"Ha ragione la signora Carpentari, e il caso specifico che segnala è solo uno dei tantissimi. E sarebbe sbagliato ridurre il vuoto che si è creato, con famiglie che per tre mesi hanno ricevuto molto meno di quanto necessario per andare avanti, a un problema burocratico".
Alessandro Olivi, "Trentino", 3 aprile 2020
Perché questa situazione è figlia di un errore politico grave: rinunciare all'esperienza che già avevamo maturato e alla competenza primaria della Provincia in materia di assistenza, per accettare un ruolo di sussidiarietà che ha esposto i trentini ai rischi e alle difficoltà di un sistema centralizzato e tutto da costruire. Con un grave passo indietro rispetto al nostro sistema».
Un primato trentino
Parlando di assegno unico, Alessandro Olivi, che ne ha seguito la gestazione e l'attuazione, sa sicuramente di cosa si parla. Il Trentino è stato il primo in Italia ad arrivare, prima col reddito di garanzia e poi con l'assegno unico che ne era stata l'evoluzione, ad un sistema di sostegno alle famiglie in difficoltà che convogliasse tutti gli aiuti in un solo provvedimento. E il sistema era ormai rodato e a regime. Fino alla "bufera" del reddito di cittadinanza. Bufera che si poteva e doveva evitare, dice ora Olivi.
La competenza primaria
«Il modo era anche semplice: la Provincia di Trento poteva far valere la propria competenza primaria e accordarsi con lo Stato. Che avrebbe dovuto stimare il costo complessivo del reddito di cittadinanza per il Trentino, e poi versare quei fondi direttamente alla Provincia. Che a quel punto avrebbe continuato ad erogare l'assegno unico direttamente, con una fonte di finanziamento in più, che le avrebbe permesso anche maggiori margini di manovra. Invece si è scelto di fare un passo indietro: i cittadini chiedano il reddito di cittadinanza, e una volta che lo avranno ottenuto, Trento integrerà la somma fino all'ammontare dell'assegno unico». Il punto è capire perché, visto che non dovrebbere proprio essere l'aspirazione al centralismo la cifra di una amministrazione leghista. «Il perché - dice Olivi - io non lo so con certezza né sono riuscito a farmelo spiegare. Ma la differenza di criteri tra reddito di cittadinanza e assegno unico è soprattutto nel requisito dei 10 anni di residenza, che noi non avevamo». Insomma, per uno afflato in puro stile "prima i trentini", si sarebbe finiti a non dare nulla a nessuno, trentini per primi.
In cassa 20 milioni
Ma c'è anche un altro "problema". «Il punto - conclude Olivi - come diceva anche la signora Carpentari, è anche un altro: il risparmio per Trento è stimato tra i 15 e i 20 milioni, e sono fondi già destinati all'assistenza. Ad oggi non c'è modo di sapere se e come saranno utilizzati: la risposta è sempre "vedremo". Io direi che quei soldi devono restare sul sostegno alle famiglie in difficoltà. I modi possono essere molti, ma che restino fermi o, peggio, finiscano ad altro mi sembrerebbe un altro passo indietro gravissimo».