Negli ultimi giorni, su questo quotidiano, ha preso il via un interessante dibattito sulla situazione dei piccoli comuni, al quale volentieri fornisco il mio contributo. Il tutto credo muova dalla convinzione che desta sicuramente una certa impressione il dato che in circa un terzo dei comuni trentini si sia presentata una sola lista alle scorse elezioni, o addirittura in qualche caso nessuna lista.Giuliano Muzio, "Trentino", 23 ottobre 2020
Le motivazioni alla base di tale fenomeno sono a mio avviso molteplici.
La crisi, ormai pluridecennale, della politica e dei sistemi ideologici che la nutrivano non favorisce sicuramente un'ampia partecipazione, ma a questo si affiancano condizioni specifiche locali, che fanno riferimento ai meccanismi istituzionali di funzionamento dei comuni in Trentino e che, ahimè, non sono riconducibili solo ai comuni piccoli, ma interessano anche quelli di maggiori dimensioni.
Lo spazio del dibattito è stato fortemente ridotto a causa del ridimensionamento numerico delle opposizioni e la giungla normativa e burocratica ha generato un carico di lavoro a volte improponibile per gli amministratori, impedendo loro di fare attività che non rientrino in una piatta e ordinaria gestione degli adempimenti.Non aiuta neppure la situazione di contesto, relativa allo stato di attuazione della riforma istituzionale.
La legge del 2006, pesantemente modificata nel 2014 e da ultimo con le decisioni dell'attuale Giunta provinciale, ha prodotto un ibrido nel quale non esistono più i Comprensori, le Comunità di Valle paiono in via di smantellamento, sono state chiuse le esperienze di gestione associata, i processi di fusione non sono all'orizzonte. E da questo punto di vista non si vede una chiara traiettoria, con il risultato che tutta una serie di tematiche di area vasta (ambiente, politiche sociali, mobilità) vengono affrontate in modo molto frammentato. Ciò detto, la cosa più utile è chiedersi cosa può essere fatto per invertire questa tendenza.
Parto col dire che la legge del 2006 era per me una buona legge. Certo non tutto era perfetto, molto è stato pregiudicato da un'attuazione tentennante e incerta, ma due erano i punti fermi che oggi hanno bisogno di essere rafforzati. Due punti complementari e inscindibili. Da un lato, la consapevolezza che devono essere creati meccanismi che abilitino l'ideazione e l'attuazione di politiche di area vasta sovracomunale: lo si faccia con le Comunità di Valle, con le gestioni associate, con le Conferenze dei Sindaci o con tutti questi strumenti messi assieme poco importa, l'importante è che ci sia spazio di manovra, agibilità politica e un reale potere delegato dal centro (non su tutto, ma su alcuni punti chiari). E questo ci porta al secondo aspetto: è necessario realizzare concretamente il principio di sussidiarietà, spogliando la Provincia di competenze che possono essere meglio gestite al livello comunale o sovracomunale.
Se vogliamo che i cittadini possano diventare nuovamente attivi nei processi di rappresentanza comunale dobbiamo far loro toccare con mano che il potere che possono avere a disposizione non è fittizio e non è meramente burocratico. Dobbiamo fare in modo che si sentano e siano protagonisti delle decisioni che riguardano la loro vita di tutti i giorni e non che siano sudditi di poteri lontani che spesso generano norme senza conoscere da vicino i problemi concreti.
Solo riequilibrando il nostro sistema istituzionale in questo senso, potremo rafforzare la nostra Specialità. Ricordiamoci che la fase durissima che stiamo vivendo oggi con la pandemia che condiziona pesantemente i nostri stili di vita ci insegna però una cosa, che è anche la base motivazionale e il sale della politica. Sentirsi cittadini pienamente e fino in fondo comincia dal considerare come proprio interesse e dovere prendere parte e collaborare nell'indirizzare il destino della propria comunità locale, con la quale condividiamo le nostre piccole azioni quotidiane e che forse stiamo dimenticando.
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