In data odierna, il Consigliere provinciale del Partito Democratico, Luca Zeni, ha depositato due specifiche interrogazioni in Consiglio provinciale su alcune delicate questioni di carattere sanitario.Trento, 20 maggio 2020
Anzitutto una richiesta di chiarimento sui dati dei contagi Covid-19 in Trentino e sulle modalità di raccolta e trasmissione degli stessi al Ministero competente, posto che l’intera comunicazione della Provincia su tali questioni appare ogni giorno più confusa e contraddittoria e che sulla stessa si fondano anche le scelte politiche ed amministrative che investono poi tutta la cittadinanza. In altre parole, non si comprende come mai nei giorni scorsi risultava che il Trentino fosse uno dei territori a più alto impatto da Covid-19 e oggi sembra che lo stesso territorio sia quello con il più basso tasso di contagi in tutta Italia. Cosa non sta funzionando?
IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE:
Dati contagi covid: cosa non sta funzionando?
Nel corso dell’emergenza Covid-19, le regioni sono state inserite all’interno di una rete nazionale di monitoraggio dell’andamento dell’epidemia.
Le modalità di acquisizione, trasmissione e rielaborazione dei dati sono molto importanti, non certo per stilare una classifica del contagio, ma per controllare l’andamento dell’epidemia e consentire di adottare le misure di contrasto adeguate.
La provincia di Trento, pur essendo stata colpita dopo rispetto alle regioni vicine, Lombardia e Veneto in particolare, ha subito vissuto una forte crescita dei contagi, probabilmente anche per alcuni errori iniziali (chiusura tardiva delle piste da sci, polemica con case di riposo rispetto all’accesso dei familiari..), in particolare una strategia che soltanto a fine marzo ha visto la volontà di incrementare i tamponi, accanto alla difficoltà di individuare prontamente nuovi contagiati e familiari asintomatici a domicilio.
Tuttavia, nel corso delle settimane, la Provincia di Trento, insieme alle sue strutture sanitarie, si è contraddistinta per trasparenza nella comunicazione dei dati, addirittura con conferenze stampa quotidiane con lettura del numero dei tamponi, dei contagiati comune per comune, dei decessi. Una trasparenza che deve essere riconosciuta e che non sappiamo se c’è stata in ogni regione italiana.
Fino ad inizio maggio il Trentino si è collocato al vertice delle regioni italiane per livello di contagio e per mortalità. Se sul numero dei contagi possono esserci variabili anche importanti nell’acquisizione, dati molto più solidi sono quelli relativi ai ricoverati in terapia intensiva e ai decessi, ed in tutti i casi c’è stata coerenza: il Trentino è stato uno dei territori con maggiore incidenza di contagio.
Le cose sono completamente cambiate ai primi di maggio, quando la Provincia ha iniziato a trasmettere al ministero dati diversi, in particolare quelli relativi ai tamponi con nuovi contagiati tamponati nei soli 5 giorni precedenti, escludendo tutti gli altri.
In seguito ad alcune inchieste giornalistiche che hanno evidenziato questa anomalia, che ha fatto precipitare il Trentino tra le regioni a più basso impatto da covid nell’arco di poche ore, la Provincia ha rassicurato tutti, affermando che si sono seguite le procedure e le indicazioni del ministero e della protezione civile, come per tutte le altre regioni.
Tutto ciò premesso, interrogo il presidente della Provincia e l’assessore competente per sapere: 1. se tutte le regioni italiane hanno adottato lo stesso criterio di trasmissione dei dati adottato dalla Provincia di Trento, e, in caso di risposta affermativa, per quale motivo non abbiano riscontrato lo stesso “crollo” nell’andamento dei contagi della nostra provincia, bensì un andamento molto più regolare;
2. se esista una comunicazione da parte della protezione civile o di altro apparato statale alla Provincia di Trento (o sue strutture), con la quale lo Stato evidenzia modalità errate di trasmissione dei dati da parte della Provincia di Trento;
3. se nella scelta rispetto all’interpretazione da dare alle disposizioni nazionali rispetto alla trasmissioni dei dati, si sia optato per l’interpretazione più forzata e restrittiva anche per motivi di immagine politica, perché la situazione grave che emergeva dalle analisi esponeva a critiche la condotta della giunta provinciale;
3. se il repentino cambio di rotta della giunta provinciale rispetto all’epidemia (si è passati da un rigore assoluto, che vietava le passeggiate, alle forzature per riaprire 3 giorni prima rispetto alle indicazioni statali) si sia basato sulla diversa modalità di raccolta dei dati;
4. di avere copia degli studi con i modelli matematici, più volte citati dal presidente Fugatti nelle conferenze stampa della sera, sui quali nel mese di aprile basava le numerose ordinanze, ed in particolare come siano cambiati nel corso delle settimane.
A norma di regolamento, chiedo risposta scritta.
