La parità di diritti e doveri

Alcuni anni fa venne proposto uno slogan che mi è tornato alla mente leggendo l'articolo di Alessandro Baracetti pubblicato ieri sul "Trentino". Nello slogan la nostra autonomia veniva definita come "il diritto di sentirsi in dovere", riassumendo così una duplice tensione.
Franco Ianeselli, "Trentino", 9 luglio 2020

 

Da un lato la consapevolezza di una forza, quella d'appartenere ad una comunità dotata di poteri e competenze speciali e del diritto ad esercitarli; e dall’altra il senso di responsabilità che ne derivava, e dunque i doveri che da questa provenivano nei confronti di ogni altro cittadino trentino e riguardo al sistema Paese.

Mi è tornato alla mente perché Baracetti, evitando peraltro di prendere posizione rispetto alla notizia d’attualità di quel Matteo Gazzini autorevole esponente regionale della Lega che ha pubblicamente invocato per sé stesso il diritto “ad essere razzista”, mi sembra proporre un ragionamento su diritti e doveri piuttosto fazioso e traballante. Se siamo tutti d’accordo (e chi non potrebbe esserlo?) con l’affermazione che in una società non possono esistere solo diritti e pretese, quando il candidato della destra propone la contrapposizione tra una sinistra “tutta diritti” e una destra “tutta doveri”, mi pare cimentarsi in una semplificazione discutibile da un punto di vista filosofico e impropria dal punto di vista costituzionale.

Non di rado ad esempio proprio la libertà, principio cardine della destra, viene considerata come l’archetipo dei diritti; mentre l’uguaglianza, che è spesso posta a fondamento della sinistra, risulta essere la matrice teorica dei doveri e dunque degli impegni e dei vincoli imprescindibili per contenere le disparità che senza questi si moltiplicherebbero. Si pensi ad esempio alla storia dell’ecologismo di sinistra, e alla sua intrinseca propensione a stabilire dei doveri ai quali l’uomo deve assoggettarsi per rispettare e custodire il pianeta; e per contro all’incondizionato diritto alla crescita frequentemente invocato da chi, a destra, abbatterebbe ogni albero che si frappone fra sé e il profitto.

Se è quindi curiosa la tesi suggerita da Baracetti, la stessa non mi pare trovare sponda nella nostra Costituzione. L’art. 2 della Carta, infatti, non colloca i diritti inviolabili dell’uomo e i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale l’uno prima dell’altro, ma su un piano di necessaria complementarietà, smentendo così in modo automatico l’idea che possa esistere una primazia degli uni sugli altri. Il problema del rapporto tra diritti e doveri, insomma, sia dal punto di vista etico-politico che da quello giuridico, parrebbe un po’ più complesso di come Baracetti intende presentarlo.

Soprattutto, affrontarlo autenticamente mi pare debba implicare lo sforzo di lasciare da parte i pregiudizi per concentrarsi sul contenuto specifico e sui necessari bilanciamenti concreti che debbono reggere entrambe le “situazioni” di cui tutti noi siamo, o meritiamo di essere, titolari. Proprio in tal senso, la formula che riconosceva in noi e nella nostra autonomia speciale il “diritto di sentirsi in dovere”, mi pare possa e debba essere oggi ancora assolutamente centrale. Perché ha il pregio di riconoscere e nominare in modo efficace un sentimento profondo e un equilibrio che come alleanza SìAmoTrento riteniamo debba continuare a fondare la nostra comunità.