Porfido, lo scaricabarile sui Comuni

Da qualche settimana si susseguono articoli sulle infiltrazioni mafiose nel comparto estrattivo. L’indagine della Procura della Repubblica è doverosa. Da qualche settimana si susseguono articoli sulle infiltrazioni mafiose nel comparto estrattivo. L’indagine della Procura della Repubblica sul caso della concessione rilasciata a suo tempo a soggetti legati a movimenti della malavita organizzata è assolutamente doverosa e non intendo, in alcun modo, entrare nel merito della stessa.
Elisa Viliotti, "Corriere del Trentino", 10 dicembre 2020

Trovo invece gravi le esternazioni che si sono susseguite a mezzo stampa da parte di esponenti politici e non solo, circa la presunta sussistenza di generici conflitti di interesse, di fenomeni corruttivi e di connivenza in capo agli amministratori degli enti locali che amministrano le concessioni relative alle cave di porfido trentine. Da ex assessore comunale, mi indigna vedere con quanta leggerezza sui media si punti il dito verso categorie di persone che svolgono con vocazione il proprio incarico, imputando genericamente responsabilità a volte legate a vicende vecchie di decenni.

La gestione estrattiva su lotti pubblici è estremamente complessa, dagli anni Ottanta ad oggi si sono susseguite numerose normative provinciali, che non solo hanno legittimato proroghe di concessioni in essere, ma ne hanno anche imposto i relativi canoni. Normative che hanno spesso rinviato a leggi o atti successivi l’individuazione del termine o del criterio entro il quale far decadere le concessioni per sottoporre tali procedure a gara pubblica (famosa l’evoluzione dell’articolo 33).

A tutt’oggi la legge provinciale cave presenta articoli privi di norma attuativa e, proprio di recente, si è discusso in Consiglio provinciale di una sua ennesima modificazione e dell’adozione di un ulteriore testo di legge in materia di ricerca e concessioni minerarie.

Così spesso, vista la specificità della materia e a fronte di decisioni che comportano la ponderazione di contrapposti interessi, proprio per garantire legittimità ed imparzialità degli atti, gli amministratori locali si trovano in condizione di dover chiedere consulenze legali esterne, sulle quali fondare la loro deliberazione. Ma tali incarichi, seppur per importi esigui, vengono tacciati di illegittimità dalla stessa magistratura contabile e paradossalmente considerati danno erariale. Un paradosso anche considerando che l’intasamento degli uffici provinciali preposti alla consulenza in materia, non ultima l’Avvocatura, non consentono il rispetto dei termini procedimentali né offrono garanzia della consulenza medesima.

Gli stessi esponenti politici provinciali che oggi puntano il dito, dovrebbero ricordare che la Provincia è sempre stata titolare di un potere sostitutivo in materia. Sebbene mai esercitato, tale potere risulta oggi ancora azionabile.

Le accuse politiche sommarie dovrebbero piuttosto cedere il passo all’effettuazione di controlli diretti e mirati circa l’implementazione della norma e all’elaborazione di una puntuale riforma legislativa organica della materia.

Coloro che ritengono vi siano e vi siano state irregolarità e collusioni, hanno la strada maestra dell’esposto alla Procura della Repubblica. Altrimenti l’accusa, e la condanna a mezzo stampa, senza alcuna evidenza di ciò che si dice, hanno il solo risultato di creare un pregiudizio e di allontanare ulteriormente le persone perbene dalla politica e dalla passione per la gestione della propria Comunità. Tale passione si basa unicamente sullo spirito di servizio, e non certo sulla genuflessione al mafioso di turno.