Luca Zeni, ex assessore provinciale alla Salute nella scorsa legislatura, avrebbe molte critiche da fare alla gestione dell’emergenza sanitaria affrontata dalla giunta Fugatti: «Molte cose non stanno funzionando, è evidente, ma vorrei prima sottolineare che da parte nostra c’è la massima volontà di collaborare per migliorare la situazione attuale." D. Baldo, "Corriere del Trentino", 5 novembre 2020
"È però necessario essere coinvolti come minoranze, come Consiglio provinciale, ma è necessario anche coinvolgere le categorie economiche e le amministrazioni locali».
Vediamo però le critiche. Che cosa, secondo lei, non sta funzionando?
«Nella prima ondata c’era una impreparazione diffusa proprio perché ci si trovava di fronte a una novità assoluta: errori e sottovalutazioni sono giustificabili. Ma dalla primavera sono passati molti mesi e c’era la possibilità di organizzarsi, di programmare gli interventi».
Cosa che qui non è avvenuta?
«Avrei voluto che con la nostra Autonomia, con la nostra capacità organizzativa, con le risorse a disposizione della Provincia, si fosse fatto di più. A me piacerebbe che la nostra autonomia venisse invocata non solo per due ore in più sull’orario di bar e ristoranti, ma per prendere esempio dalle migliori esperienze, per avere meno contagi, meno decessi, meno pazienti in terapia intensiva, oltre a saper salvaguardare al meglio il tessuto economico».
Non è un po’ ingeneroso? Il Trentino è ai vertici per somministrazioni di tamponi, e anche le terapie intensive sono tra le meno in affanno.
«Se sui tamponi ci confrontiamo con la Campania, siamo più bravi. Ma qui abbiamo il Cibio, l’Istituto Zoo-profilattico che il Veneto sfrutta e noi no. Ma abbiamo anche laboratori privati che non sono stati coinvolti e invece di fare 2.000 tamponi al giorno potremmo farne 5.000 se ci fossimo organizzati meglio».
E sul tracciamento che prima nominava? Anche il Trentino ha perso la capacità di arginare i focolai...
«Nell’estate non si è riusciti a programmare un rafforzamento. Alla Centrale Covid fino a poco fa c’erano solo 9 persone impiegate nel tracciamento. Ci sono realtà al mondo che riescono a garantire un carico di 700 persone per ogni tracciatore, mentre la nostra media è di un tracciatore ogni 22.000 persone. Il rafforzamento del tracciamento eviterebbe anche il disagio di molti che attendono giorni e giorni per sottoporsi al tampone, evidenziando un sistema ormai ingolfato. Ma i limiti della mancata programmazione e previsione della seconda ondata si vedono anche su altri indicatori».
Quali?
«Molti contagiati non hanno bisogno di sostegno clinico, potrebbero essere curati a domicilio ma vanno a pesare sulle strutture sanitarie. Perché le cure domiciliari non sono state aumentate? Ma c’è anche un altro problema...»
Quello dei trasporti?
«Anche su questo, da mesi si sapeva che in caso di nuova ondata e nuove limitazioni il trasporto, ma anche la scuola, non avrebbero retto. In Consiglio provinciale abbiamo presentato interrogazioni su interrogazioni: ma perché non si è intervenuti, sempre con la leva della nostra Autonomia, sulla logistica del trasporto pubblico e sullo scaglionamento degli ingressi degli studenti a scuola? Ci sono stati mesi di tregua, usati male».
Usati come, secondo lei, dalla giunta provinciale?
«Usati per le piccole rivendicazioni, senza comprendere che l’Autonomia permette una capacità progettuale e strategica. Ci si è allineati. Quando a livello a livello nazionale si credeva che il peggio fosse passato, qui abbiamo fatto lo stesso».
Ora chiedete di essere coinvolti.
«Non solo noi ma anche le categorie, le amministrazioni comunale. Ieri abbiamo depositato un disegno di legge come Pd, in cui chiediamo di adottare la stessa modalità del Parlamento: prima di ogni ordinanza si coinvolge l’Aula. Fino ad ora il coinvolgimento è stato zero».
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