rete dei servizi“
Trento, 19 dicembre 2020
IL TESTO COMPLETO APPROVATO DAL CONSIGLIO:
Walter Kaswalder
Presidente Consiglio Provinciale
Sede
Proposta ordine del giorno ______________ ai disegni di legge 74,75,76/XVI
Riformare il sistema dei servizi sanitari offerti dalla Provincia autonoma di Trento
per creare interventi più flessibili e personalizzati
L'emergenza legata alla pandemia Covid-19 ha favorito un forte dibattito intorno alla sanità ed alla sua programmazione. Sarebbe sicuramente scorretto sovrapporre i piani della pianificazione sanitaria con quello della gestione di un'emergenza pandemica, tuttavia il contesto di crisi può favorire riflessioni che portino ad una condivisione ampia intorno ad alcune linee di programmazione.
I cambiamenti demografici e sociali, la presenza di nuovi e più ampi bisogni, la crescita delle fragilità all'interno delle famiglie, i nuovi modelli organizzativi, le continue scoperte scientifiche, le innovazioni tecnologiche in ambito medico ed assistenziale, sono soltanto alcuni dei punti di un lungo elenco che rappresenta l'evoluzione della nostra società e la necessità di adeguare il modello sanitario.
La bontà di un modello organizzativo non deriva da una valutazione astratta, ma dalla capacità di garantire il raggiungimento degli obiettivi posti nel miglior modo possibile in un dato contesto.
Ciò vale anche per l'assistenza sanitaria, che si sviluppa in una società attraversata da grandi cambiamenti demografici, sociologici e tecnologici, i quali producono rapide evoluzioni nei bisogni di salute della popolazione, e di conseguenza nelle risposte tecnico-procedurali che possono essere messe in campo.
In sanità, più che altrove, rimanere fermi equivale ad arretrare.
L'innovazione è quindi condizione necessaria per assicurare la costanza nella qualità e nell'appropriatezza dei servizi. Per questo nella rete ospedaliera si è superata l'idea di tanti ospedali generalisti sparsi per il Trentino (dove si rischiava di fare tutto ma con una qualità non elevata) e si è concentrata la complessità nelle strutture maggiori (perché in sanità casistica numerosa equivale a qualità), mentre la gestione del post acuto e della cronicità deve essere gestita nelle strutture territoriali più piccole e vicine al domicilio dei pazienti.
Si sono introdotte le cure intermedie quale spazio di presa in carico che si pone tra la dimissione ospedaliera e il rientro del paziente in una condizione di domiciliarità. Si è programmata la strutturazione di aggregazioni dei medici di medicina generale e si è puntato a valorizzare le professioni sanitarie come quella infermieristica. Anche le recentissime indicazioni nazionali puntano soprattutto al rafforzamento della medicina di territorio e della valorizzazione della figura dell'"infermiere di territorio".
Sono solo alcuni esempi delle direttrici che devono guidare i sistemi sanitari, soprattutto in un territorio di montagna come quello trentino, e rappresentano l'obiettivo generale che la Provincia ha perseguito nel corso degli ultimi anni nella sua programmazione: garantire continuità nella presa in carico del paziente dentro e fuori l'ospedale e favorire ove possibile percorsi di cura preventivi, territoriali e integrati.
La riorganizzazione dell'Azienda sanitaria prevista dalla legislazione provinciale parte da tale premessa, dalla consapevolezza degli effetti dei trend demografici sui bisogni di salute della popolazione; dal riconoscere l'importante azione infrastrutturale che ha interessato il Trentino negli ultimi decenni e le possibilità di mobilità che questa ha generato; dalla necessità di offrire ai trentini pari opportunità di fruizione dei servizi sanitari e omogeneità di trattamento a prescindere dal loro punto di accesso alla rete provinciale.
L'impostazione a rete consente di coniugare sicurezza e efficacia delle cure con specializzazione e sostenibilità nel medio-lungo periodo.
Al contempo impone di passare da un modello organizzativo frammentato, in cui l'individuo è "letto" quale paziente di una data struttura (ospedaliera o territoriale che sia), ad uno integrato, in cui la persona viene vista come portatrice di una complessità di esigenze di cura.
