L’obiettivo della società pubblica «in house» è strategico. Ma è anche l’unico, vero e solido argomento per evitare la messa a gara della concessione. Nonostante le apparenze, alimentate da un’interessata campagna politico-mediatica, quella che riguarda il futuro dell’Autobrennero non è una disputa tecnica, tra sostenitori della concessione a una nuova società interamente pubblica e fautori della (ennesima) proroga della concessione attuale, scaduta nel 2014.
Giorgio Tonini, "Corriere del Trentino", 28 ottobre 2020
Non è solo un intricato garbuglio giuridico, da lasciar dirimere a funzionari, avvocati e consulenti d’impresa, a scavalco fra Trento e Bolzano, Roma e Bruxelles. Sul futuro dell’Autobrennero è in gioco molto di più dell’assetto di una società concessionaria, per quanto economicamente rilevante. Attorno a questo nodo si confrontano due diverse, se non opposte, visioni del futuro della nostra Regione: sul piano infrastrutturale, trasportistico e urbanistico, ma anche, di riflesso, su quello politico e istituzionale.
Da almeno vent’anni, Trento e Bolzano, attraverso la Regione, azionista di riferimento dell’A22, hanno progressivamente posto la società che gestisce la «nostra» autostrada, al servizio dello sviluppo dell’asse ferroviario Monaco-Verona, con al centro la gigantesca galleria del Brennero. In pratica, una quota consistente degli utili di gestione dell’autostrada (parliamo di diverse centinaia di milioni di euro), quella che in una società privata andrebbe al profitto, è stata invece negli anni accantonata per contribuire al finanziamento della ferrovia. Una scelta paradossale, ai limiti dell’assurdo, se vista in un’ottica meramente e miopemente societaria: come si può pensare di usare le risorse prodotte da una società per finanziare la concorrenza? Una scelta saggia e lungimirante, se vista invece con gli occhi dei soci, azionisti della società stessa: a cominciare da Regione, Province autonome e Comuni di Trento e di Bolzano. Perché per loro (per noi) la società non è il fine, ma uno strumento: lo strumento principale e privilegiato per concorrere e partecipare a programmare in modo innovativo la politica infrastrutturale, trasportistica, logistica e urbanistica, lungo l’asse del Brennero.
Per scelta strategica europea, promossa e condivisa dall’Italia, con in prima fila la nostra Regione, il potenziamento dei collegamenti transalpini deve avvenire su rotaia e non su strada. Non si tratta di una scelta ideologica, ma della constatazione realistica che il traffico su gomma ha raggiunto (e forse superato da tempo) invalicabili limiti fisici, ambientali e perfino economici. Al contrario, la ferrovia presenta ampi margini di sviluppo e un enorme potenziale di crescita. Di qui la decisione di dar vita alla strategia di potenziamento delle grandi direttrici di collegamento ferroviario europeo, a cominciare dalla grande dorsale Nord-Sud che ha al centro il traforo del Brennero, la galleria più lunga del mondo. Fare dell’A22 uno dei soggetti finanziatori, per quanto minori, di questa grande opera di interesse nazionale ed europeo, è lo strumento che come comunità autonome, attraversate da questa gigantesca infrastruttura, abbiamo in mano per sederci al tavolo della programmazione e dire la nostra, con qualche possibilità in più di essere ascoltati, sull’impatto che essa avrà sul nostro territorio: dal tracciato delle linee di accesso, allo sviluppo dell’intermodalità e dell’interporto; dagli attraversamenti di Bolzano, Trento e Rovereto, fino ai collegamenti ferroviari trasversali: Venosta e Pusteria, Avisio e Noce, Valsugana e Rovereto-Riva.
Affermare il primato di questa grande finalità pubblica della società A22 è anche l’unico, vero e solido argomento che abbiamo in mano per evitare la messa a gara della concessione. Perché è evidente che se la concessione venisse affidata sulla base di una logica privatistica, verrebbe meno l’apporto anche finanziario dell’autostrada alla ferrovia. E viceversa: nessuna impresa privata sarebbe interessata a gestire un’autostrada dalla finalità pubblica così netta e cogente. Di qui la decisione, maturata nella scorsa legislatura fra Trento e Bolzano, Roma e Bruxelles, di dar vita a una società pubblica «in house», gestita d’intesa tra lo Stato concedente e gli enti territoriali attraversati dall’A22 e soci della società concessionaria. Una decisione che per essere attuata richiede la soluzione di numerosi e complessi problemi tecnico-giuridici, a cominciare da modalità e costi della liquidazione dei soci privati, fino agli equilibri della governance: problemi che vanno affrontati con attenzione e risolti con pazienza, ma che non devono invece essere utilizzati per capovolgere in modo surrettizio una decisione politica maturata nel corso di decenni.
C’è una cartina al tornasole che dimostra che non si tratta di un’illazione maliziosa. Nessuno degli oppositori alla linea della società pubblica «in house» e fautori della ennesima proroga della concessione in essere, cita mai la parola «ferrovia»: come se il problema dell’Autobrennero non avesse nulla a che fare con il Brennero, si potesse aprire e chiudere tutto all’interno di una società che gestisce un’autostrada. Che questo possa essere l’angolo visuale dei cosiddetti «soci del Sud», Comuni e Province ordinarie da Verona a Modena, è comprensibile. Perché è normale che su chi amministra la Provincia di Modena la bretella Campogalliano-Sassuolo abbia un impatto più diretto della colossale ristrutturazione del corridoio del Brennero. Dal canto loro, i veneti che da decenni si battono per la Valdastico Nord hanno ampiamente dimostrato di considerare non di loro interesse il dettaglio di come il traffico su gomma che, grazie ad alcuni miliardi di euro spesi in gallerie e viadotti autostradali, arriverebbe più velocemente da Vicenza nella nostra Regione, possa poi altrettanto velocemente proseguire verso l’Austria e la Germania. Quel che non è comprensibile è come si possa pensare che abbandonare la politica di corridoio del Brennero, fondata sull’interazione autostrada-ferrovia, in nome di una visione novecentesca che fonda lo sviluppo dei collegamenti sul primato dell’asfalto e della gomma, possa fare l’interesse del Trentino. Un interesse in nome del quale il presidente Fugatti e la maggioranza che lo sostiene sembrerebbero disposti a sacrificare perfino il valore della solidarietà regionale tra Trentino e Alto Adige, sulla quale si radica la nostra specialità autonomistica. Incomprensibile e inaccettabile.