Olivi insiste: un cambio di mentalità e sociale non sarebbe affatto dannoso. «Credo che non sia giusto adattarsi al mercato del commercio sfrenato. Si può governare il tempo della città e dei territori adottando uno stile di vita diverso», dice.S. Casalini - D. Roat, "Corriere del Trentino", 21 giugno 2020
Il problema è la concorrenza delle altre regioni, le ripercussioni rischiano di essere pesanti. «All’inizio si, ma non nel medio, lungo periodo, perché migliorerebbe la qualità di vita e la sostenibilità, principi che vanno elevati sopra il consumismo».
C’era una volta la sinistra che battagliava sul tempo libero dei lavoratori, erigendo un fortino intorno alla dilatazione dei tempi del consumo e della produzione, salvo poi arrendersi allo «spirito del tempo». C’era una volta e c’è ancora il sindacato che sulle aperture domenicali dei supermercati ha speso carta e inchiostro telematico. Ora c’è Maurizio Fugatti che, certamente non spinto dalle medesime matrici culturali (ma la Lega non era comunque una costola della sinistra? D’Alema dixit), ha affondato il colpo sottraendo davvero — o almeno provandoci — le domeniche al lavoro. «Un provvedimento di sinistra? Non lo so, ho voluto porre un tema sociale che esprime una mia convinzione profonda, ora rafforzata da questa emergenza» spiega il presidente della Provincia che non ha intenzione di arretrare e anzi chiede un iter accelerato in consiglio provinciale per l’approvazione del disegno di legge.
«Il periodo della pandemia credo che ci debba insegnare qualcosa — spiega il governatore — e cioè che possiamo organizzare diversamente le nostre vite. Per quanto riguarda la spesa alimentare molti si sono abituati a concentrarla tra lunedì e sabato; sul fronte dei negozi — al netto dei ristoranti, di edicole e tabacchi, delle aree turistiche — osservo che quelli a conduzione familiare normalmente sono chiusi di domenica. E penso sia necessario che un giorno alla settimana le persone si dedichino ad altro: la famiglia, lo sport, una gita in montagna, la chiesa. Non ha importanza cosa». Fugatti lo sottolinea: «È un provvedimento di carattere sociale, non facile. Controcorrente e coraggioso. Ma sono intimamente convinto che incontri il favore dei trentini. Una misura che beneficerà gli operatori di altre regioni? È un rischio reale, ma non può essere sufficiente a fermarci».
Se le proteste sono già realtà, i ricorsi lo saranno a breve e si concentreranno sul difetto di competenza della Provincia. «Me li aspetto — chiosa Fugatti — e vedremo cosa accadrà. Intanto chiederemo un iter accelerato in consiglio provinciale, se le opposizioni acconsentiranno, per rendere operativa la legge a luglio. Viceversa sarà calendarizzata per fine luglio con il rischio di uno slittamento, ma in ogni caso proseguirà il suo percorso». Ai commercianti lascia «la disponibilità al confronto» anche se la rotta appare tracciata.
Fugatti si dice pronto ad affrontare i ricorsi, ma c’è qualcuno, prima di lui, che ha tentato di percorrere la stessa strada senza riuscirci. Era arrivato a un binario morto, si era dovuto scontrare con la Costituzione e dopo di lui anche altre province e regioni avevano cercato di smarcarsi dalla legge nazionale disciplinando le aperture domenicali in modo autonomo. L’ultima battaglia in ordine di tempo l’aveva fatta la Regione Friuli Venezia Giulia. «Aveva cercato di introdurre con legge regionale la limitazione alle aperture domenicali — ricorda l’ex assessore provinciale Alessandro Olivi — ma sono state dichiarate incostituzionali. Anche quella del Friuli, che è molto vicina alla proposta della giunta attuale, fissava un numero di giornate di apertura festive. Fu una causa pilota se vogliamo, ma la legge fu dichiarata contraria alla norma del decreto Monti». Secondo il consigliere del Pd sarà impugnata. «Lo dico da chi ci ha provato ed è sempre stato stoppato dalle strutture legislative — afferma Olivi —, quindi la domanda che mi pongo è questa: cosa è cambiato? La legge Olivi già conteneva un principio di questo tipo ma fu sospesa per evitare un contenzioso con il governo. Da allora non è cambiato nulla». L’ex assessore parla di «un’iniziativa propagandistica per dimostrate attenzione a un tema pur sapendo che il quadro normativo impedisce una fuga in avanti». Nel merito, però, si dice d’accordo. «La condivido. Noi ci avevamo provato», dice. La Provincia allora aveva chiesto anche un parere nientemeno che all’ex presidente della Corte Costituzionale, il professor emerito Valerio Onida.
«Diceva che ci sono nella stessa nostra Costituzione valori tipo quello della tutela del lavoro, del pluralismo distributivo (i piccoli esercizi perdono la partita nel lungo periodo) — spiega —, ci sono elementi per giustificare il ritorno al passato, ma non è la legge provinciale la via».
L’unica strada secondo il consigliere Dem è approvare una norma di attuazione, quindi radicare in capo allo Statuto regionale una competenza in materia, come è stato fatto con la delega sulla giustizia. «L’unica strada politico-istituzionale corretta è radicare competenza regionale e avevo convinto anche Kompatscher — ricorda — non è impossibile arrivarci. Tutte le sentenze della Corte Costituzionale che hanno cassato le iniziative fanno riferimento alla norma statale, ma a livello europeo, a partire dall’Austria e dalla Svizzera, ci sono normative che prevedono espressamente l’apertura domenicale solo in determinati periodi dell’anno. La legge italiana è la più liberistica». E aggiunge: «Suggerisco a Fugatti di riprendere in mano quella partita, coinvolgendo le categorie e i Comuni».
Olivi insiste: un cambio di mentalità e sociale non sarebbe affatto dannoso. «Credo che non sia giusto adattarsi al mercato del commercio sfrenato. Si può governare il tempo della città e dei territori adottando uno stile di vita diverso», dice. Il problema è la concorrenza delle altre regioni, le ripercussioni rischiano di essere pesanti. «All’inizio si, ma non nel medio, lungo periodo, perché migliorerebbe la qualità di vita e la sostenibilità, principi che vanno elevati sopra il consumismo».
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