Autorevoli soggetti certificatori riconoscono la qualità dei servizi erogati nella nostra provincia. Ma se vogliamo affrontare con successo le sfide che avremo davanti alcune modifiche all'assetto attuale si rendono necessarie. Non possiamo più permetterci organizzazioni focalizzate sul "contenitore", siano essi ospedali piuttosto che distretti. Occorre invece concentrare la nostra azione sui "processi" e i "contenuti2 della nostra assistenza. I luoghi fisici dove vengono erogate le prestazioni restano basilari, ma vanno ripensati in una logica di trasversalità, equità ed accessibilità alla nostra rete dei servizi.
Proprio i fattori positivi della nostra sanità ci consentono di andare in questa direzione, di affrontare le sfide della cronicità e del come mantenere attivi i presidi ospedalieri di valle.
Senza l'opportunità di essere inseriti in una rete aziendale molto solida, infatti, difficilmente oggi professionisti specializzati possono trovare interesse a collocarsi in strutture periferiche. Al contempo se dovessero venire meno i presidi ospedalieri di valle collasserebbe anche l'ospedale centrale.
Per riuscirci, dovranno essere modificati alcuni assetti e rapporti tra professionisti abituati a governare da soli un pezzetto del sistema, per lavorare invece con un'ottica integrata. Ma non porsi oggi di fronte a tali scenari e prepararsi a gestire le future emergenze sarebbe miope e irresponsabile.
È comprensibile che qualcuno difenda modalità gestionali consolidate in anni passati con un diverso contesto demografico, professionale, tecnologico, scientifico, ma oggi occorre una visione globale che si innesta sull'analisi dell'evoluzione dei bisogni, per garantire i migliori servizi ai cittadini. Tale necessità si è manifestata in tutta la sua evidenza nel corso dell'emergenza Covid19.
In questo contesto sono essenziali la forte sinergia tra la parte politica istituzionale e la parte tecnico sanitaria, e le valutazioni che l'assessorato alla salute e l'Azienda provinciale per i servizi sanitari svolgono si devono basare su valutazioni tecniche e sulla complementare programmazione provinciale.
Questo perché nel corso del tempo, come in tutti gli ambiti della vita umana, anche i bisogni di salute e le risposte sanitarie evolvono in base alle conoscenze clinico scientifiche e in base a nuove forme e metodologie organizzative e operative disponibili.
La programmazione della PAT si deve muovere in questo senso su due fronti principali.
Il primo è costituito delle strutture ospedaliere, con la costruzione e il consolidamento di una rete ospedaliera strutturata. Il principio è dato dal riconoscimento di come, al fine di garantire la massima qualità alle cosiddette prestazioni complesse, sia necessario che vengano concentrate in strutture capaci di garantire l'opportuna casistica.
Questo è un principio cardine della sanità che se non viene compreso rende impercorribile ogni forma di approfondimento successivo. Al contempo lavorare sulla rete ospedaliera, significa anche riconoscere la fondamentale funzione degli ospedali di valle che da un lato devono disporre di funzioni, anche complesse, che possono essere gestite in loco a fronte di una casistica sufficiente, dall'altro devono garantire tutti quei servizi di prossimità che possono evitare spostamenti comunque disagevoli ai cittadini.
Il secondo fronte su cui sempre di più si dovrà investire è rappresentato dalla cosiddetta medicina di territorio. In questa prospettiva sono numerose le riforme avviate negli ultimi anni che dovranno essere implementate e messe a regime nel prossimo futuro. Esse dovranno garantire risposte alla vera emergenza sociale in atto: l'aumento delle cronicità collegato all'aumento dell'invecchiamento della popolazione. In questo senso vanno letti i passaggi dell'individuazione, all'interno della riorganizzazione dell'APSS, della figura del Coordinatore dell'Integrazione Ospedale e Territorio, al fine di migliorare la continuità del percorso assistenziale delle persone; il protocollo firmato con l'IPASVI sull'implementazione degli infermieri di comunità per valorizzare sempre di più sul territorio figure professionali non mediche che hanno raggiunto un alto livello di competenza; la riforma del welfare anziani e lo spazio argento che ha trasferito sui territori la competenza per svolgere politiche per gli anziani a 360 gradi; il piano demenze; la rete delle cure palliative; la rete oncologica e via via tutti quei servizi che garantiscono i 9 milioni di prestazioni sanitarie che ogni anno vengono erogate dal nostro SSP (tra i quali i trasporti "protetti" di emergenza che sono già garantiti nell'ambito dei protocolli sull'emergenza/urgenza e dei trasporti sanitari sia nel territorio provinciale che extra-provinciale).
