La prospettiva che il 4 maggio moltissimi genitori rientrino al lavoro, senza il prezioso apporto di nidi e nonni per i propri bambini, sta iniziando a smuovere molteplici riflessioni su cosa fare e quali misure adottare.
V. Leone, "Trentino", 24 aprile 2020
«E forse i nostri decisori si sono svegliati un po' troppo tardi, mentre sarebbe stato meglio sfruttare queste settimane per non farsi trovare impreparati», commenta la consigliera comunale del Pd Elisabetta Bozzarelli, che da politica e da mamma di tre bambini, ha particolarmente a cuore il tema della conciliazione. Da qui nasce un documento, elaborato in sinergia con altre mamme e confrontandosi con alcune pedagogiste ed educatrici, che il Pd farà proprio anche nel Consiglio provinciale monotematico che è stato richiesto dalle minoranze sulla ripartenza delle scuole e sul quale decideranno i capigruppo il 28 aprile. Le famiglie che si domandano come faranno sono tante, e la preoccupazione non è solo di tipo organizzativo-familiare.
"Dopo un mese e mezzo si vede benissimo che i bambini hanno bisogno di relazioni, di muoversi: la nostra città offre molto per loro e forse ancora di più, col venir meno di tutte le possibilità, oggi soffrono ancora di più lo stare chiusi in casa», aggiunge Bozzarelli. Il documento elaborato riguarda esclusivamente i bambini da 0 a 6 anni.
L'idea principale sarebbe quella di prevedere un rientro progressivo, «con modalità organizzative flessibili e metodologie pedagogiche innovative, dando priorità nella frequenza - in caso di non copertura di tutti i posti attualmente previsti - ai bambini con entrambi i genitori che lavorano, dedicando agli altri bambini (in orari diversi) situazioni di incontro e socialità nell'arco della settimana". C'è poi il tema del rispetto delle prescrizioni sanitarie: la proposta sarebbe di "sottoporre a verifica sanitaria preliminare (test sierologici, tamponi, misurazione della temperatura) sia i bambini e le loro famiglie che ovviamente educatrici ed operatori».
E per le distanze? Nel documento si suggerisce la mappatura delle strutture dedicati ai servizi educativi, vale a dire asili nido e scuole dell'infanzia, del territorio provinciale, «al fine di verificare gli spazi disponibili rispetto ai bambini iscritti e nuovi spazi da dedicare, anche all'aperto. Coinvolgendo i comuni di riferimento - si legge ancora nel documento - valutare ed identificare nuovi spazi che potranno essere ubicati sia nelle pertinenze delle strutture ma anche nei luoghi in cui le scuole stesse sono inserite come ad esempio parchi giochi, strutture pubbliche e loro rapido adeguamento». Infine, la proposta è di organizzare i bambini in gruppi più piccoli, aumentando l'orario delle educatrici che attualmente hanno orari ridotti e coinvolgendo coop ed enti del territorio che si occupano di servizi educativi.
Un modo, questo, anche per provare a creare nuove opportunità lavorative. «Non bisogna però nemmeno dimenticare quelle famiglie - prosegue Bozzarelli - che preferiranno comunque tenere a casa i figli: per loro va benissimo il bonus baby sitter, a patto che quello nazionale e quello provinciale siano integrabili tra loro e non alternativi».
Bozzarelli in questi giorni ha raccolto il sentimento di tante mamme, e la proposta nasce anche da due preoccupazioni: «L'idea che, in mancanza di aiuti, siano le donne a doversi sacrificare sul lavoro e stare a casa, e anche l'ipotesi, che va assolutamente scongiurata, che in mancanza di alternative qualcuno si organizzi autonomamente, in modo ufficioso e quindi senza controlli, andando ad alimentare un mercato del lavoro educativo sommerso».
Restano ancora tante incognite, incluse le indicazioni che verranno dalle autorità sanitarie, «ma intanto bisogna pensare e organizzarsi, trovare delle soluzioni lavorando tutti insieme, sono convinta che se si vuole un modo per far recuperare ai bambini una loro quotidianità si può trovare, specie in Trentino, dove siamo sempre stati all'avanguardia».