Consigliere Avv. Luca Zeni
Trento, 15 maggio 2020
Poi, il Cons. Zeni interroga la Giunta provinciale per sapere quale sia stata e sia l’impostazione organizzativa nella fase di emergenza del sistema ospedaliero trentino e quale la pianificazione startegica per garantire il trattamento dei pazienti oncologici, neurochirurgici, di ostetricia ed ortopedici durante l’emergenza Covid-19 e quanti sono stati gli interventi chirurgici in tali settori rinviati a causa dell’emergenza pandemica. Ma non solo. Si chiedono anche approfondimenti ulteriori sul reparto di ortopedia dell’ospedale S. Chiara, sulle sue attività e sul suo primario, del quale da tempo è previsto il pensionamento, ma pare non sia stata programmata alcuna sostituzione.
Riprendere prima possibile l’attività clinica. Il caso di ortopedia
L’emergenza legata all’epidemia Covid-19 ha avuto, tra gli altri, l’effetto di mettere in forte crisi tutto il sistema ospedaliero, con rinvii di tutte le visite e le operazioni non urgenti.
Inoltre si sono messi in moto meccanismi molto pericolosi, che ha portato in molti casi alla mancata diagnosi di malattie, con un aumento a livello nazionale dei decessi dovuti a problemi cardiologici, a causa della riduzione delle richieste di visita da parte dei malati. Problemi di carattere etico, oltre che clinico, si sono avuti in oncologia, con ritardi negli interventi operatori.
Anche ortopedia, uno dei settori con i maggiori volumi di attività in provincia di Trento, ha subito limitazioni e problemi.
Ripercorriamo gli ultimi mesi.
Intorno al 10 di marzo 3 ambulatori ortopedici dell’ospedale Santa Chiara venivano chiusi per creare uno spazio covid dedicato presso il Pronto Soccorso, e venivano spostati all’interno di due ambulatori destinati alla ginecologia ed adibiti alle ecografie preparto.
Dal 13 marzo, con un po' di ritardo rispetto all’epidemia, sono state chiuse le sale operatorie di ortopedia e traumatologia dell’ospedale Santa Chiara, per creare posti in terapia intensiva per i pazienti Covid.
Nonostante le difficoltà logistiche, tra il 13 marzo ed il 12 maggio 2020 risulta che gli interventi di traumatologia effettuati al Santa Chiara siano stati 255 (un numero elevatissimo, soprattutto se confrontato con le altre chirurgie), peraltro effettuati nell’ex sala operatoria di oculistica adibita da tempo allo svolgimento di parti cesarei programmati, non dotata di schermatura anti radiazioni ionizzanti, né di flussi laminari e canoni di sterilità adeguati per lo svolgimento di attività ortopedico traumatologica.
Tra l’altro le operazioni di traumatologia sono state effettuate sia su pazienti covid negativi sia su pazienti positivi, i quali venivano poi trasferiti nel reparto di ortopedia, semplicemente riservando loro delle stanze, senza zona filtro. Pare che gli infermieri si dovessero vestire e svestire dei dispositivi necessari sul corridoio.
Quindi l’U.O. di ortopedia di Trento ha garantito lo svolgimento di tutta l’attività traumatologica della provincia e continua a garantirlo con particolare riferimento a tutti i pazienti grandi anziani Covid positivi e negativi provenienti da tutto il Trentino e dalle Rsa che si sono procurati gravi fratture.
Tutto ciò premesso, interrogo il presidente della Provincia e l’assessore competente per sapere:
1) quale sia stata l’impostazione organizzativa nella fase di emergenza. In particolare se si era previsto che l’ospedale Santa Chiara dovesse essere ospedale Covid free per poter sostenere attività medica e chirurgica nelle varie aree e soprattutto nell’emergenze;
2) quale sia stato il ruolo della rete ospedaliera nella gestione dell’emergenza, quanti siano stati gli interventi in emergenza nei vari ospedali;
3) quale sia stata la pianificazione strategica che avrebbe dovuto garantire il trattamento del paziente oncologico, neurochirurgico, ostetrico, ortopedico, e quanti sono stati gli interventi nei settori indicati che sono stati rinviati a causa dell’emergenze covid;
4) quali sono stati i criteri alla base della pianificazione della gestione della traumatologia, e per quali motivi si è lasciata l’U.O. dell’ospedale Santa Chiara a gestire le emergenze con spazi assolutamente inadeguati;
5) se corrisponda al vero che l’U.O. di ortopedia dell’ospedale Santa Chiara sia stato l’unico reparto chirurgico che ha lavorato durante tutta la fase emergenziale con il blocco totale degli spostamenti;
6) per quale motivo, pur essendo da tempo previsto il pensionamento del direttore dell’U.O. di ortopedia dell’Ospedale Santa Chiara, non si sia programmata per tempo la sostituzione, o con un nuovo modello organizzativo o con un bando per la sostituzione;
7) se nell’organizzazione della rete ospedaliera sia previsto ed in quale misura, un maggior coinvolgimento delle ortopedie dei diversi ospedali della rete nella gestione del paziente politraumatizzato, del trattamento degli anziani gravi, di interventi di chirurgia maggiore;
8) con l’uscita dal lockdown e con la ripresa dell’attività normale dei cittadini e delle imprese, il carico dei traumi è destinato ad un rapido aumento: come si è pianificata la ripresa dell’attività di ortopedia per consentire di rispondere ad un volume di infortuni crescente;
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