Il tutto con il supporto delle nuove tecnologie (già oggi migliaia di trentini, soprattutto anziani, accedono alla propria cartella clinica attraverso la piattaforma TREC, anche con app sul cellulare, la dematerializzazione delle ricette ha reso molto più semplici i servizi), che consentiranno di rivoluzionare l'assistenza domiciliare ed anche i rapporti tra territori. Questa premessa è doverosa e necessaria per inquadrare, all'interno di una visione complessa, le questioni puntuali che sono spesso oggetto del confronto con gli amministratori locali. Dobbiamo infatti essere consapevoli che la capacità di ogni territorio di dare risposte alle esigenze dei cittadini dipende dal suo essere parte di un unico sistema provinciale. Un focus particolare merita il tema dell'invecchiamento della popolazione.
Si stima che in Trentino circa 20.000 persone over 65 siano in condizione di non autosufficienza e che all'incirca la metà di questi si trovino in condizione di solitudine o in carico alle famiglie, fuori quindi dal circuito pubblico di assistenza. Esiste quindi la necessità di far evolvere l'attuale sistema dei servizi rendendo più accessibile e capace di produrre interventi sempre più flessibili e personalizzati.
La legge provinciale n. 14 del 2017, con l'obiettivo di porre al centro la persona e la sua rete familiare, offre loro un interlocutore unico in grado - sulla base di un budget non più diviso tra aspetti sociali e sanitari - di attivare e personalizzare le migliori risorse secondo le esigenze personali e le specifiche situazioni.
Per attuare quella riforma è necessario migliorare la capacità di visione d'insieme, in modo da consentire una programmazione delle politiche e dei servizi capaci di operare in maniera equa e più efficace, rendendo flessibile l'uso delle risorse per sviluppare i servizi in base alle esigenze delle persone. In questa prospettiva il territorio assume un ruolo centrale, quale luogo deputato a leggere e interpretare i bisogni delle comunità che rappresenta. La Giunta provinciale negli scorsi mesi, nell'attuazione della legge, ha avviato una fase di sperimentazione in tre comunità di valle, ma ha prorogato recentemente le tempistiche previste per la sperimentazione stessa, con il rischio di un allungamento ulteriore dei tempi.
Tutto ciò premesso
IL CONSIGLIO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
impegna la Giunta provinciale
1. a riconoscere che il sistema sanitario non è un mero ambito di erogazione di servizi e fonte di spesa, bensì un sistema complesso, in relazione con molti ambiti (economia, turismo, sport, formazione, benessere, cultura..) e quindi un'opportunità da sviluppare;
2. a disciplinare la sanità trentina secondo una programmazione che si basi su valutazioni di sistema continuando a considerare le indicazioni cliniche di coloro che la sanità la conoscono e la vivono, tra i quali gli operatori sanitari;
3. a continuare nelle attività già intraprese del rafforzamento della rete ospedaliera, del riconoscimento degli indicatori del piano nazionale e degli strumenti di comparazione consolidati e del rafforzamento della medicina e dell'assistenza di territorio, in particolare attraverso le aggregazioni di medici di medicina generale, la diffusione delle cure intermedie, la valorizzazione delle professioni infermieristiche, l'adozione di sistemi innovativi di assistenza forniti dalle innovazioni tecnologiche;
4. a ristabilire prima possibile i consueti volumi di attività ambulatoriale ed operatoria, riconoscendo in particolare la necessità della piena funzionalità dell'ospedale Santa Chiara per la gestione delle urgenze e delle maggiori complessità;
5. ad implementare gli strumenti di prevenzione. In particolare:
a) sostenendo l'attività fisica a tutte le età, sia come stile di vita individuale sia come momento di socializzazione;
b) considerando nell'attuazione della riforma del welfare anziani, il sostegno e la diffusione di co-housing e servizi domiciliari;
c) proseguendo la politica capillare rispetto alle vaccinazioni, secondo le indicazioni mediche;
d) sostenendo i percorsi di inclusione sociale e di prevenzione delle dipendenze;
6. a riconoscere il ruolo delle associazioni di volontariato in ambito sanitario come centrale nella rete dell'emergenza urgenza, e tutelarne la funzione.
Trento, 14 dicembre 2020
Cons. Luca Zeni