"La nostra Provincia sceglie di seguire indicazioni generali, senza sfruttare le opportunità dell’autonomia speciale, cioè la possibilità di strumenti normativi e organizzativi forti a supporto di una strategia politico/sanitaria chiara".L. Andreazza, "Il Dolomiti", 26 ottobre 2020
Queste le parole dell'ex assessore Luca Zeni, che aggiunge: "E' un punto fondamentale: si mette in campo un sistema talmente efficiente da monitorare e gestire Covid-19 oppure ci si ritrova con una crescita dei contagi che porta inevitabilmente a lockdown più o meno intensi. Non è stata sfruttata la tregua estiva per potenziare alcuni settori strategici, si dovrebbe intervenire subito per reggere questa seconda ondata, le risoluzioni presentate dalle minoranze sono rimaste solo sulla carta".
In questi giorni emergono tante segnalazioni di persone in difficoltà nel rapporto con le autorità sanitarie e il tracciamento è in crisi (Qui articolo). Anche l'Ordine dei medici si è speso per potenziare la Centrale Covid per ottimizzare il contact tracing (Qui articolo): un sistema forte di tamponi/tracciamento/isolamento per fronteggiare la diffusione dell'epidemia. "C'è un coinvolgimento scarso delle professioni sanitarie - prosegue Zeni - un'assenza di comunicazione una volta accertata la positività con il test rapido e la difficoltà a contattare la Centrale: questo crea problemi gestionali e emotivi alle famiglie coinvolte".
Diverse le criticità come tempi a volte lunghi tra la richiesta di effettuare il tampone da parte del medico di medicina generale, così come tra test antigenico rapido e quello molecolare. "Attualmente - dice l'ex assessore - la positività viene accertata ufficialmente solo con quello molecolare dal punto di vista dei conteggi ufficiali, ma anche per le procedure di isolamento e per le certificazioni. Il sistema dei test rapidi funziona bene se il giorno successivo si esegue il tampone molecolare di conferma, ma diventa ingestibile se passano 7-10 giorni, sempre che non si tengano per buoni i test antigenici per considerare accertata la positività".
Ci sarebbero poi alcune incertezze anche sulle procedure da seguire nel caso di positività al test antigenico nell'attesa della conferma tramite tampone molecolare. "Non ci sono comunicazioni chiare - evidenzia Zeni - i familiari devono rimanere in isolamento? Un conto è l’opportunità, un altro è un'indicazione ufficiale dell’Apss. Se sì, perché non viene inviata una certificazione? Una persona in isolamento come giustifica l’assenza dal lavoro se la positività del congiunto non è 'ufficiale' e non sono inviate le certificazioni di quarantena? I figli minori possono comunque frequentare la scuola? Questo può incidere anche sulla mancata chiusura delle classi".
Gli annunci della Provincia sui test rapidi mettono, infatti, in difficoltà i farmacisti. Diverse le persone che si informano per poter essere testate, come confermato dall'Ordine del comparto (Qui articolo). "La fretta di voler annunciare ipotesi e percorsi crea confusione. Nei giorni scorsi - continua il consigliere provinciale in quota Partito democratico - i cittadini hanno capito che basta recarsi in farmacia per poter fare un test rapido. Ma è ancora un'interessante ipotesi di lavoro: soltanto due farmacie in tutto il Trentino possono fornire il servizio, usufruendo di infermieri, e solo con richiesta del medico di base".
Nel report di ieri sono stati comunicati 104 nuovi positivi per un rapporto contagi/tamponi in linea con l'ultimo periodo che oscilla tra il 5% e il 7%, mentre a livello nazionale è stato varato un nuovo Dpcm per cercare di frenare il coronavirus. "La gestione dell'emergenza coronavirus non si è dimostrata facile per nessuno e in tutta Europa ritornano provvedimenti restrittivi diffusi. Ovunque - evidenzia Zeni - si intrecciano il rilassamento nei comportamenti individuali, dopo un’estate di tregua che ha fatto abbassare la guardia, e la mancata capacità dei sistemi di organizzarsi in vista di una possibile seconda ondata".
E' fondamentale il tracciamento per contenere l'epidemia. "Il caso di Wuhan è eclatante. I reportage, anche di cittadini italiani che vivono lì, raccontano di una città dove oggi si vive normalmente, con pochi contagi e pochissime limitazioni. Sei milioni e mezzo di abitanti, 9.000 persone hanno lavorato a questo aspetto: circa 1 ogni 700 abitanti. Secondo questa proporzione, in Trentino dovremmo avere circa 800 persone dedicate al tracciamento: fino a 3 settimane fa erano 9, poi aumentate a 24 con la crescita dei contagi. Persone molto preparate, ma troppo poche per seguire il complesso iter che va dalla prenotazione dei tamponi alla ricostruzione della rete dei contatti, dalla valutazione di quali sono da considerare a rischio all'indicazione di isolamento e certificazioni fino alla decisione di mettere in quarantena classi o luoghi di lavoro. Il tutto attraverso la comunicazione con le persone coinvolte, ognuna portatrice di una situazione particolare e di una sua emotività".
Un altro snodo è l’assistenza domiciliare. "Il problema di questo virus - aggiunge l'ex assessore - è rappresentato da quella relativamente bassa percentuale di positivi che presenta sintomi importanti perché possono portare a 'intasare gli ospedali'. Oggi rispetto a marzo ci sono alcune terapie che aiutano i malati. Più si riesce a seguire a i cittadini a casa e si interviene presto sui sintomi, soprattutto per le categorie più a rischio, più si riesce a mantenere sotto controllo la situazione. Ci sono ottimi professionisti che oggi forniscono le cure domiciliari, ma anche in questo caso non a sufficienza".
L'ultimo Dpcm porta a ulteriori restrizioni in attesa di capire le decisioni della Provincia. "La valutazione sulle chiusure dei diversi settori troppo spesso non si basano su indicazioni epidemiologiche ma solo su valutazioni di 'comodità'. Ogni chiusura, da Roma come a Trento, dovrebbe basarsi sull’evidenza che in quel comparto il rischio di contagio risulta particolarmente elevato alla luce dei riscontri dei mesi passati e non si riesce a definire un’organizzazione sufficiente. Un’eccezione positiva è la scelta di un rigore maggiore tra i ragazzi sopra ai 15 anni, che creano meno problemi gestionali alle famiglie, perché hanno una vita relazionale maggiore e perché è ormai comprovato che sotto ai 14 anni la contagiosità è molto inferiore".
A maggio le minoranze aveva presentato due risoluzioni in Consiglio provinciale per preparare un'eventuale recrudescenza dell'epidemia, una situazione considerata molto probabile per diversi fattori. "Queste considerazioni non vogliono essere una critica fine a se stessa, ma una valutazione di alcuni aspetti che sono mancati che hanno portato all'inceppamento dell'attuale sistema. Ora - prosegue l'esponente del Pd - sarebbe necessario potenziare immediatamente il personale del Centro Covid, anche con la messa a disposizione di personale amministrativo di supporto per le procedure che non comportano una valutazione sanitaria in senso stretto; il potenziamento del personale delle cure domiciliari e un maggior coinvolgimento delle professioni, mediche, infermieristiche, non sanitarie, che possono fornire indicazioni molto preziose al decisore politico".
E ancora. "Le scelte relative alle chiusure devono basarsi il più possibile su indicazioni epidemiologiche e non su valutazioni legate alla 'comodità', solo per dare dei segnali, ma prive di argomentazioni convincenti; se non si riesce a ridurre i tempi tra test rapido e tampone molecolare, si deve considerare la positività a partire dal test antigenico e fornire subito le comunicazioni sugli adempimenti conseguenti alle persone interessate", conclude Zeni.
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